Sua Santità il Dalai Lama: "Chiunque insegni il Dharma, affinché il suo insegnamento abbia presa e significato, dev'essere libero dagli Otto atteggiamenti mondani".
Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama a Dharamsala il 28 febbraio 2010 per le celebrazioni del Monlam, il nuovo anno tibetano, sul tema: “I racconti di Jataka”, la vita del Buddha.
Appunti, traduzione dall’inglese ed editing del Dott. Luciano Villa, dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Sua Santità il Dalai Lama racconta, come di consueto, oggi al tempio principale di Mecleod Dharamsala le storie di Jataka o sulla vita del Buddha. Si tratta d’una ricorrenza particolare: è l’ultimo giorno del Monlam o celebrazione del nuovo anno tibetano, una giornata soleggiata ma ancora segnata dai rigori invernali che, qui a Mecleod Dharamsala a 1800m, si fanno particolarmente sentire. Dolcemente, veramente con molta dedizione e profonda gentilezza, i monaci si recano tra l’immensa moltitudini di monache, monaci, tibetani, indiani ed occidentali ad offrire il tipico tè tibetano salato corroborato dal forte e giallo burro di yak. Altri monaci, trattandosi d’un evenienza davvero speciale, con mestolo e secchi distribuiscono ad ognuno di noi presenti, un pugno di riso addolcito con uva sultanina ed insaporito dalla fragranza della cannella e del cardamomo. Entrambi equivalgono a quel nettare di saggezza che qui è palpabile nelle parole di Sua Santità e che trasmette fin dentro le ossa un brivido intenso d’amore e di compassione.
Sua Santità il Dalai Lama benedice le tangke o effigie religiose in occasione del suo insegnamento il 28 febbraio 2010 a Dharamsala
Traduzione ed editing del Dott. Luciano Villa, Ing. Alessandro Tenzin Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Vi consigliamo di vedere il filmato originale nella versione in inglese al sito http://www.dalailama.com/.
Sua Santità il Dalai Lama
Stiamo seguendo la tradizione del festival del Monlam che risale a più di seicento anni or sono, nel cui ambito sono solito raccontare le storie di Jataka Mala.
Recitiamo insieme il Sutra del Cuore, quindi la Preghiera ai Maestri del lignaggio Lamrim e dall’offerta del mandala.
Chiunque insegni il Dharma, affinché il suo insegnamento abbia presa e significato, dev’essere libero dagli Otto atteggiamenti mondani (Desiderio di fama, Infelicità o angoscia alla perdita di fama, Desiderio di piaceri mondani, Infelicità o angoscia alla perdita di piaceri mondani, Desiderio di profitti materiali, Infelicità o angoscia alla perdita di profitti materiali, Desiderio di lodi, Infelicità o angoscia alla perdita di lodi) ma deve unicamente desiderare di beneficiare gli altri. Dal punto di vista del maestro occorre avere la mente libera da preoccupazioni e conferire l’insegnamento spinti da una pura motivazione, affinché tutti gli esseri possano liberarsi dalla sofferenza e raggiungere l’illuminazione.
Decine di migliaia di monaci, tibetani, indiani ed occidentali sono convenuti sfidando i rigori del mattino nivale di Dharamsala per ascoltare gli insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama.
Mentre, da parte degli ascoltatori, essi non devono trovarsi in preda al desiderio di abiti sontuosi, dimore patrizie né nutrire desideri di fama o ricchezze, perché non è corretto avere questa motivazione quando s’ascoltano gli insegnamenti. La cosa migliore è nutrire la motivazione di divenire un Buddha per la liberazione di tutti gli esseri senzienti e dedicare la propria vita a renderla piena di significato per beneficiare gli altri esseri. Come minimo, essere motivati a praticare il buddhismo che insegna la via della liberazione fino al raggiungimento del nirvana, che tende al conseguimento di realizzazioni per la vostra mente. Il che equivale ad estirpare dal nostro continuo mentale tutte le sofferenze e le loro cause. Il Nirvana è proprio quello stato mentale in cui si è raggiunta l’eliminazione dalla sofferenza e dalle sue cause. Per poter raggiungere lo stato di Nirvana occorre intraprendere il cammino dei Tre Addestramenti: concentrazione, meditazione univoca, comprensione della vera natura della realtà. Quindi, occorre intraprendere la pratica di evitare le Dieci azioni non virtuose. Chiaramente, ogni tradizione religiosa ha la sua pratica di come evitare le azioni negative. La pratica di evitare le Dieci azioni non virtuose è comune a molte o a quasi tutte le tradizioni religiose. Anche la legge punisce chi ruba, uccide, stupra. Il che è condiviso dalle tradizioni religiose. Proprio perché la pratica del buddhismo è volta al conseguimento del Nirvana, la liberazione, il Dharma o Cho in tibetano, è la pace libera dal desiderio, che è la radice della sofferenza ed è sostenuto dall’ignoranza.
Vincere la sofferenza, conseguendo la pace della mente: questo è il tema principale del Buddhismo.
Altro punto essenziale del Buddismo consiste nell’aver presente che ciò che viene rifiutato è l’esistenza di un sé indipendente o Athma. Il che costituisce la distinzione fondamentale dalle tradizioni non buddhiste. In campo filosofico, le tradizioni che sostengono l’esistenza d’un Athma o similari non fanno che incrementare l’attaccamento al sé, ad un sé concepito come indipendente ed autonomo. Ma il buddhismo sceglie un cammino che si contrappone a questa teoria, una strada che insegna come contrapporsi a queste visioni distorte. Ovviamente, la pratica della compassione e dell’amore, unita a quella della concentrazione univoca, la possiamo scorgere anche nelle tradizioni non buddhiste.
Ma l’unicità del buddhismo consiste proprio nella comprensione della mancanza del sé.
È la caratterizzazione principale del buddhismo, attraverso cui si può comprendere cosa significa intraprendere la via della liberazione fino al nirvana. Per poter seguire questi insegnamenti che caratterizzano il buddhismo dovete comprendere il significato dei termine Dharma, dovete comprendere il significato del Nirvana e sapere cosa significhi conseguire la pace del nirvana.
Come ho appena accennato, la cosa migliore consiste nel coltivare il buon cuore, di vita in vita, dedicando noi stessi, finché non avremo raggiunto l’illuminazione, a coltivare quest’attitudine preziosa, rappresentata dal buon cuore e dal voler beneficiare gli altri. Proprio con questi propositi dovreste ascoltare il dharma. Perfino da parte del lama non dovrebbe esistere il minimo desiderio di diventare famoso con gli insegnamenti, né di ricevere lodi ed apprezzamenti. Qualora il lama dovesse insegnare mosso da queste motivazioni impure, egli creerà allora del karma negativo.
Quando prendiamo rifugio nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha, operiamo una distinzione netta tra ciò che è buddhismo e ciò che non lo è. Il proposito del buddhismo è appunto quello di raggiungere il Nirvana e
L'enorme devozione della comunità tibetana di Dharamsala è espresso nel caldo benvenuto al proprio leader spirituale Sua Santità il Dalai Lama appena di ritorno dal suo viaggio negli USA dove ha incontrato il Presidente Obama.
proprio per questo motivo prendiamo rifugio nei Tre Gioielli: il Buddha, il Dharma ed il Sangha.
Cosa contraddistingue il Mahayana dagli altri sentieri?
La bodhicitta, l’intenzione di diventare un illuminato, un Buddha, per portare tutti gli altri esseri alla liberazione. Così, quando recitiamo la presa di rifugio e l’aspirazione alla bodhicitta, pensate a ciò.
Recitiamo ora la presa di Rifugio.
Tra i lama del Kam vige una tradizione secondo la quale, quando danno insegnamenti, esprimono dei versi di lode al Buddha. Faceva così anche Kundu Lama Rinpoche che mi trasmise molti insegnamenti. Non conosco, come lui, tanti versi di devozione da recitare. Ma conosco e recito i versi di Nagarjuna della Mulamadyamikacarika, dove, alla fine, si dice: “Mosso dalla compassione, insegno il santo dharma per oppormi alle concezioni errate”.
Come ho prima accennato, circa 600 anni fa Lama Tzongkhapa iniziò la tradizione del Monlam o Periodo di Preghiere a Lhasa al Jokhang, facendo molte offerte e dedicando preghiere per la diffusione del Dharma ed al benessere degli esseri senzienti. Ma ci furono delle volte in cui il Monlam non si poté tenere. Il secondo Dalai Lama Gendun Gyatzo ridiede fiato a questa tradizione, finché non si giunse al 1959. Dopodiché fu il Panchen Lama Rinpoche a dar avvio al Monlam in Tibet. Là, infatti le grandi Università Monastiche, veri templi del sapere, subirono enormi distruzioni, alcuni furono praticamente rasi al suolo, con conseguenti gravissimi problemi. Da quando ci rifugiammo in India da esiliati tornammo a celebrare regolarmente ogni anno il Monlam. Tornammo anche ad indire la sessione d’esami di ghesce proprio in occasione del Monlam. Per commemorare il Buddha diamo infatti ora luogo a questo periodo di preghiere in continuità con la tradizione iniziata da Lama Tzong Khapa. Abbiamo anche la tradizione di leggere le storie di Jataka. Generalmente subito dopo questa giornata del Monlam sono solito dare degli insegnamenti: gli insegnamenti di primavera, perché quando in passato avevo più tempo ero solito impartire insegnamenti per due settimane e più.