Sua Santità il Dalai Lama, inaugurando la Conferenza “Scienza e Buddhismo” al CIHTS ha affermato: “Se vogliamo vivere in pace, dobbiamo seguire le regole di coesistenza. Siamo qui per discutere di scienza e Buddismo. Mi auguro che la conferenza non sia semplicemente una presentazione di teorizzazioni, ma un momento significativo in cui si espongano concrete determinazioni su come porre fine e risolvere gli angustianti problemi creati dall’uomo. Il 21° secolo si profila molto importante e cruciale per la civiltà a causa dello sviluppo delle conoscenze e delle facoltà mentali. Ma, nel frattempo, possiamo anche ravvisare tante persone che soffrono a causa della violenza, che è il più grande male”. Sua Santità, appena finiti gli insegnamenti, tra migliaia e migliaia di monaci e di suoi tibetani e pure di molti indiani ed occidentali ha guidato un’immensa preghiera per la pace al grande Damek Stupa, dove il Buddha 2.500 anni orsono impartì il suo primo insegnamento. La preghiera era dedicata non solo alle tante vittime della repressione cinese in Tibet, ma all’infinito numero di morti del recente terremoto del Sichuan, delle inondazioni del Bihar e dell’attacco terroristico di Mumbai. Al termine Sua Santità si è recato in pellegrinaggio al tempio Mulagandhakuti Vihara per rendere omaggio alle sacre reliquie di Buddha Sakyamuni.
Luciano Villa ed Alessandro Tenzin Villa
GLI INSEGNAMENTI di Sua Santità il Dalai Lama
INIZIAZIONE DI BUDDHA CENREZI AVALOKITESVARA DALLE 1.000 BRACCIA
Evitiamo di fingere d’aver conseguito delle qualità spirituali! Evitiamo di proclamarci realizzati quando non lo si è! I voti riguardano delle qualità sociali e morali. Ad esempio: non uccidere, evitare la condotta sessuale scorretta, astenersi da qualsiasi azione ingannevole. Impedire a noi stessi di diventare incapaci di controllarci. Non cadere in abitudini dannose. Non assumere alcoolici, perché questi c’intossicano, rendendoci incapaci di autocontrollo. Assumiamo invece sostanze derivate da alimenti sani e nutrienti. Aiutiamo gli altri a non cadere in abitudini dannose. Così procedendo saremo fonte d’aiuto per gli altri esseri. Tutti hanno in sé la natura del Buddha. Solo la visione erronea che ci rende aggrappati al sé, è l’ostacolo non insormontabile.
Chi desidera ricevere un’iniziazione tantrica deve abbandonare qualsiasi desiderio mondano, qualsiasi motivazione al successo, alla ricchezza, al potere. Ma deve intraprendere il cammino che lo porta all’illuminazione per il bene di tutti gli esseri senzienti. Perciò, deve concentrarsi sulla motivazione altruistica. E, solo su questa base, può ricevere l’iniziazione, generando il mantenimento della visualizzazione dell’apparenza della realtà contingente, concentrandosi su questa, avvertendo fortemente il senso dell’io, e considerando quanto questo ci sembra autonomo, indipendente, e non invece esistente sulla base degli aggregati psicofisici.
A questo punto dovrà maturare in noi una profonda sensazione della mancanza di questo IO indipendente, autosufficiente, eterno, esistente di per sé in quanto tale, insomma: la vacuità dell’io. Sì, la vacuità dell’io della persona e dei fenomeni. Sulla base di questa convinzione, concentriamoci profondamente sulla mancanza del sé, sia a livello della persona che dei fenomeni: il sé non esiste come lo pensiamo a livello ordinario.
Meditiamo ora sulla base che i fenomeni non possiedono un’esistenza inerente. Kamalashila esortava a realizzare simultaneamente la concentrazione sulla mancanza d’esistenza intrinseca dei fenomeni e, contemporaneamente, sulla mente di vacuità. Riteneva questo un processo fondamentale perché capace di condurci a conseguire, in quanto sentiero veloce, lo stato di Buddha, unica entità cui spontaneamente aspiriamo per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Praticare la grande perfezione Tzo Chen rappresenta un fattore causale che dà spontaneamente origine al risultato: a livello sottile emerge trova l’energia di chiara luce. Percorrendo tutto il sentiero si raggiunge lo stato risultante inseparabile di verità ultima.
Nutriamo l’aspirazione a seguire questi modelli!
Su questa base sorgerà in noi l’aspirazione a coltivare solo azioni positive e tutte le virtù, eliminando così anche la più piccola impronta di negatività. Non esiste la realtà intrinseca. Meditiamo sulla visione corretta che dissolve il sé che ci appare effettivo, reale, esistente in modo autonomo, lo stesso sé che non può essere trovato separato dagli aggregati psicofisici. Sentiamo, assaporiamo questa profonda convinzione. Eliminiamo la visione ordinaria contraria alla realtà ultima.
L’unica possibilità che ha il sé d’esistere è in modo dipendente, designato dagli aggregati. Si tratta d’un imputazione che designa il sé, che non si trova come veramente esistente, analogamente a Buddha che identifica il sé come puramente designato. Poniamo la mente su queste riflessioni, cercando di concepire il dubbio che il sé non esiste in modo ultimo. Col trascorrere del tempo, sempre procedendo sul sentiero, la nostra mente perverrà alla saggezza ultima, base per coltivare il senso della mancanza del sé nella profondità del nostro cuore.
Ora siamo sulla strada corretta, sul cammino che ci porta a superare le afflizioni. Il sentiero del Bodhisattva è impervio, ma tutti abbiamo la capacità d’intraprenderlo. Così saremo in grado di mostrare agli altri il sentiero, portando la nostra vita attuale e la prossima nei suoi solchi.
È l’unica via questa capace di farci raggiungere il risultato, perciò in questo momento, dedichiamoci a coltivare il nostro buon cuore. Non esiste una realtà intrinseca. Meditiamo sulla visione corretta che dissolve il sé che ci appare come eterno, immutabile, autosufficiente, inerente. Ma questo sé non può essere separato dai suoi aggregati psicofisici. Proviamo a sentire questa profonda convinzione. La visione ordinaria è antitetica alla percezione della realtà ultima. L’unica possibilità che ha il sé d’esistere è solo in modo dipendente, designato dagli aggregati, come imputazione che designa il sé che tuttavia non si trova come veramente esistente. Tramite l’analisi il Buddha ci svela la vera natura del sé come pura designazione. Soffermiamo la nostra mente su queste riflessioni, cerchiamo di concepire in noi il dubbio del sé privo d’esistenza in modo ultimo. Procedendo nel sentiero, man mano che avanzeremo, la nostra mente perverrà alla saggezza ultima. La base per coltivare il senso della mancanza del sé risiede nel nostro cuore. La convinzione della mancanza dell’esistenza inerente, effettiva in quanto autosufficiente delle cose e dei fenomeni è l’unico antidoto capace di disperdere la visione erronea.
Ovviamente, non potevamo trascrivervi il percorso dell’iniziazione, riservato solo a chi l’ha ricevuta sul posto, tuttavia riteniamo decisamente significative queste note che vi presentiamo. Oggi pomeriggio non sono previsti insegnamenti.