Insegnamenti di Sua Santità il XIV Dalai Lama a Choklamsar, vicino a Leh, la capitale del Ladakh, dal 16 al 18 agosto 2002. Commentario agli antichi testi di Atisha “La lampada del sentiero per l’illuminazione” https://www.sangye.it/altro/?p=81 e sulle “Trentasette pratiche del Bodhisattva” di Togmey Sangpo https://www.sangye.it/altro/?p=134.
Traduzione dal tibetano all’inglese del Ven. monaco Lakdhor. Appunti, traduzione dall’inglese ed editing del Dott. Luciano Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Seconda parte del primo giorno.
Sua Santità il Dalai Lama
Essere intelligenti non equivale automaticamente a comportarsi bene!
Il punto principale per raggiungere la felicità è disciplinare la mente, attraverso il cammino della via del Bodhisattva: l’essere dotato d’una gran capacità di discriminazione. Pensiamo al Mahatma Gandhi. Scegliere la via del Bodhisattva significa sviluppare uno speciale senso di responsabilità, guidato da un profondo senso di disciplina etica, significa sviluppare un’intelligenza indirizzata a beneficiare gli altri. …Pensiamo agli eventi dell’11 settembre 2001, immaginate i passeggeri di quegli aerei dirottati, persone abituate a viaggiare per molte ore su aerei di linea, questi aerei furono appositamente scelti perché immagazzinavano una gran quantità di carburante, immaginate quanto grande doveva essere la capacità di programmare simili distruzioni da parte di persone che non avevano il minimo senso di compassione per quei viaggiatori. Coloro che hanno pianificato queste stragi erano persone dotate di grandi capacità progettuali, si trattava d’individui con facoltà ben al di là d’una mente ordinaria; avevano grande determinazione nel realizzare il loro scopo, e non temevano alcun rischio. Com’è possibile? La risposta sta nel fatto che le loro grandi capacità intellettuali erano controllate dall’odio, dal risentimento, né erano frenati o scoraggiati dai rischi in cui incorrevano, né dalla paura di sbagliare.
Tuttavia, la sola volontà dell’intelligenza umana, senza il decisivo apporto della tecnologia (creata anch’essa dall’intelligenza umana), non avrebbe potuto realizzare simili stragi.
L’intelligenza umana spinta dall’odio, è la causa della distruzione dell’umanità.
Questa è la prova che se la nostra intelligenza non è pacificata, se non è opportunamente guidata, essa diventa la fonte creatrice di grandi distruzioni. Con questo, non intendo certamente dire che si debba tornare al passato o limitare le nostre capacità di progresso. E’ importante rendersi conto che LA NOSTRA INTELLIGENZA DIVENTA COSTRUTTIVA SOLO SE È RETTA DA UN GRAN SENSO DI RESPONSABILITÀ, DI COMPASSIONE, DAL DESIDERIO DI LIBERARE GLI ALTRI ESSERI DALLA SOFFERENZA. Non è importante credere o meno in una religione. Dipende dalle vostre scelte. Ciò che è veramente importante è di non sviluppare in voi stessi le emozioni negative, altrimenti le trasferirete sugli altri. Se la vostra mente è influenzata negativamente, ovunque si poserà il vostro sguardo, vedrete sempre tutto in modo negativo: tutto vi sembrerà nero.
Viceversa, sarà tutto l’incontrario, se svilupperete un cuore compassionevole, se abbraccerete una religione. Tuttavia, che professiate o meno una religione, l’importante è sviluppare una mente compassionevole. Anche l’animale compassionevole non è mai solo, anzi è sempre attorniato da molti altri animali della sua specie. La natura della compassione è di non desiderare la sofferenza: anzi è esattamente l’opposto della sofferenza stessa.
La natura della compassione è lo sviluppo delle qualità positive della mente.
Il che, perlomeno, significa non uccidere, non rubare, non commettere violenze sessuali, né comportamenti sessuali che creano sofferenza negli altri, che sono da evitare. Tuttavia, tutto ciò non ha nulla a che fare con la religione! Continuando questo ragionamento, non potremo non accorgerci che senza una motivazione non potremo riuscire nell’intento di privare della vita un altro essere.
Quel che manca ora è il cambiamento dell’abitudine di rubare, d’uccidere, da sostituire con l’abitudine alla mente compassionevole.
Osserviamo ora l’organismo umano. Esso è composto d’apparati, organi, cellule, atomi e particelle ancora più piccole.
Alla stessa stregua, nella nostra mente troviamo delle categorie che ci rendono lieti, altre che ci disturbano, che ci rendono esaltati, altre ancora che ci rendono arrabbiati, altre che ci rendono felici.
I comportamenti negativi dipendono da scelte negative della nostra mente. E’ molto importante elevare il grado d’istruzione a livello generale, ma siamo ancora molto indietro in fatto d’educazione alla disciplina mentale: la via della pace e della felicità. Vi rendete ora conto quanto è importante rimuovere le emozioni negative. La pratica di trasformare la mente: questo è il nostro impegno in questa realtà.
Non v’è alcun motivo di riconoscere gli altri come nostri nemici
Tutto in realtà è interconesso, molto di più di quanto non lo fosse un tempo. I problemi ambientali, economici, ecc. non dipendono solo dagli altri ma dai nostri comportamenti. Dobbiamo ragionare sui fenomeni. Non vi è nessun motivo di riconoscere gli altri come nostri nemici. C’è senz’altro differenza tra una mano e un braccio. Ma essi sono complementari: se il piede duole anche la mano ne risente. Se la società del Ladak prospera, anche le famiglie staranno bene e viceversa. Occorre mettersi nei panni degli altri, occorre almeno pensare di sperimentare la sofferenza delle altre persone, occorre riconoscere le capacità della nostra intelligenza. Dobbiamo renderci conto che il nostro benessere dipende da quello altrui.
Per questo motivo non devo pensare solo a me stesso, ma preoccuparmi perlomeno della mia famiglia, interessarmi alla sofferenza di mia madre, dei miei famigliari, per poi curarmi dei miei parenti, dei miei vicini di casa, pensare alla gente del mio villaggio, a quella della mia regione, del mio paese, delle nazioni attorno alla mia, del mio continente, del mondo intero e dei mondi.
Non devo rendere la mia mente disciplinata solo attraverso la recitazione dei mantra, ma rendendomi utile con comportamenti positivi, realizzando concreti fatti positivi.
Il nostro compito è quello di sviluppare una mente compassionevole, riflettiamo sulle diverse tradizioni religiose: il loro compito è di proporre il messaggio autentico della compassione, ci sono delle differenze su come trasmetterlo, ma tutte esprimono lo stesso messaggio d’amore.
Esistono grandi concezioni religiose molto differenti tra loro.
Alcune sostengono, a differenza d’altre, l’esistenza delle vite passate e future, altre credono nell’esistenza della creazione e d’una entità ultima trascendente. Ma perché abbiamo bisogno di tante religioni, diverse tra loro?
Buddha diede diversi tipi d’insegnamenti, anche apparentemente contraddittori. Perché lo fece? La risposta sta nel fatto che intendeva soddisfare i diversi interessi delle persone. Per me i suoi insegnamenti hanno la capacità di soddisfare alle risposte più profonde. Allo stesso modo i cristiani si sentono molto appagati gran soddisfazione per l’esistenza d’un dio creatore.
Dipende dalle scelte personali. Non si deve accettare d’aderire ad una religione in modo superficiale, ma, una volta che si compie questo passo, accorre praticare in modo serio.
Anche i buddisti tibetani devono vivere la religione in modo profondo, anche i seguaci dell’Islam, anche gli induisti: tutti devono capire in modo profondo le motivazioni della religione cui hanno aderito. E’ perciò importante capire i significati della propria religione. Diversamente diventerebbe solo un’adesione superficiale, di facciata. Simile è il comportamento dei buddisti quando praticano la propria religione in modo meccanico, distaccato, che finisce per diventare ipocrita. Chi segue una religione lo deve fare in modo profondo e sincero, rispettando le altre religioni. Quando la mente non è trasformata in questo senso, allora possono insorgere i fanatismi.
Lo sviluppo d’una vera tolleranza religiosa
Per evitare questi atteggiamenti, è bene promuovere i contatti interreligiosi: così è opportuno che i mussulmani dialoghino con i buddisti, e viceversa. In Ladakh ho visto i risultati di questo processo di dialogo tra religioni diverse, tra mussulmani e buddisti: questi contatti evitano le separazioni, le distanze ideologiche, il che è avvenuto qui in Ladakh. Altrimenti i problemi non faranno che aumentare, se i problemi si nascondono, essi non faranno altro che diventare esplosivi. Lo sviluppo d’una vera tolleranza religiosa basata sui contatti umani, sul dialogo tra le varie religioni è fondamentale per rimuovere le cause dei conflitti religiosi. Dobbiamo evitare che accada come in Bosnia, dove di mattino si faceva colazione con l’amico e di pomeriggio lo s’inquadrava nel mirino del fucile e si sparava su quella stessa persona. Questi ed altri episodi terrificanti non sarebbero accaduti se si fosse sviluppata una chiara comprensione interreligiosa.
In passato in India s’affermò una grande tolleranza religiosa. I conflitti religiosi si sono sempre dimostrati estremamente negativi. Se paragoniamo l’India al resto del mondo, essa rimane un esempio di tolleranza. All’inizio il Buddha diede i suoi insegnamenti in pali. Diede insegnamenti anche in sanscritto a discepoli di grandi capacità e grandemente dediti a pratiche di purificazione, si trattava di grandi studiosi, capaci d’offrire importanti interpretazioni. Il Buddha storico raggiunse l’illuminazione prima di lasciare il proprio corpo.
La fede religiosa fiorisce non all’esterno ma all’interno delle persone
Persino ora, in tutte queste regioni himalayane prossime al Tibet: in Butan, Sikkim, Ladakh, il Buddismo continua a fiorire e si sviluppa nei templi e nelle famiglie che tengono in casa copie dei testi sacri del Kangyur e Tengyur. In queste aree sono fioriti in modo completo gli insegnamenti del Buddha: e la popolazione li conosce.
Così la fede religiosa fiorisce non all’esterno ma all’interno delle persone, in modo da rafforzare i poteri positivi della mente, facendo diminuire sempre più quelli negativi. Non dobbiamo tuttavia porre troppa attenzione alle pratiche esteriori. Come dobbiamo comportarci? Dobbiamo essere in grado d’identificare le emozioni affliggenti che disturbano la nostra mente, fin al punto di arrivare ad eliminarle. Tutti i processi tesi alla liberazione della sofferenza fanno parte del buddismo. Il Nirvana è lo stadio di liberazione dalle sofferenze affliggenti. Se evito d’uccidere non per scelta religiosa ma per timore di dover rispondere alla giustizia, non sto praticando il Buddismo.
La liberazione dalla sofferenza equivale alla liberazione dal samsara. Raggiungere la liberazione significa ottenere lo stadio ultimo del Dharma, di cui distinguiamo diversi livelli: la liberazione dalle emozioni affliggenti, il raggiungimento dell’onniscienza, di una sempre più profonda comprensione della vacuità.
Dobbiamo abituarci ala meditazione, essa ha il potere di trasformare la nostra mente.
Quando preghiamo per lo sviluppo degli insegnamenti del Buddha, non intendiamo sviluppare la costruzione di templi, stupa o statue delle divinità, ma espandere in noi stessi le più elevate qualità interiori, attraverso la comprensione e la pratica degli insegnamenti del Buddha. Non basta capire il significato dei suoi insegnamenti: è fondamentale metterli in pratica! Occorre sviluppare saggezza, basata sulla comprensione dei testi, degli insegnamenti, attraverso uno studio serio ed impegnativo, basandosi sul confronto.
Occorre ampliare la saggezza basata sulla convinzione, sulla contemplazione, sull’ascolto, sulla meditazione. Dobbiamo abituarci ala meditazione, essa ha il potere di trasformare la nostra mente.
Sperimentare gli insegnamenti di Buddha significa ascoltarli e meditare. Quando vedo, sento e ascolto: di conseguenza, medito. Dobbiamo sviluppare la saggezza quando osserviamo gli esseri cadere nelle emozioni affliggenti, dobbiamo essere in grado di riconoscere queste situazioni, identificare il loro potenziale distruttivo. Da parte nostra dobbiamo sempre più incamminarci verso la strada della trasformazione della nostra mente, sviluppandone le qualità positive.