Terzo giorno degli
Insegnamenti preliminari all’Iniziazione del Kalachakra
di Sua Santità il XIV Dalai Lama
a New York City, USA, Novembre 1991
Tema degli Insegnamenti:
Il Bodhicaryavatara, La Via del Bodhisattva di Shantideva
Traduzione dal tibetano in inglese del Prof. Ghesce Lobsang Jinpa e dall’inglese all’italiano della Dott.ssa Nicoletta Nardinocchi, revisione del Dott. Luciano Villa, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Sua Santità il XIV Dalai Lama
Oggi condurremo la cerimonia per la generazione della mente del risveglio, la mente altruistica per raggiungere la Buddhità per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, la bodhicitta. Per partecipare a questa cerimonia, prima di tutto visualizzate di fronte a voi Buddha Shakyamuni nel modo in cui appare nella thangka dietro di me. Visualizzate il Buddha Shakyamuni circondato dai suoi sette principali successori e circondato da grandi maestri indiani come i Sei Ornamenti e così via. ..Visualizzatelo circondato dai grandi maestri tibetani di tutte e quattro le maggiori tradizioni del buddhismo tibetano e voi, voi stessi come circondati da tutti gli esseri senzienti. In tutte le direzioni visualizzate i Guardiani delle Direzioni che proteggono voi e tutti gli esseri senzienti dagli ostacoli che possano interferire od impedire la vostra generazione di bodhicitta e la partecipazione alla cerimonia di rafforzamento della mente generata. Immaginate che il lama che dirige la cerimonia sia un messaggero a rappresentare tutti i passati maestri del lignaggio.
Concentrate l’attenzione verso tutti gli esseri senzienti che avete immaginato intorno a voi, riflettete sul fatto che come voi, tutti hanno il desiderio innato di essere felici e di superare la sofferenza. Ma, contrariamente a quel desiderio innato, essi di proposito si impegnano in azioni dannose, lesive per la loro felicità, accumulando fattori, cause e condizioni potenzialmente distruttivi e dannosi per loro. Mentre sebbene cerchino la felicità, evitano di impegnarsi in azioni, che accumulerebbero per loro cause e condizioni che porterebbero alla reale esperienza di felicità. Così per ignoranza gli esseri senzienti si spingono nel circolo vizioso di esistenza, vita e morte.
Riflettete sul vostro destino, pensando che “ oggi, in questo momento mi trovo in una posizione, in cui sebbene non sia libero dall’esistenza ciclica posso almeno essere a conoscenza della situazione. Ho anche la conoscenza, la visione di cercare la via che può liberare questi esseri senzienti dalla schiavitù della sofferenza. A questo punto è mia responsabilità assicurare che a questi esseri senzienti venga indicato il giusto sentiero e renderli capaci, per lo meno incoraggiarli a intraprendere questo cammino spirituale, che alla fine li condurrà alla loro futura liberazione.” Con tale motivazione guardate agli esempi dei grandi maestri del passato che avete visualizzato di fronte a voi. Concentrate l’attenzione su di loro pensando che, seguirete il loro esempio, proprio come questi grandi maestri del passato si sono impegnati in azioni dei bodhisattva e hanno agito solo per il beneficio di altri esseri senzienti raggiungendo la grande illuminazione. Così otterrò l’illuminazione per il bene di tutti gli esseri senzienti. Quindi, con questo tipo di motivazione ed atteggiamento andremo avanti nella cerimonia. Reciteremo versi associati alla Pratica dei Sette Rami ed i versi che recitiamo provengono da una delle preghiere di aspirazione nota come Le Buone Azioni. (Recitazione dei versi)
Quindi, chiederemo al guru di condurre la cerimonia per il rafforzamento di bodhicitta. Ciò sarà fatto ripetendo dopo di me. Questo verso che recitate dopo di me dice che, proprio come i grandi maestri e Buddha del passato hanno generato prima l’aspirazione altruistica a raggiungere l’illuminazione per il bene di tutti gli esseri senzienti oggi anch’io seguirò le loro orme. Per favore si inizi la cerimonia. (Recitazione di versi)
A seguire la Presa di rifugio. Questa non è una cerimonia di comune Presa di rifugio, ma piuttosto una pratica di rifugio non comune rispetto alla pratica di tradizione Mahayana. Il significato di prendere rifugio non è solo affidarsi alle cure dei Tre Gioielli, ma riflettere sulla nostra natura di Buddha, sul potenziale che esiste all’interno di tutti gli esseri senzienti, che permette attraverso l’iniziativa individuale e lo sforzo di realizzare tutte le grandi qualità della mente del Buddha e raggiungere lo stato di Buddha e noi cerchiamo di emularli. Dovrai sviluppare un senso di emulazione del loro esempio per soddisfare i desideri di tutti gli esseri senzienti e lavorare per loro beneficio, io raggiungerò lo stato di Buddha così come hanno fatto tutti i grandi maestri del passato
Prendiamo rifugio con questo tipo di atteggiamento e motivazione. Tale pratica di rifugio è rara, in quanto si distingue dalla pratica ordinaria di presa di rifugio per tre caratteristiche.
La presa di rifugio è motivata dall’agire per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, pertanto l’oggetto di intenzione sono tutti gli esseri senzienti. Una persona che prende così rifugio ha come scopo ultimo quello di raggiungere lo stato di piena illuminazione, non semplicemente la liberazione dall’esistenza ciclica. Una persona che prende così rifugio è un essere che ha almeno avuto qualche conoscenza della possibilità di raggiungere uno stato completamente illuminato. Così il rifugio Mahayana, avendo queste tre caratteristiche si distingue da altri tipi di ordinaria presa di rifugio.
I versi, che reciterete, la cui ripetizione costituisce la presa di rifugio, iniziano richiamando l’attenzione del Maestro. Quindi direte di prendere rifugio nel Buddha pienamente illuminato da ora in poi, fino al raggiungimento dello stato di piena illuminazione. Quindi prenderete rifugio nel Dharma Supremo, che è la vera cessazione e vero sentiero per un tale stato di cessazione. Quindi prenderete rifugio nell’Assemblea Suprema, l’assemblea del Sangha, in particolare il Sangha Mahayana qui si riferisce all’Assemblea dei Arya Bodhisattva.
Arya Bodhisattva sono esseri che non solo hanno realizzato la vera bodhicitta, ma hanno anche ottenuto la realizzazione diretta della vacuità. Questo è il tipo di persona di cui abbiamo parlato ieri, un tipo di persona che ha pienamente superato tutti i livelli di apparenze dualistiche. Per tali praticanti nel loro conseguimento della vacuità non esiste aspetto di una varietà di fenomeni tradizionali né esiste una dualità di soggetto e oggetto, né esiste una dualità causata da una immagine generata dell’oggetto e non percepita direttamente. Tale persona nella sua realizzazione della vacuità è completamente libera da ogni livello di apparenza dualistica. (Recitazione di versi)
Dopo aver preso rifugio recitaremo di nuovo i versi della Pratica dei Sette Rami. (Recitazione di versi). Passiamo ora a preparare la nostra mente a generare bodhicitta. In primo luogo riflettete sugli esseri senzienti che avete visualizzato intorno a voi e quindi concentrate l’attenzione su di essi, riflettete sul fatto che voi e gli altri siete uguali nel desiderio istintivo di cercare la felicità e superare la sofferenza. Allo stesso modo come voi e gli altri avete questo desiderio innato, entrambi avete il diritto naturale di soddisfare tale aspirazione a godere della felicità e di superare la sofferenza. Ora, da questo punto di vista non vi è alcuna differenza tra voi e gli altri. La differenza sta proprio in termini di numeri, non importa quanto sia importante e quanto sia prezioso il nostro benessere, se lo confrontiamo con il benessere di tutti gli altri esseri senzienti che sono innumerevoli rispetto al destino di un singolo essere senziente, esiste una grande differenza in termini numerici. Non c’è differenza nel desiderio di godere della felicità e superare la sofferenza e nel diritto naturale di soddisfare tali aspirazioni. La differenza sta nel numero.
In secondo luogo se riflettiamo attentamente, ci renderemo conto che sarebbe un’azione davvero non saggia rinunciare al benessere di un numero infinito di esseri senzienti per amore di una sola persona. Mentre rinunciare al benessere e la felicità di una singola persona per amore di innumerevoli altri esseri senzienti è sicuramente un’azione ed una decisione saggia. Non solo questo, in concreto, se una persona pensa di realizzare i propri fini egoistici totalmente ignara degli altri esseri senzienti, alla fine sarà quella persona a perdere. Mentre se la persona rimane indifferente al proprio benessere e alle proprie esigenze e pone l’accento sul rispetto del benessere degli altri e lavora per beneficiare gli altri, i suoi stessi interessi ed esigenze saranno soddisfatti nel processo. Il conseguimento dei propri desideri diventa un sottoprodotto e questo è un fatto osservato.
Non solo questo, esiste qualcosa che nel linguaggio ordinario è chiamato fortuna. Se una persona, a prescindere dal suo livello di conoscenze, preparazione, capacità, ricchezza, posizione e così via gode di una vita felice, questo dipende molto dal livello di ciò che chiamiamo fortuna. Il termine fortuna, sebbene suoni come un termine privo di significato, non è solo una semplice parola, ma la fortuna non può essere compresa solo in termini di qualcosa di simile a un colpo di fortuna. Nella terminologia buddista parliamo di merito e, se lo consideriamo da questo punto di vista, inizieremo a capire che non possiamo parlare semplicemente di fortuna. Deve esserci qualche base, qualche motivo che lo spiega. Devono esserci alcuni fattori, che danno ad alcune persone una maggiore fortuna rispetto ad altri. Questo lo definiamo merito ed il merito è qualcosa che potete accumulare. Merito è qualcosa che può diminuire o aumentare. Esiste una differenza enorme in termini di livello di merito tra diversi tipi di esseri senzienti o esseri umani diversi, sebbene tutti soffrano lo stesso tragico destino. Prendiamo l’esempio dei recenti avvenimenti in Tibet.
La situazione generale è talmente tragica che tutti stanno subendo la medesima sorte. Ma anche in tali circostanze, a causa di diversi livelli di merito tra i diversi individui, sembra che alcune persone soffrano più di altre. Alcune persone avevano comparativamente una vita più felice e più fortunata di altri.
Quindi, nel parlare di fortuna e merito, sembra abbastanza ovvio che io sia una persona che sembra aver accumulato abbastanza meriti nella mia vita passata e mi ritengo una persona fortunata. Ma, quanto sarò fortunato nella mia vita futura non lo posso dire. In effetti il mio merito sta aumentando così tanto che mi sta mangiando i capelli dalla testa!
Riguardo all’accumulazione di meriti possiamo dire che non c’è forza più grande che coltivare la mente altruistica. Sebbene generata lievemente, sebbene si tratti di un livello leggero della mente altruistica, questo ha un potere enorme di aumentare i nostri meriti. Lo possiamo vedere dalla nostra esperienza di vita, ma è anche qualcosa motivato e ripetutamente citato in molte scritture. La potenza e la capacità della mente altruistica e del buon cuore di aumentare grandemente i meriti sono state sottolineate e ampiamente citate nelle Scritture.
La mente altruistica e buon cuore è qualcosa che non solo crea un effetto immediato positivo, ad esempio, di calma e serenità nella nostra mente, ma questi effetti possono essere mantenuti e sperimentati attraverso molte vite. Ciò è dovuto al suo potere di aumentare il livello di meriti.
La preziosità del buon cuore e dell’altruismo è una cosa che conosco per esperienza personale. Quando parlo della mia esperienza devo dire che sono una persona che non può affermare di avere alti livelli di realizzazioni spirituali. Sono un seguace del Buddha che è riuscito a non essere semplicemente una vergogna per il Buddha e questo è il livello della mia esperienza. Ma posso affermare che, per quanto riguarda la mia ammirazione e convinzione nella preziosità e il potere dell’ altruismo e del buon cuore, posso provare ammirazione verso il buon cuore e l’altruismo perfino nei miei sogni dal profondo del mio cuore .
Ho mantenuto quella convinzione nella forza e preziosità il che mi permette di aumentare i miei meriti. A volte quando penso a ciò, sento di essere molto incoraggiato dal fatto di essere nato in una forma di vita dotata di queste meravigliose intelligenza e capacità umane. Ciò è così che può produrre il buon cuore, questo spirito altruistico, uno stato della mente che prende a cuore il benessere degli altri esseri senzienti. Quando penso in questi termini a volte mi sembra che la mente umana sia davvero meravigliosa grazie a tale capacità. Siamo qui e abbiamo l’occasione di generare quella mente e di partecipare a una cerimonia, che l’accresce.
Sarebbe molto bello se poteste capire la grande fortuna di avere questa opportunità non solo di generare e sviluppare l’ammirazione per la mente altruistica ed il buon cuore, ma abbiamo anche la possibilità di provare e almeno simulare l’esperienza e generarla.
Come diceva uno dei grandi maestri, se la nostra mente è chiara e sana, se il nostro cuore è buono, tutti i sentieri spirituali, i mezzi ed i livelli che raggiungiamo diventeranno buoni e virtuosi.
Ora questa citazione indica l’importanza cruciale del buon cuore e della generazione della mente altruistica. Ogni azione umana e ogni pensiero umano sono in qualche modo disciplinati dal nostro modo di pensare. Se possiamo addestrarci a generare il buon cuore come motivo principale di ogni nostra azione, avremo il potere di trasformare ogni azione ed ogni singola parola da noi pronunciata in un atto virtuoso, in un atto positivo e benefico. Se avete questo fondamentale motivo alla base delle vostre azioni, ogni singola parola da voi pronunciata sarà virtuosa, mite e benefica. Ogni movimento, ogni comportamento che adottate, ogni condotta saranno virtuosi, buoni e benefici. Quindi è fondamentale che vi sforziate in ogni modo di generare il buon cuore, quella mente altruistica e di evitare di nutrire malumori, cattiva volontà ed intenzioni dannose nei confronti di altri esseri senzienti. Piuttosto dovreste concentrarvi, focalizzarvi sul generare il buon cuore come base per la vostra motivazione.
Se abbiamo questa facoltà di base, questo fattore fondamentale del buon cuore come base di ogni nostra motivazione non importa quale sia la nostra professione, insegnante, scienziato, economista o un politico, finché abbiamo tale fattore motivante di base possiamo trasformare ogni azione in una azione positiva e benefica. Attraverso tale sforzo combinato in queste varie attività umane, possiamo creare quello che chiameremmo una società umana felice, un mondo più felice. D’altra parte, se abbandoniamo questa motivazione del buon cuore e la gentilezza, è molto probabile che tutte queste attività umane diventino distruttive o dannose per lo stesso scopo per il quale sono destinate.
Anche per il non-credente il buon cuore, l’altruismo è qualcosa molto benefico. I suoi benefici possono essere estesi ad ogni essere senziente.
Così quello che faremo qui in questa cerimonia è prima di tutto generare la motivazione di base del buon cuore e di altruismo nella nostra mente. Quindi genereremo l’aspirazione altruistica a raggiungere uno stato completamente illuminato a beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci impegneremo quindi a generare questa mente in noi stessi ed a realizzarla.
Come ho sottolineato il primo giorno nel pubblico c’è chi non si considera un praticante buddista. Quindi, per coloro che non si considerano praticanti buddisti e per coloro che non intendono prendere tale impegno di generare bodhicitta, non è necessario intraprendere queste contemplazioni. Per voi è sufficiente sviluppare un certo grado di ammirazione per il buon cuore, per l’altruismo e pensare da oggi in poi cercherete di essere il più gentile e di buon cuore possibile.
Prendere l’impegno di rafforzare la mente generata attraverso una cerimonia significa prima generare bodhicitta e quindi focalizzare la vostra attenzione sulla mente generata, prendere mentalmente l’impegno che da ora in poi non abbandonerete mai questa mente generata. Questa è la cerimonia vera e propria.
Anche se ho parlato della mente generata che viene rafforzata attraverso la cerimonia, dovete tener presente che sto usando il termine bodhicitta piuttosto liberamente. Quello a cui mi riferisco qui è che ora partecipando a tale cerimonia e per altri fattori come il fatto di essere in una comunità di praticanti, è possibile che si produca qualche effetto all’interno della vostra mente. Questo può portare a qualche forma di lieve esperienza di bodhicitta. Ora, quando uso il termine di mente generata, mi riferisco a questo perché la bodhicitta genuina, vera, come per ogni aspetto del sentiero, è il risultato di lunghi periodi di meditazione e di pratica. Per esempio nel caso di bodhicitta, inizialmente dobbiamo sviluppare una comprensione di cosa sia bodhicitta e capire la procedura o le tappe di meditazione che addestrano la nostra mente a coltivare bodhicitta.
Dopo aver sviluppato questa comprensione, la procedura di addestramento della nostra mente, ci impegniamo nella pratica ed a questo punto otterremo un livello di certezza arrivando alla convinzione che se intraprendiamo la pratica, si verificherà una qualche forma di esperienza.. E’ a questo punto che diciamo di aver sviluppato una certa convinzione nelle nostre capacità di generare bodhicitta. Quando questa convinzione è ulteriormente rafforzata dall’impegno effettivo nell’addestramento della nostra mente arriviamo a una fase in cui, a seguito del nostro lungo periodo di pratica, sorge una forte esperienza ad aspirare o desiderare di raggiungere uno stato completamente illuminato a beneficio di tutti gli esseri senzienti. Questo è potente e forte, ma ancora una volta non è la vera o completa bodhicitta perché si verifica solo se ci impegniamo in una sessione di meditazione mentre tale forza o l’intensità non sono più lì quando la sessione è terminata. Ma se andiamo ancora avanti con la pratica, a mano che procediamo lungo il sentiero, raggiungiamo finalmente una fase in cui la generazione di questa mente altruistica non richiede alcuna condizione circostanziale come l’impegno volontario in una meditazione o il riflettere coscientemente sulla sofferenza degli esseri senzienti. Invece il desiderio di raggiungere lo stato interamente illuminato a beneficio di tutti gli esseri senzienti giunge spontaneamente come risposta automatica alla percezione della sofferenza degli altri esseri senzienti. E’ a questo punto abbiamo realizzato la bodhicitta completa, vera, non simulata.
Congiungete le mani. Come spiegato in precedenza sviluppate una forte determinazione a generare dentro di voi un buon cuore e la mente altruistica. Motivati da tale cuore buono e mente altruistica impiegherete la restante parte della vostra vita in attività degne, benefiche ed utili. Quindi ripetete alcuni versi dopo di me che dicono che generate bodhicitta come hanno fatto i Buddha e Bodhisattva del passato.
Grazie alla potenza dei meriti e le impronte positive che avete accumulato in passato, genererete l’aspirazione altruistica a raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Motivati da tale aspirazione agirete per alleviare tutti gli esseri viventi che soffrono e liberare tutti coloro che sono nella sofferenza in modo inconsapevole ma le cui menti sono macchiate ed inquinate da emozioni e pensieri negativi. Condurrete allo stato di Buddha anche coloro che non sono liberi dagli ostacoli alla conoscenza. Durante la terza ripetizione dovreste intensificare il vostro impegno che da ora in poi non abbandonerete la mente che avete generato, questa aspirazione altruistica. (Recitazione di versi in lingua tibetana)
Dopo aver preso l’impegno, attraverso tale cerimonia, di rafforzare bodhicitta dovrete rispettare alcuni precetti. Esistono quattro precetti principali per proteggere bodhicitta dalla degenerazione durante questa vita. Innanzitutto, al fine di aumentare la nostra ammirazione per bodhicitta e per accrescere il nostro entusiasmo per le pratiche ad essa collegate, dobbiamo riflettere costantemente sui suoi meriti e benefici.
In secondo luogo, dobbiamo rinnovare o rafforzare la nostra generazione della mente sei volte in ventiquattro ore, tre volte durante il giorno e per tre volte durante la notte. Il terzo precetto è che dal momento che abbiamo generato bodhicitta per il beneficio degli esseri senzienti, non dovremmo mai avere il pensiero di abbandonare neppure un singolo essere senziente. Non dovremmo mai abbandonare il buon cuore ed il cuore gentile neppure nei riguardi di un singolo essere senziente. E’ possibile nella nostra vita quotidiana incontrare situazioni in cui perdiamo la pazienza, in cui gli altri ci fanno sentire frustrati ma anche in tali circostanze, è fondamentale non abbandonare mai nel profondo del nostro cuore il sentimento di compassione e di benevolenza verso gli altri esseri senzienti, in particolare verso le persone che ci irritano. Il quarto precetto è impegnarsi ad accumulare meriti e aumentare la nostra saggezza. Di questi quattro precetti che sono fattori per proteggere la nostra bodhicitta dalla degenerazione in questa vita, il terzo precetto, di non abbandonare mai il proprio buon cuore, il proprio altruismo neppure verso un singolo essere senziente, è il più importante da osservare.
Esistono alcune norme da osservare per proteggere noi stessi dal degenerare bodhicitta nelle vite future. Il primo è non dire mai bugie consapevolmente. In casi eccezionali ad esempio, in cui un cacciatore che sta inseguendo un cervo vi chiede dove il cervo sia andato. Se dicessimo la verità il cervo sarebbe ucciso e se non dicessimo la verità, staremmo mentendo. In tali circostanze, è consentito dire una bugia. In casi eccezionali in cui dobbiamo tener conto delle conseguenze delle proprie azioni, ma ciò che è importante è trovare una storia coerente! (risata)
Il secondo precetto è essere sempre onesti. Il terzo precetto è rispettare sempre i Bodhisattva come rispetterestre un essere completamente illuminato e, quindi, sviluppare una profonda ammirazione verso i Bodhisattva e lodarli. Il quarto precetto è incoraggiare sempre qualsiasi essere senziente che incontrate per renderlo capace di ottenere lo stato di Buddha.
Tra le pratiche per la protezione di bodhicitta dalla degenerazione, praticare tolleranza o pazienza è uno dei fattori più importanti. Il nostro rapporto con chi ci infligge danno ha il potenziale di distruggere il nostro buon cuore e gentilezza verso gli altri. Per impegnarci con successo nella coltivazione di tolleranza e pazienza è fondamentale capire quali siano gli svantaggi e gli effetti nocivi della rabbia. Dobbiamo quindi sapere quali sono gli effetti benefici e vantaggi del coltivare la tolleranza e la pazienza.
Capire vantaggi e svantaggi della rabbia e del suo opposto (pazienza o tolleranza) ci permetterà di arrivare ad un punto in cui incoraggeremo la forza della tolleranza ad aumentare dentro di noi mentre diminuiremo la forza e potenza della rabbia.
Uno degli effetti più benefici del coltivare la tolleranza e la pazienza è la protezione della nostra tranquillità mentale e pace della mente dai disturbi. Sebbene siamo circondati da un ambiente molto ostile, grazie alla pratica della tolleranza e della pazienza, la nostra pace mentale e serenità della mente non saranno disturbate. Inoltre, nelle vite future gli effetti di praticare la tolleranza e la pazienza si manifestanno in termini di maggiore coraggio, determinazione e forza di volontà.
Proprio come il Bodhicaryavatara afferma che non vi potrà mai essere una persona che è arrabbiata ed allo stesso tempo felice, quando la rabbia domina la nostra mente non c’è spazio per la pace della mente, per la felicità. E distruggerà la nostra tranquillità, la nostra pace della mente. Inoltre, sebbene qualcuno sia normalmente piuttosto mite di carattere, di natura calma e pacifica, nel momento in cui perde la pazienza e si arrabbia, diventerà quasi del tutto incontrollato.
A quel punto potrebbe intraprendere azioni, decisioni, che potrebbero essere molto dannose o qualcosa di cui potrebbe pentirsi una volta passata la rabbia.
Quindi la rabbia ha il grande potere distruttivo di distruggere anche le nostre amicizie più strette. La rabbia non solo distrugge la nostra pace della mente e felicità, ma distrugge anche la felicità e la pace della mente dei vostri compagni, di chi vi circonda. Di conseguenza crea grandi conflitti e rende la nostra vita infelice. È più importante rammentare che, se generiamo rabbia nella nostra mente questa si può manifestare in azioni potenzialmente molto dannose. Per esempio, potremmo anche arrivare all’estremo di uccidere un’altra persona. Questo tipo di azioni, che sono molto negative e distruttive, lasceranno una forte impronta negativa nella nostra mente, le cui conseguenze saranno rinascite future nei regni inferiori di esistenza.
Quando incontriamo circostanze avverse, circostanze tragiche che ci provocano sofferenza dovremmo riflettere se la situazione è tale da poter o meno fare qualcosa. Può essere superata? Esiste una via d’uscita? Se ci rendiamo conto che esiste un modo di uscirne, non dovremmo essere depressi, né preoccuparci. D’altra parte, se ci rendessimo conto che non c’è via d’uscita, che non c’è soluzione al problema, nessuna possibilità di risolvere la situazione, non avrebbe senso essere depressi o preoccupati. Dovremmo pensare in questi termini.
Inoltre, dovremmo pensare che la normale, immediata reazione a tali circostanze avverse, la nostra reazione istintiva è quella di incolpare chi ci perseguita o danneggia. Dovremmo riesaminare la validità della nostra reazione istintiva in tali circostanze, se la ragione per cui ci sentiamo arrabbiati verso chi ci danneggia è la persona che è vista come la causa della sofferenza.
Perché dovremmo essere particolarmente arrabbiati verso quella persona e considerarla responsabile? Se una persona danneggia un’altra direttamente colpendola con un bastone, è l’arma che si dovrebbe ritenere responsabile. Se riteniamo responsabile la persona come causa indiretta, allora dovremmo ritenere responsabili del danno le illusioni, l’odio che si sono impadroniti della mente della persona che l’hanno spinta ad agire senza controllo. Come responsabili dovremmo identificare l’illusione o l’odio che hanno preso possesso della mente della persona, e non la persona. Così, tra questi tre fattori che causano il danno: la causa immediata (l’arma), la causa indiretta (le illusioni nella mente) e quindi l’agente (la persona che detiene l’arma), perché facciamo discriminazioni e, soprattutto, perché consideriamo responsabile la sola persona?
Pensando, in questo modo potremo ridurre l’intensità della nostra rabbia e l’odio verso chi ci danneggia. Possiamo considerare da tutti questi punti di vista in modo da prendere misure precauzionali contro il sorgere di depressione o di infelicità che, sono in realtà il carburante che genera sentimenti di rabbia e di odio.
Le pratiche associate alla coltivazione di tolleranza e pazienza, come spiegato nel sesto capitolo del Bodhicaryavatara, sono veramente notevoli, molto ammirevoli. Gli stadi della riflessione, le tappe della contemplazione menzionate nel sesto capitolo sono veramente importanti ed infatti gettano solide basi per la successiva pratica di bodhicitta. L’addestramento della nostra mente nello scambiare se stessi con gli altri è spiegato nel capitolo ottavo. Nel sesto capitolo si getta una solida base per rendere possibile la successiva pratica.
Seguono i tre capitoli del settimo, ottavo e nono che trattano le pratiche per il rafforzamento della generazione del bodhicitta nella mente. Il primo tra questi tre capitoli è il capitolo sull’entusiasmo e perseveranza. La perseveranza ed entusiasmo è uno sforzo gioioso che, se assente, nessuna delle realizzazioni successive del sentiero è possibile, mentre, se lo possediamo, ci condurrà all’ottenimento delle più elevate realizzazioni. Quindi, questa facoltà di perseveranza o entusiasmo è fondamentale.
Parlando di pratica della perseveranza o entusiasmo, ciò che conta è essere in grado di utilizzare la pratica in modo molto abile. Quando ci impegniamo nella pratica non è saggio essere molto concentrati in un punto e molto permissivi in un altro, invece il nostro entusiasmo, la nostra perseveranza devono essere continui, costanti, si dice che l’entusiasmo debba essere così costante e continuo come un ruscello di acqua. La fonte principale da cui trarre ispirazione crescente per migliorare il nostro entusiasmo e la perseveranza è la comprensione o consapevolezza della presenza di Buddha nel continuum mentale di tutti gli esseri senzienti. Se da parte nostra prendiamo l‘iniziativa necessaria, possediamo il seme o potenziale per ottenere la piena realizzazione dello stato di Buddha dentro di noi. Siamo uguali a tutti gli essere senzienti per quanto riguarda il possesso di tale facoltà.
Attraverso tale consapevolezza e riflessione dobbiamo proteggerci dallo scoraggiamento, perché una mancanza di fiducia in noi stessi, il pensiero “Cosa posso fare al mio livello di realizzazione? Sono totalmente incapace“ è il tipo di pensiero più nocivo per il nostro progresso sul sentiero spirituale. Per impegnarci con successo nel sentiero che conduce allo stato pienamente illuminato è essenziale avere una quantità enorme di autostima, la fiducia nella nostra capacità e capacità di riuscire.
Dovremmo pensare che tutti i Buddha del passato sono stati inizialmente come noi, pieni delle debolezze, colpe, illusioni ed emozioni afflittive degli esseri senzienti. Ma l’unica differenza da parte loro è che attraverso il loro sforzo ed iniziativa, hanno intrapreso un percorso spirituale che alla fine li ha condotti allo stato di piena illuminazione. Quindi, da parte nostra, se vogliamo fare uno sforzo simile, intraprendere una simile l’iniziativa e un simile percorso, anche noi abbiamo il potenziale per il raggiungimento dello stato completamente illuminato. Dobbiamo riflettere in questo modo.
Di seguito farò alcuni commenti sull’ottavo capitolo, il capitolo sulla meditazione o concentrazione. In questo capitolo viene spiegata la pratica concreta dell’addestramento allo sviluppo di bodhicitta.
Qui meditazione o concentrazione fa riferimento ad uno stato in cui il praticante ha raggiunto un certo grado di capacità della mente di focalizzarsi su un solo punto. Qui si mira ad addestrare in qualche modo una facoltà che già esiste all’interno dei nostri fattori mentali. Se esaminiamo la nostra mente, troveremo all’interno del nostro continuum mentale una facoltà della mente che ci permette di mantenere in qualche modo l’attenzione su un oggetto scelto. A causa del mancato addestramento, di mancata coltivazione di questa facoltà e di sviluppo al massimo delle sue potenzialità, non siamo capaci di fermare l’attenzione verso l’oggetto scelto per un lungo periodo di tempo. L’obiettivo è di sviluppare, attraverso la pratica della meditazione o di concentrazione, questa facoltà di mantenere la nostra attenzione focalizzata su un oggetto scelto per un periodo molto prolungato di tempo, in un equilibrio focalizzato. Questo è l’obiettivo.
Ora, per fare un esempio, quando parliamo di conseguire la grande compassione, la compassione universale dentro di noi, stiamo parlando di sviluppare un potenziale che esiste già dentro di noi. È la nostra naturale capacità di empatizzare con gli altri esseri senzienti nella sofferenza e nei loro problemi. Sebbene a livello ordinario la capacità di empatizzare sia leggermente mescolata all’attaccamento o ad una sensazione di intimità e vicinanza, tuttavia esiste una sorta di empatia naturale, una capacità naturale che ci permette di entrare in empatia con le sofferenze ed i problemi altrui. Ora, quando ci addestriamo a coltivare la grande compassione stiamo cercando di sviluppare in qualche modo questa facoltà pre-esistente al massimo delle sue potenzialità affinché la nostra capacità di empatia verso le sofferenze altrui diventi universale, imparziale e uguale per tutti gli esseri senzienti. Questo è il significato di realizzare la grande compassione. Analogamente, quando addestriamo la nostra mente a coltivare stati meditativi quello che facciamo è in qualche modo sviluppare la base, il seme che già esiste nella nostra mente.
Uno stato di focalizzazione della mente su un solo punto possiede due caratteristiche principali, tali da portarci, ad un certo punto, ad essere in grado di mantenere la nostra attenzione su un singolo oggetto di meditazione, ossia di dimorare sull’oggetto di meditazione. Al tempo stesso, l’immagine dell’oggetto deve essere viva, ma soggettivamente deve esserci chiarezza da parte dell’esperienza. Devono esserci queste due caratteristiche: la capacità di dimorare e la vivida chiarezza dell’oggetto.
Dal momento che queste due qualità devono essere presenti in uno stato meditativo corretto della mente, la capacità di dimorare e la chiarezza vivida dell’oggetto scelto, esistono due fattori mentali principali che sono considerati i maggiori ostacoli a coltivare la capacità di concentrarsi su un solo punto. Uno di questi ostacoli è la distrazione mentale, in termini generali, e, quindi, in particolare l’eccitazione mentale, che devia la mente dall’oggetto scelto verso oggetti del desiderio.
Questa distrazione mentale in generale ed in particolare l’eccitazione mentale, distruggono la nostra capacità di dimorare sull’oggetto scelto e, quindi, deve essere superata. Dal momento che la chiarezza e la vivacità dell’immagine dell’oggetto sono condizione necessaria per uno stato meditativo stabile, il fattore che ostacola questa qualità è noto come torpore mentale. Pertanto, è necessario superare questi due ostacoli: torpore mentale ed eccitazione mentale o distrazione.
Questi due ostacoli, eccitazione mentale e torpore mentale sono il risultato di certi stati della mente. Se la mente è troppo in allerta, se la vigilanza è eccessiva o il nostro stato della mente è troppo alto, a quel punto sorge l’eccitazione mentale.
Mentre, se la nostra mente è troppo sottotono e se ci sentiamo mentalmente scarichi, affondiamo nel torpore mentale. Al mattino, quando siamo freschi, siamo molto in allerta e la sera quando ci sentiamo stanchi, mentalmente siamo scarichi. A quel punto vi è il pericolo che subentri il torpore mentale. Quindi, per capire come sorgano il torpore e l’eccitazione mentale, dovremmo mantenere in qualche modo nella nostra meditazione una sorta di equilibrio, in cui il nostro stato mentale non è troppo eccitato, né allo stesso tempo troppo basso. Dobbiamo trovare quel punto di mezzo, trovare questo equilibrio. L’addestramento della nostra mente e la coltivazione di tale capacità di concentrarsi su un solo punto in uno stato meditativo è fatto a livello di mente grossolana che contiene stati mentali intimamente collegati agli stati del nostro corpo fisico. Pertanto, si raccomanda ai praticanti di cercare un ambiente e luogo molto appropriati dove praticare. L’altitudine, l’ambiente in cui meditiamo e tutti i fattori esterni fanno la differenza sulla nostra capacità di meditare. Giocano un ruolo anche la nostra salute fisica e l’ora del giorno, in quanto al mattino siamo più freschi. Giudicando tutti questi vari fattori dovremmo cercare il momento, il luogo e l’ambiente più opportuni dove iniziare con successo ad impegnarci nella meditazione per lo sviluppo della capacità di focalizzazione su un solo punto.
Come oggetto della meditazione per coltivare la capacità di focalizzare su un solo punto, possiamo prendere qualsiasi oggetto. In effetti nella fase iniziale, a livello molto grossolano, per alcune persone potrebbe essere utile o un metodo efficace, avere un’ immagine di un qualcosa davanti a noi. Sebbene la meditazione o concentrazione siano coltivate a livello di coscienza mentale e non a livello della coscienza sensoriale, nella fase iniziale è utile avere qualcosa di fronte a voi come oggetto della vostra percezione visiva. Quindi focalizzatevi sull’oggetto attraverso la vostra percezione visiva e lasciate la vostra mente seguire immediatamente qualunque immagine sia registrata attraverso la vostra percezione visiva, per focalizzare la vostra attenzione sull’immagine registrata attraverso la vostra percezione visiva. E ‘possibile arrivare attraverso la meditazione, in una fase dove la vostra percezione visiva non avrà più alcun effetto sulla vostra attenzione mentale o coscienza.
Potrete essere in grado di arrivare ad un punto in cui tutto ciò che entra nel vostro campo visivo è del tutto irrilevante, in quanto avete già superato quel livello fino ad un livello dove la vostra immagine della meditazione, l’oggetto della meditazione, è tenuta solo sotto forma di immagine che percepibile solo dalla vostra coscienza mentale. Così è possibile coltivare la capacità di focalizzare della mente su un solo punto utilizzando prima la vostra percezione visiva fissando un oggetto di fronte a voi, sia esso un fiore o qualsiasi altro oggetto. Esistono anche altri oggetti di meditazione più semplici, come ad esempio concentrandosi sulla propria mente, prendere la propria mente come oggetto di meditazione e poi coltivare la capacità di focalizzarsi incentrata su questa.
Se prendete la mente ad oggetto di meditazione, per coltivare la capacità di focalizzarsi su un solo punto, in primo luogo è cruciale identificare l’oggetto della meditazione. Generalmente, parlando di mente si usa questo termine abbastanza facilmente, ma quando si tratta di identificarlo è un compito abbastanza difficile.
E’ quasi impossibile nella nostra esistenza ordinaria avere davvero esperienza di cosa sia la mente perché la nostra normale, ordinaria esistenza è caratterizzata dal seguire costantemente le nostre impressioni sensoriali. La maggior parte dei nostri stati mentali sono dominati da pensieri, percezioni ed esperienze che in qualche modo seguono forti impressioni giunte a noi attraverso i sensi. Si potrebbe quasi dire che abbiamo dimenticato cosa vuol dire provare realmente l’esperienza mentale. Quindi, è necessario in qualche modo prendere posizione per essere in grado di impegnarci in una sessione meditativa e temporaneamente impedire il sorgere di ricordi passati o ciò che abbiamo fatto. Allo stesso tempo, è necessario impedire il sorgere di pensieri relativi ad eventi futuri, anticipazioni, speranze, piani e così via, piuttosto dovete essere assolutamente nel presente. In questo modo saremo in grado di impedire che la nostra mente sia portata via dalle nostre impressioni sensoriali e a quel punto saremo in grado di sperimentare la vacuità tra il punto di intervallo, tra l’avere impedito con successo il sorgere di pensieri relativi al passato ed aver evitato con successo il sorgere di pensieri legati ad eventi futuri. Nel punto di mezzo saremo in grado di sperimentare un senso di vacuità.
Se portiamo avanti la nostra pratica di meditazione con costanza, se in qualche modo prolunghiamo quell’esperienza, gradualmente saremo in grado di avere una qualche forma di esperienza soggettiva di ciò che si intende come mera soggettività, che è nella natura dell’ esperienza. Avremo anche un assaggio di un’ esperienza di ciò che è inteso come chiarezza e consapevolezza, conoscenza, luminosità pura. In questo modo saremo in grado di identificare che cos’è la mente. Prolungando l’esperienza del punto di intervallo, l’esperienza della vacuità attraverso pratica e meditazione costanti, e impedendo il sorgere dell’eccitazione mentale e del torpore mentale ed applicando la consapevolezza, saremo in grado di mantenere la focalizzazione univoca sull’oggetto in questo contesto, per un periodo di un sesto della giornata. A questo punto si dice che il praticante ha ottenuto la capacità della mente di concentrarsi su un punto in uno stato meditativo
Una volta arrivati a questo punto dove siete in grado di mantenere la vostra capacità di concentravi su un unico punto su un oggetto scelto in meditazione per un periodo di quattro ore, con ulteriore meditazione sull’oggetto scelto arrivate ad un punto dove la capacità di concentrazione su un singolo punto si stabilizza. Quando tale esperienza di capacità di concentrarsi su un unico punto si accompagna al fattore dell’elasticità mentale, dell’elasticità fisica e mentale che rende disponibile corpo e mente, a questo punto il praticante ha raggiunto ciò che è tecnicamente conosciuto come samatha o calmo dimorare. Meditando ancora e praticando l‘esperienza di samatha o calmo dimorare unita alla visione speciale, si arriva a conseguire il primo livello di concentrazione. Mentre aumenta la sottigliezza della propria concentrazione, passiamo dal primo al quarto livello di concentrazione, che è seguito da altri quattro stadi di crescente finezza.
Queste sono tecnicamente noti come i Quattro Livelli di Stato senza Forma della Mente: Spazio Infinito, Coscienza Infinita, Vacuità e Picco dell’Esistenza.
Il livello di coscienza mentale al Picco dell’ Esistenza è così sottile che, a questo punto, vi è l’effetto collaterale di una perdita di intensità e chiarezza. Questo accade perché si dice che le tecniche del Tantra Yoga Supremo superino le tecniche meditative della tradizione Sutra come nello Yoga Tantra Supremo. A mano che gli stati sottili della mente vengono creati inducendo la grande beatitudine nel nostro continuum mentale, a mano che aumenta la sottigliezza, la coscienza, invece di perdere la sua intensità e chiarezza, aumenta il suo potere di conoscere ed il suo potere di chiarezza e vivacità. Questo è il vantaggio esclusivo di utilizzare le tecniche di meditazione del Tantra Yoga Supremo. Riguardo agli stati meditativi, sembra esistano diversi tipi di stati meditativi. Troviamo menzione di diversi tipi di stati meditativi nella letteratura Theravada, il Piccolo Veicolo e anche di una moltitudine di stati meditativi menzionati nei sutra Mahayana e la letteratura tantrica. Ora c’è tempo per alcune domande.
Domanda: Quali pratiche Lei raccomanda per bambini in età prescolare?
Sua Santità il Dalai Lama: Non so. Gli insegnanti dovrebbero giudicare ciò che è opportuno. Ciò che è importante è essere gentili nei confronti dei figli.
Domanda: Lei ha detto che dobbiamo accettare i risultati scientifici. Se davvero dubitiamo di quel fatto, dobbiamo? Per esempio tanto tempo fa ci dissero che la terra era piatta e che fosse il centro dell’universo, la scienza si sbagliava. Non potrebbe sbagliare ancora?
Sua Santità il Dalai Lama: riguardo al fatto se il Monte Meru esista o meno come centro dell’universo, non so se sia qualcosa che la scienza ha dimostrato essere falso oppure se è qualcosa che la scienza non ha osservato. Ciò che è chiaro è che nel Abhidharmakosa si menzionano le distanze tra la terra e il sole e la luna. E se si confrontano quelle distanze con i calcoli scientifici moderni vi è disparità. La distanza dalla terra alla luna e del sole è stata verificata con precisione e, dal momento che contraddice il racconto di Vasubandhu, posso dire con certezza che non possiamo accettare come valido il resoconto dell’Abhidharmakosa. Per esempio, ho mostrato una foto della Terra scattata dalla luna ad alcuni lama tibetani, che hanno commentato che forse sono atterrati da qualche parte sul Monte Meru. Personalmente non credo che i buddisti dovrebbero essere di così strette vedute, ma dovremmo essere di larghe vedute. Che esista o meno un monte Meru non fa alcuna differenza per i buddisti.
Domanda: potreste dare consigli o suggerimenti su come utilizzare la pratica quotidiana nella nostra vita?
Sua Santità il Dalai Lama: Come ho spiegato in precedenza ciò che conta è per prima cosa al mattino coltivare una buona motivazione e una volontà di trascorrere la giornata in modo benefico. Quindi, qualsiasi lavoro facciamo, dobbiamo farlo con questa motivazione e prospettiva e cercare di essere utili e portare beneficio agli altri esseri senzienti. Forse questo è il modo di rendere la nostra vita più degna.
I maestri Kadampa consigliano una pratica consistente nel rivedere, prima di coricarci, le nostre azioni e pensieri durante il giorno e vedere quante di esso sono state in accordo al Dharma e quante contro il Dharma. Questa forma di abitudine e pratica è molto notevole. Penso che il vero significato di contare i grani del rosario non sia solo contare i mantra, ma piuttosto contare i vostri pensieri ed azioni positive. In caso contrario, se fosse solo per contare i mantra sarebbe come consumarsi le unghie. C’è un’espressione che implica che se ti manca la giusta motivazione allora recitare mantra e contare i grani non è d’aiuto. Quindi invece di esaurire la vostra negatività vi consumate le unghie.
Non posso dire di aver contato mantra al punto di consumare le mie unghie, ma posso sicuramente dire che ho contato mantra fin a quando le mie dita hanno cominciato a sentirsi a disagio.
Domanda: Quando la gente sente di luminosità o chiara luce al momento della morte, chiedono perchè si chiama chiara luce? Che cosa ha a che fare con la luce, così come la conosciamo?
Sua Santità il Dalai Lama:: Non credo che il termine chiara luce termine vada preso alla lettera, è più metaforico. Potrebbe avere le sue radici nella nostra terminologia del regno mentale. Ad esempio secondo il Buddhismo ogni coscienza o tutti gli eventi cognitivi e mentali sono della natura di chiarezza e luminosità. È da questo punto di vista che si usa il termine “luce”. Anche perché la chiara luce è il livello più sottile e visibile della mente come la base o la fonte da cui avviene l’eventuale realizzazione di Buddha, per questo è chiamato chiara luce. Perché chiara luce è uno stato della mente che diventa pienamente manifesto solo a seguito di diverse fasi di dissoluzione in cui la mente si libera di alcuni tipi di oscurazioni descritte in termini di buio, questa esperienza di dissoluzione è metaforicamente descritta in termini di luce solare o luce lunare.
Le precedenti tre fasi di dissoluzione sono tecnicamente chiamate, inclusa la chiara luce, le Quattro Vacuità. Quindi, nella fase finale della dissoluzione, la mente è totalmente libera da tutti i fattori di oscurazione ed è per questo chiamata chiara luce. La terminologia chiara luce è spiegata in questo modo nel Tantra Guhyasamaja. E’ anche possibile comprendere il senso di utilizzo del termine chiara luce per quanto riguarda la natura della mente stessa. Mente o coscienza è un fenomeno privo di qualsiasi qualità che crea impedimenti, ma è senza impedimenti.
Domanda: Per una persona occidentale con un’educazione materialista, scientifica esistono esempi che possano essere validi argomenti per la reincarnazione?
Sua Santità il Dalai Lama: I motivi principali per cui buddisti accettano il concetto di rinascita devono essere intesi in termini di continuum di coscienza. Ad esempio, nel caso del continuum del mondo materiale secondo il Buddhismo tutti gli elementi del mondo macroscopico dell’universo possono essere rintracciati in termini di origine fino ad un punto iniziale, quando tutti gli elementi dell’universo materiale erano condensati in quello che è tecnicamente noto come particelle spaziali.
Queste, a loro volta, sono il conseguente stato della disintegrazione di un universo precedente. C’è un ciclo costante di un universo in evoluzione, in disintegrazione, dissoluzione e che poi, di nuovo, viene in essere. Tutti gli elementi materiali dell’universo macroscopico possono essere rintracciati, in termini di origine, alle particelle di spazio. Allo stesso modo il fatto che possediamo qualcosa chiamato coscienza, mente, è abbastanza ovvio per noi, la nostra propria esperienza testimonia la sua presenza. E’ anche evidente a noi, dalla nostra esperienza, che ciò che chiamiamo mente o coscienza è un qualcosa soggetto a cambiamenti se esposto a diverse condizioni e circostanze. Essa mostra la natura di momentaneità, la natura di essere suscettibile al cambiamento. In ciò che chiamiamo coscienza o mente, i livelli grossolani della mente sono intimamente collegati o dipendenti degli stati fisiologici del corpo. Questo è molto evidente.
Tuttavia deve esistere qualche base, qualche energia o fonte, che interagisce con le particelle materiali ed è può produrre esseri viventi coscienti. Questo secondo il Buddhismo deve avere il suo proprio continuum. Quindi, se tracciamo il continuum della nostra coscienza attuale, la nostra mente, allora, proprio come nel caso dell’universo materiale, possiamo risalire all’indietro all’infinito senza inizio. Quindi devono esserci rinascite successive, che permettono la catena continua.
Inoltre, dato che i buddisti credono in un nesso di causalità universale, che tutto è soggetto a cambiamento, cause e condizioni, non c’è posto per un creatore divino, non c’è posto per un essere necessario che si è auto-creato. Piuttosto tutto viene in essere in conseguenza di cause e condizioni.
Pertanto la coscienza o la mente deve anche venire in essere come risultato di momenti precedenti. Così, quando parliamo di cause e condizioni esistono due tipi principali di cause. Questi sono la causa sostanziale, il qualcosa da cui qualcosa è prodotto ed i fattori cooperativi che contribuiscono a questo nesso di causalità. Nel caso di mente e corpo, mente e materia, sebbene uno possa essere il fattore cooperativo l’altro non può essere la causa sostanziale dell’altro, come è spiegato da Dharmakirti nel suo Pramanavarttika [Compendio della Cognizione Valida]. Mente e materia, sebbene dipendenti l’una dall’altra non possono servire come causa sostanziale dell’altro, non possono trasformarsi nell’altro. Su queste basi i buddisti accettano la rinascita. Inoltre, ci imbattiamo in una serie di situazioni in cui ci sono persone che ricordano vividamente le loro esperienze nelle vite precedenti. Quando si tratta di parlare di esistenza o non esistenza, perfino un solo esempio è sufficiente. Per dimostrare l’esistenza di qualcosa, di un fenomeno perfino un solo esempio è sufficiente. Ma per dimostrare la non esistenza di qualcosa, un esempio non è sufficiente. Così è per questi motivi che i buddisti portano argomenti in favore della rinascita.
In un certo senso, date le due scelte tra accettare o meno la rinascita, la prima posizione sembra lasciare meno domande senza risposta e meno mistero mentre se non accettiamo il fenomeno della rinascita, lasciamo tante domande senza risposta. Da un punto di vista pratico, non c’è davvero nessun punto che debba essere sviluppato ulteriormente per tentare di dimostrare il fenomeno della rinascita. Per esempio nel mio caso, sono una persona che afferma esplicitamente che è meglio avere una moltitudine di religioni, una varietà di tradizioni religiose. Questo implica che è meglio avere un maggior numero di persone con diversità di opinioni ed è meglio avere molte persone che sostanzialmente non credono nella rinascita. (Fine del terzo giorno)