Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama sui primi tre capitoli di Shantideva “Guida allo Stile di vita del Bodhisattva”, con una introduzione al capitolo nono. L’evento è stato organizzato a New Delhi dalla Foundation for Universal Responsibility dal 19 al 21 marzo 2010. Vedi il testo italiano a https://www.sangye.it/altro/?cat=15 .
Traduzione a cura di Luciano Villa, Alessandro Tenzin Villa e Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Sua Santità il Dalai Lama 19.03.10
Sono molto lieto d’essere qui a scambiare con voi le mie esperienze, e con molti di voi ho un’amicizia di lunga data. Forse, quando qualcuno di noi diventerà Buddha, si ricorderà d’essere stato qui e dirà: oh ci siamo precedentemente trovati in questo e quell’altro posto! È proprio possibile! Perciò dobbiamo fare a gara su chi riesce per primo tra i presenti a raggiungere la buddhità. Sarà il maestro o gli allievi a diventare per primi un Buddha? Non è detto che non lo siano gli allievi, perché il maestro è troppo occupato.
Come mai stiamo parlando d’un idea che s’è sviluppata in questo paese più di 2.600 anni or sono? Questa è anche la terra di Nagarjuna e, sopratutto di Shantideva che, nonostante non siano più tra noi, ci hanno lasciato una profonda eredità. Pur essendo vissuti molto tempo fa, sono ricordati come gli antichi maestri dell’India che ci hanno lasciato un importantissimo messaggio, molto attuale. Non si tratta di rituali. No, ci hanno lasciato un corpo di insegnamenti molto utili per aprire le nostre menti, per comprendere appieno la vera essenza della realtà. Penso che molti dei problemi, sì proprio i problemi creati dall’uomo stesso, derivano dalla mancanza d’una piena conoscenza della vera realtà. Nonostante che nessuno vuole trovarsi in mezzo ai problemi, la maggior parte sono invece creati dall’uomo stesso a causa dell’ignoranza, intesa come mancata conoscenza della realtà. Perciò questo testo è veramente utile per conoscere la realtà.
Innanzitutto penso che sia importante raggiungere la calma mentale. Da cui ne derivano due benefici. Innanzitutto: la pace interiore. La quale è ugualmente molto utile a mantenere un corpo sano. Ed è indispensabile per poter studiare, applicarsi sui campi d’interesse umano: è fondamentale possedere la calma mentale. È quella che ci serve per studiare, investigare, analizzare la realtà. Senza una mente calma, la mente disturbata non può rendersi conto in modo appropriato della realtà. Perché spesso la mente disturbata è spesso in preda a visioni distorte. Il che accade proprio mentre la mente è impegnata nei suoi processi cognitivi. Un noto studioso americano, conosciuto anche per il suo libro “Prigionieri della rabbia”, che ebbi modo di conoscere e d’apprezzare, sosteneva che quando avversiamo qualcosa o qualcuno, lo vediamo come se fosse un fattore negativo. Ma il 90 e più percento di quella negatività è frutto d’una costruzione mentale. Alla base di tutto ciò c’è un forte attaccamento. Oltre a ciò, una forte costruzione mentale. All’inverso, accade la stessa cosa per l’infatuazione per persone o cose che ci piacciono immensamente. Perciò, quanto più siamo schiavi delle proiezioni mentali, quanto meno riusciamo vedere la realtà. La calma mentale dona alle persone il vantaggio di provare pace dentro di loro, di sentirsi più felici, col risultato anche d’un benessere fisico. Allora, con la calma la mente può ragionare bene e vedere le cose nella giusta dimensione. Non importa che si sia credenti od atei, quel che importa è che ci s’impegni per giungere alla calma mentale. Ovviamente la vita fa il suo corso, per cui non si può pretendere di non soffrire per malattie, vecchiaia ed alla fine per il fatto di dover morire. Anche l’ambiente è importante per la calma mentale.
Penso che dobbiamo innanzitutto scrutare i fattori disturbanti alla base: un’attitudine molto egocentrica, basata su un forte attaccamento. Questo crea i disturbi. Più c’è attaccamento, chiusura, IO, IO, IO, più si va incontro a disturbi.
Al contrario, più si lascia andare, più si abbandona l’attaccamento, a meno disturbi si va incontro. Questi magari subentrano ugualmente, ma meno intensamente.