Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama sui testi di Lama Tzong Khapa: “Il fondamento di ogni Realizzazione” e “I Tre Aspetti Principali del Sentiero” al Palalido di Milano dal 21 al 24 ottobre 1999.
“Il fondamento di ogni Realizzazione” https://www.sangye.it/altro/?p=492 e “I Tre Aspetti del Sentiero” https://www.sangye.it/altro/?p=489 di Lama Tzong Khapa https://www.sangye.it/altro/?cat=10
Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama giovedì 21 ottobre 1999 (sintesi dell’insegnamento originale)
Tutti gli Esseri Senzienti desiderano la felicità e non vogliono soffrire. Questa è una cosa che accomuna tutti, uomini e animali, ed è un desiderio che sorge senza alcuno sforzo. In questo senso dunque tutti gli Esseri Senzienti sono uguali. Tuttavia, gli esseri umani sono dotati di una particolare intelligenza per la quale possono prevedere il risultato delle loro azioni.
Gli oggetti materiali sono senz’altro importanti per mantenere in buona salute il nostro corpo ed avere una relativa felicità ordinaria, tuttavia essi non costituiscono la causa della nostra felicità ultima. Questa in realtà può scaturire solo dal nostro interno e dalla pace della nostra mente.
Questa felicità interiore si realizza per mezzo dell’unione di FEDE-DEVOZIONE e SAGGEZZA. La Fede-Devozione è un sentimento molto forte che può essere generato dalla Saggezza. È dunque molto importante il RAGIONAMENTO, e la RIFLESSIONE PROFONDA, in quanto il solo ascolto ed apprezzamento degli Insegnamenti non sono sufficienti.
Alcuni pensano che Cuore (Devozione) e Mente (Saggezza) siano due cose distinte, ma in realtà le due cose sono interdipendenti.
I TRE ASPETTI DEL SENTIERO
OMAGGIO AI VENERABILI MAESTRI:
Per imparare qualsiasi cosa dobbiamo necessariamente affidarci ad una persona che ha conoscenza di quella cosa e che la può spiegare. Anche nel regno animale ad esempio la mamma gatta deve insegnare ai propri cuccioli come arrampicarsi su per gli alberi.
Qualsiasi realizzazione otterremo sul sentiero spirituale la dobbiamo alla grande gentilezza dei nostri Maestri.
Non ci sono dei criteri ben precisi per definire chi è un vero Maestro, tuttavia in linea generale possiamo dire che un Maestro e colui che ha REALIZZATO IN MODO SPONTANEO i TRE ASPETTI DEL SENTIERO.
LAMA in tibetano non vuol dire assolutamente un Buddha Vivente, ma bensì il significato è quello di SUPREMO O SUPERIORE, nel senso di una persona che ha realizzato la Bodhicitta.
GURU in Sanscrito significa PESO, nel senso del grande peso che ha la loro gentilezza.
LAMAISMO inoltre è un termine improprio perché i LAMA non insegnano nulla che non sia già stato insegnato dal Buddha oppure dagli eruditi indiani che hanno commentato i suoi insegnamenti.
In questo testo il Buddha viene chiamato VITTORIOSO perché ha soggiogato tutti i demoni dei difetti mentali. Questi demoni si suddividono a loro volta nei difetti mentali che impediscono la LIBERAZIONE e difetti mentali che impediscono l’ottenimento dell’ ONNISCENZA.
Tutti noi possiamo ottenere la condizione di Buddha in quanto la natura ultima primordiale della mente è presente in noi in modo permanente, mentre i difetti mentali sono EVENTI OCCASIONALI. Essendo occasionali, tali difetti possono dunque essere eliminati per mezzo di ANTIDOTI. Nagarjuna paragona questo processo con l’esempio dell’oro che per essere purificato dalle sue impurità deve essere lavorato con il fuoco.
C’è inoltre da sottolineare la differenza tra come le cose ci appaiono e come invece esistono realmente. Ad esempio, l’odio e l’attaccamento nascono da una visione erronea rispetto al loro oggetto di riferimento (l’esistenza intrinseca dell’Io e dei fenomeni ).
Nagarjuna dice che il Buddha prima di comprendere le quattro Nobili Verità, ha dovuto comprendere le due realtà ovvero la REALTA’ ULTIMA e la REALTA’ CONVENZIONALE. La comprensione della realtà ultima che si realizza per mezzo della Vacuità di tutti i fenomeni, si basa a sua volta sulla comprensione della Realtà Convenzionale come interdipendenza dei fenomeni.
La natura ultima della mente quindi è CHIARA ed ONNISCENTE, mentre come abbiamo detto i difetti mentali sono eventi occasionali in quanto dipendono da cause e condizioni. Ed è proprio perché la sofferenza ha una causa che il Buddha ha potuto formulare le quattro Nobili Verità. Quando dunque si prende rifugio nel Dharma si prende rifugio nella verità della CESSAZIONE della sofferenza e del SENTIERO che a questa porta. Possiamo dunque affermare che esiste un NIRVANA NATURALE che è la naturale cessazione dei difetti mentali.
Se analizziamo la Mente possiamo vedere che esistono vari livelli di Mente dal più grossolano al più sottile. La MENTE GROSSOLANA è quella direttamente collegata con gli organi sensoriali, mentre la MENTE SOTTILE è quella collegata con la nostra coscienza. Le coscienze del sonno e del sogno sono altri tipi ancora di menti sottili.
In ogni caso queste menti hanno la proprietà di RIFLETTERE l’oggetto e di poterlo PERCEPIRE.
Proprio per questa sua natura fondamentale possiamo dire che essa non ha ne inizio ne fine. Le afflizioni mentali invece, essendo eventi occasionali possono essere eliminate.
Proprio per questo fondato motivo il Buddha ha potuto enunciare la Verità della CESSAZIONE della sofferenza.
Quando dunque si parla di Buddhadharma, ci si riferisce specificamente alla verità della Cessazione dalla sofferenza ed al Sentiero che porta ad essa.
Dharma in Sanscrito significa TRATTENERE, nel senso che ci si trattiene dal produrre sofferenza.
I tipi di sofferenza sono essenzialmente tre:
LA SOFFERENZA DELLA SOFFERENZA: E’ la sofferenza più grossolana che tutti possono comprendere e si riferisce alla natura dolorosa del nostro corpo fisico.
LA SOFFERENZA DEL CAMBIAMENTO: E’ una sofferenza più sottile e si riferisce al fatto che l’individuo si attacca a cose che per natura cambiano di continuo.
LA SOFFERENZA DEGLI AGGREGATI CONTAMINATI : Si riferisce alla sofferenza causata dalla schiavitù dei nostri difetti mentali.
Il vero Dharma è dunque quello che opera sulla sofferenza degli aggregati contaminati, cercando di eliminarla. La mente che ha ottenuto questa ASPIRAZIONE ad eliminare i difetti mentali è una mente che ha realizzato la RINUNCIA.
In questo contesto dunque i praticanti devono seguire il sentiero con una forte determinazione a rinunciare alle cause della sofferenza.
In particolare Aryadeva dice che un buon praticante dovrebbe essere:
IMPARZIALE: nell’ascoltare con mente aperta ogni tipo di insegnamento, senza discriminare gli insegnamenti che piacciono da quelli che non piacciono.
INTELLIGENTE: in modo tale che possa discriminare il bene dal male
DILIGENTE: in modo tale che sappia mettere in pratica ciò che ha studiato.
La Rinuncia quindi costituisce la pratica preliminare al successivo sviluppo della Mente Altruistica di Bodhicitta.
Questa Bodhicitta ha due aspetti. Un aspetto ULTIMO, nel quale l’individuo desidera raggiungere la propria Illuminazione per mezzo della realizzazione della Vacuità dei fenomeni e del proprio Io. L’aspetto CONVENZIONALE invece è quel sentimento che desidera il beneficio di tutti gli esseri senzienti, motivato dalla GRANDE COMPASSIONE per essi.
Lo sviluppo della Compassione si basa per un verso su di un sentimento di affetto e simpatia nei confronti degli altri, per un altro verso invece si basa sulla constatazione che così come noi non vogliamo soffrire, allo stesso modo anche gli altri esseri senzienti non lo desiderano.
La Bodhicitta dunque RIASSUME IN SE tutto il sentiero buddhista sia nella FASE PRELIMINARE del sentiero comune dei Sutra, sia nella FASE DI COMPLETAMENTO del sentiero Tantrico, nel quale la CONCENTRAZIONE UNIVOCA ( Shamata o Shinè) su di un unico oggetto è unita alla SPECIALE VISIONE INTERIORE ( Vipassana o Laktong ).
Spiegazione della Rinuncia:
Sicuramente tutti noi vogliamo essere liberi dalla sofferenza, tuttavia se non generiamo una SINCERA ASPIRAZIONE alla liberazione, non riusciremo mai ad eliminare tale sofferenza.
Questa aspirazione si sviluppa solo comprendendo la natura sofferente di questa esistenza condizionata.
La rinuncia dunque si realizza comprendendo che l’attaccamento ai piaceri mondani si rivela alla fine solo causa di sofferenza, in quanto tutte le cose sono impermanenti.
Inoltre tale rinuncia si realizza anche meditando sulla MORTE e sulla fragilità di questa vita umana.
DAL: “ FONDAMENTO DI OGNI REALIZZAZIONE”
Il Maestro è il fondamento di ogni realizzazione perché incarna in Dharma.
Un vero Maestro deve aver domato la propria mente attraverso la pratica dei TRE ADDESTRAMENTI SUPERIORI ovvero, MORALITA’, MEDITAZIONE E SAGGEZZA.
Si dice anche che il Maestro deve avere una MENTE PACIFICATA, RIAPPACIFICATA ED ANCORA PACIFICATA proprio in relazione a questi tre addestramenti.
Il Maestro deve essere in possesso di queste tre qualità:
PUREZZA: Riferita alla condotta morale
ERUDIZIONE: Riferita alla sua conoscenza
BONTA’: Riferita al suo buon cuore e amorevole gentilezza
Il discepolo inoltre deve continuamente analizzare le qualità generali del suddetto Maestro e verificare se ciò che dice lo mette anche in pratica. Solo alla fine di tale verifica si può generare la DEVOZIONE. Aspetti di tale devozione sono OFFRIRE IL PROPRIO RISPETTO, OFFRIRE COSE MATERIALI, OFFRIRE LA PROPRIA PRATICA COSI’ COME LUI L’HA INSEGNATA. Quest’ultimo aspetto è decisamente il più importante.
venerdì 22 ottobre 1999
Riassumendo possiamo dire che l’insegnamento del Buddha può essere riassunto in due punti. La CONDOTTA NON VIOLENTA e la VISIONE DELL’INTERDIPENDENZA.
Il fattore che motiva la condotta è la comprensione del fatto che così come noi non vogliamo soffrire, allo stesso modo anche gli altri esseri senzienti non vogliono soffrire. Il fattore che motiva la Corretta Visione dell’Interdipendenza è il fatto che la nostra felicità dipende da quella degli altri.
Inoltre condotta non violenta non vuol dire solo astenersi dal fare del male, ma sforzarsi per quanto ci è possibile di fare del bene.
Ritornando testo, durante la Meditazione, per verificare le qualità del Maestro, si procede visualizzando il Maestro sulla cima del capo e poi si alterna la pratica della concentrazione con la pratica dell’analisi.
La DEVOZIONE al Guru, costituisce dunque un’ ESORTAZIONE alla pratica, mentre la VALORIZZAZIONE DELLA PREZIOSA ESISTENZA UMANA, costituisce il metodo col quale si deve procedere.
Quando si parla di preziosa esistenza umana non ci si riferisce a tutte le condizioni di esistenza, ma bensì a quella esistenza dotata di tutte le LIBERTA’ ED OTTENIMENTI che favoriscono la pratica del Dharma.
Inoltre dicendo che questa vita umana si ottiene una volta sola ci si riferisce specificamente alla Preziosa Vita Umana.
In riferimento alla consapevolezza della morte, in questo meditazione si prende in esame un ASPETTO GROSSOLANO dell’IMPERMANENZA. L’aspetto SOTTILE invece si riferisce all’impermanenza istantanea.
Dunque la consapevolezza della morte è molto importante, perché senza di essa butteremo via la nostra vita in attività senza senso. Alcuni, soprattutto qui in occidente non vogliono neanche sentire parlare della morte, perché questo suscita in loro paura. Ma la meditazione sulla morte invece non ha lo scopo di suscitare questo sentimento, bensì quello di sviluppare la forte determinazione a rendere significativa la propria vita.
Noi esseri umani sprechiamo la nostra vita in virtù di queste tre credenze:
1. Consideriamo permanente ciò che in realtà è impermanente
2. Consideriamo come puro il nostro corpo, quando in realtà esso è impuro a causa delle numerose sofferenze che lo pervadono.
3. Consideriamo come esistente il sé intrinseco quando invece questo sé è vuoto di esistenza intrinseca.
Se durante la vita ci abitueremo a meditare sulla morte, e sul processo di assorbimento degli elementi che avverrà nel nostro corpo durante questo momento, poi quando la morte arriverà veramente, essa non ci troverà impreparati. Addirittura, alcuni Maestri quando arriva il momento della loro morte sono contenti perché possono finalmente sperimentare ciò che hanno meditato per una vita intera.
Si può quindi dire che al momento della morte il praticante di livello superiore sarà contento, il praticante di livello medio non avrà nessuna paura, mentre il praticante di livello inferiore, non avrà nessun rimpianto.
Consapevoli della morte, dovremo anche pensare che tutte le azioni compiute in vita hanno lasciato delle IMPRONTE sulla nostra coscienza, che nella vita successiva produrranno i loro effetti, simili in natura alle loro cause.
Possiamo ad esempio spiegare questa cosa con un esempio. Se alla sera, prima di andare a letto, abbiamo la preoccupazione di prendere un mezzo di trasporto il giorno dopo, l’indomani mattina è facile che ci sveglieremo spontaneamente all’ora alla quale avevamo deciso di svegliarci. Questo dunque sarà l’effetto della causa lasciata nella nostra coscienza la sera prima.
Le contemplazioni sulla Preziosità della vita umana e sul Karma costituiscono la MOTIVAZIONE del PRATICANTE INFERIORE, di colui cioè che desidera rinascere nella prossima vita in una condizione di esistenza favorevole. Il praticante di questo livello è uno che ha già preso Rifugio nei Tre Gioielli.
A proposito del Rifugio, bisogna dire che innanzitutto bisogna prendere Rifugio nel DHARMA, quindi in BUDDHA cioè colui che l’ha realizzato per primo, ed infine nella Comunità dei Praticanti cioè il SANGHA.
Abbiamo già detto che per DHARMA si intende la verità della CESSAZIONE e del SENTIERO, che nel Continuum di un Essere Illuminato si manifesta come COMPLETA FRUIZIONE DEGLI ASPETTI VIRTUOSI della sua mente. Questa esperienza è dunque la base per la spiegazione dei QUATTRO CORPI DEL BUDDHA che sono:
1) SVABAVAKAYA: Corpo del Completo Abbandono
2) DHARMAKAYA: Corpo di Verità che nasce dall’Accumulazione di Saggezza.
3) SAMBOGAKAYA: Corpo di Fruizione, che costituisce l’Accumulazione di Meriti che scaturisce a sua volta dall’accumulazione di Saggezza.
1. NIRMANAKAYA: Corpo di Emanazione, cioè come un Buddha si manifesta ai suoi discepoli.
I primi due corpi si dice siano necessari all’Essere Illuminato per essere di BENEFICIO A SE STESSO, gli altri due corpi invece servono al Buddha per essere di BENEFICIO AGLI ALTRI.
Quando nel testo, leggiamo che i PIACERI DEL SAMSARA NON SONO SODDISFACENTI ci si riferisce all’azione della IMPERMANENZA SOTTILE per la quale tutte le nostre esperienze piacevoli mutano di continuo ed infine spariscono del tutto.
Le esperienze ordinarie che noi percepiamo come piacevoli e che pensiamo siano la vera felicità, sono dunque solo delle ESPERIENZE ILLUSORIE, perché analizzandole bene scopriamo che esse ci appaiono piacevoli solo IN CONTRASTO ALLA SOFFERENZA. La sofferenza invece, facendo parte della natura contaminata dei nostri aggregati, è una ESPERIENZA REALE.
Possiamo dunque formulare quelli che vengono chiamati I QUATTRO SIGILLI DELLA DOTTRINA ovvero:
1. TUTTI GLI AGGREGATI SONO IMPERMANENTI
2. TUTTI GLI AGGREGATI CONTAMINATI, SONO CAUSA DI SOFFERENZA
3. TUTTI GLI AGGREGATI SONO PRIVI DI UN SE’
4. IL NIRVANA E’ PACE
SVILUPPO DI BODHICITTA:
Per sviluppare Bodhicitta ci sono due sistemi. Uno è il sistema delle SETTE CAUSE ED UN EFFETTO, l’altro è quello di SCAMBIARE SE STESSO CON GLI ALTRI.
Metodo delle SETTE CAUSE ED UN EFFETTO:
Per ottenere l’effetto della Bodhicitta cioè l’ASPIRAZIONE A RAGGIUNGERE L’ILLUMINAZIONE PER IL BENEFICIO DI TUTTI GLI ESSERI SENZIENTI, è chiaro che bisogna creare delle cause. Queste cause sono le seguenti:
1. EQUANIMITA’: Cioè quella tendenza a considerare tutti gli esseri nello stesso modo, senza discriminare tra amici, nemici e persone indifferenti.
2. Nelle nostre innumerevoli vite sicuramente ciascuno degli esseri senzienti sono stati NOSTRE MADRI
3. Riconoscere la GENTILEZZA DELLE NOSTRE MADRI passate, allo stesso modo come noi ora riconosciamo la gentilezza della madre di questa vita
4. Generare AMORE per queste madri
5. Riconoscere LA SOFFERENZA PATITA DA ESSE
6. Generare la COMPASSIONE PER ESSE
7. Generare il DESIDERIO DI LIBERARE QUESTE MADRI DALLA LORO SOFFERENZA.
IL secondo sistema si chiama SCAMBIARE SE STESSI CON GLI ALTRI e si riferisce alla consapevolezza del fatto che così come io stesso non desidero soffrire ed invece desidero la felicità, allo stesso modo tutti gli altri Esseri Senzienti desiderano essere liberi dalla sofferenza ed ottenere la felicità.
sabato 23 ottobre 1999
Dopo aver generato la Mente di Bodhicitta, bisogna però addestrarsi nella TRIPLICE MORALITA’ ovvero:
1. ASTENERSI DALLE AZIONI NEGATIVE cioè rispettare i dieci precetti
2. PRATICARE AZIONI VIRTUOSE cioè l’unione della meditazione concentrativa e della meditazione analitica o visione profonda.
3. AGIRE PER IL BENEFICIO DI TUTTI GLI ESSERI SENZIENTI
I dieci precetti si suddividono in tre per il Corpo, quattro per la Parola e tre per la Mente:
1. NON UCCIDERE
2. NON RUBARE
3. NON AVERE CONDOTTA SESSUALE SCORRETTA
4. NON MENTIRE
5. NON INSULTARE
6. NON CREARE DISCORDIA
7. NON PARLARE A VANVERA O FARE PETTEGOLEZZO
8. NON ESSERE AVIDO
9. NON ESSERE MALEVOLENTE
10) NON AVERE VISIONI ERRATE (Cioè credere nel Karma, nella Rinascita e nella Liberazione)
Per quanto riguarda la MEDITAZIONE CONCENTRATIVA, bisogna innanzitutto PACIFICARE LE DISTRAZIONI verso OGGETTI ERRONEI cercando invece di spostare la mente sull’OGGETTO UNIVOCO prescelto. Durante questa meditazione bisogna evitare l’ECCITAZIONE oppure al contrario IL TORPORE, cercando di utilizzare gli ANTIDOTI opportuni. Nel caso insorgesse l’eccitazione bisogna meditare sulla IMPERMANENZA e sulla MORTE. Nel caso del torpore invece bisogna utilizzare altri metodi (Sua Santità non li ha elencati, N.D.R. )
Per applicarsi nella concentrazione è necessario cambiare il proprio stile di vita, come ad esempio andare a letto presto la sera, oppure evitare di mangiare alla sera.
Una volta sviluppata la concentrazione univoca (SHINE’ in Tibetano o SHAMATA in Sanscrito), bisogna applicare tale concentrazione all’analisi della realtà ultima dei fenomeni e del proprio sé (LAKTONG in tibetano o VIPASSANA in Sanscrito).
Per comprendere a livello intellettuale la VACUITA’ non è indispensabile aver generato la CALMA DIMORANTE ( che nasce al nono stadio della concentrazione univoca). Al contrario tale calma dimorante è indispensabile per realizzare la vacuità a livello di VISIONE ESPERIENZIALE.
Nel caso del sentiero comune dei SUTRA e fino alla prima classe dello YOGA-TANTRA, la CHIAREZZA DELL’OGGETTO viene ottenuto per mezzo della MEDITAZIONE ANALITICA. Nei casi invece del SUPREMO YOGA TANTRA e per i sentieri del MAHAYOGA, ANUYOGA ed ATIYOGA, la Vacuità dell’oggetto viene INDOTTO dal POTERE DELLA CONCENTRAZIONE, come se il soggetto (cioè lo Yogi) affinasse la propria percezione in modo penetrante all’interno dell’oggetto stesso.
Ritornando alla concentrazione univoca, bisogna dire che è molto difficile raggiungere la calma dimorante concentrandosi subito sulla Vacuità. E’ necessario dunque in fase iniziale concentrare la propria attenzione su oggetti come la natura della nostra mente oppure visualizzando davanti a noi la forma di un Buddha.
Più piccolo è l’oggetto prescelto e più potente sarà la concentrazione. Meglio ancora se l’oggetto visualizzato è luminoso.
Per quanto riguarda la concentrazione sulla mente, bisogna in primo luogo FERMARE LE CONCETTUALIZZAZIONI. A questo punto incominceremo a percepire le qualità di CHIAREZZA E PERCEZIONE della nostra mente. Su questi due aspetti poi svilupperemo la concentrazione.
A proposito della credenza nell’esistenza intrinseca, possiamo dire che in riferimento ad un oggetto piacevole dei sensi, intervengono due tipi di ignoranza. La prima ignoranza è quella contenuta nel nostro continuum mentale, per il quale percepiamo spontaneamente quell’oggetto come piacevole. Il secondo tipo di ignoranza invece è quella che si afferra a quell’oggetto piacevole come esistente di per se e per la quale noi generiamo attaccamento.
Il praticante che ha realizzato l’assenza di esistenza intrinseca, quando si troverà di fronte all’interdipendenza di un fenomeno, sarà indotto a vederne la sua vacuità.
Viceversa, quando si troverà ad analizzare la vacuità di un fenomeno, ne troverà la sua dipendenza da cause e condizioni.
In essenza, comprendere la vacuità dei fenomeni è COMPRENDERE LA LEGGE DI CAUSA ED EFFETTO.
(Tornando al testo “ Il fondamento di ogni realizzazione”)
Una volta che ci siamo addestrati bene nel sentiero comune dei Sutra, si può accedere al sentiero dei Tantra, nel quale Metodo e Saggezza sono UNITI IN UN SINGOLO ISTANTE DI COSCIENZA.
PRATICA EFFETTIVA DEL TANTRA:
Da uno stato meditativo iniziale nel quale ci siamo generati nella vacuità, passiamo ad immaginarci come una divinità. Sulla base di questa visualizzazione pura che incarna ogni virtù, si realizza la vacuità della visualizzazione stessa. Questo metodo incarna dunque l’unione di Metodo e Saggezza in una unica mente.
La presente trascrizione non vuole avere la pretesa di sostituirsi alle parole originali di Sua Santità il Dalai Lama, ma vuole semplicemente essere un riassunto di tali Insegnamenti.
Chiediamo scusa per le inevitabili interruzioni nella continuità del discorso e per l’elaborazione eccessivamente sintetica di alcune parti del suddetto testo.