Secondo discorso tenuto da S.S. il XIV Dalai Lama del Tibet durante le celebrazione per il Suo 80° genetliaco al tempio di Dharamsala, il 21 giugno 2015. Prima parte.
Generalmente, quando mi rivolgo ad un pubblico, non uso mai termini che indicano la posizione sociale, politica e così via, ma mi rivolgo dicendo semplicemente “fratelli e sorelle”, ora qui mi rivolgo a voi chiamandovi “fratelli e sorelle”. Oggi, questo “vecchio” di ottant’anni, compie esattamente ottant’anni secondo il calendario tibetano. A questo evento avete voluto dare molta importanza e pertanto proprio oggi sono arrivate qui, di proposito, molte persone da lontano: alcuni sono nostri conoscenti, amici che di solito si interessano e sono impegnati nel problema tibetano; non solo, ci sono anche molti importanti Lama, abati ed ex-abati di molti monasteri.
Molti di voi sono già anziani e perciò è stato faticoso venire qui; tuttavia per l’affetto e l’amicizia che provate, avete affrontato con gioia le difficoltà connesse al viaggio e siete oggi qui riuniti insieme. Per esempio, quella persona italiana (Marco Pannella) è anziano, ma comunque si è fatto coraggio ed è arrivato qui oggi. Noi siamo molto amici e, a volte, quando non condividiamo le stesse idee, discutiamo animatamente e, in qualche occasione, lui mi ha persino detto “Mi vien voglia di morsicarti!” Allora immaginatevi…ha una bocca proprio grande, se mi morsicasse…penso che….mi vien da ridere! Comunque tutti voi siete riuniti qui oggi, poi ci sono anche delle personalità politiche indiane come il Primo Ministro (Governatore) dello stato dell’Arunachal Pradesh (Stato al nord-est dell’India in cui vive una comunità di tibetani e anche la popolazione Mon, tradizionalmente buddhista e molto vicina culturalmente ai tibetani.).
Vi ringrazio per tutti i vostri discorsi, nei quali mi avete trasmesso il vostro affetto ed un senso di intimità. Voglio anche ringraziare i tibetani delle tre province, gli artisti del TIPA (Tibetan Insitute of Performing Arts) e anche i diversi gruppi di studenti che hanno eseguito canzoni e danze! Le danzatrici della regione di Ngari (Tibet occidentale) indossavano dei ‘copri- fianchi’ in pelliccia…se fosse inverno, sarebbe un indumento molto comodo, ma con questo caldo…ho pensato che probabilmente sentivate molto caldo!
Tutti voi mi avete lodato: comunque, in essenza, sono semplicemente un ghelong (monaco completamente ordinato), un discepolo di Buddha Shakyamuni! Ciò che è più importante da lodare sono gli insegnamenti del “profondo” e del “vasto” dati da Buddha e trasmessi nel lignaggio della gloriosa università monastica del Nalanda. Per “profondo” si intende la visione della vacuità, ossia la visione della mancanza del sé (mancanza di esistenza inerente o intrinseca) e per “vasto” si intende la mente altruistica di ‘bodhicitta‘. Questi due aspetti del Buddha-Dharma li considero come la mia pratica del cuore (la mia pratica principale). Il risultato di averli praticati per molti anni è un modo di pensare straordinario. Mentalmente sono straordinariamente rilassato, sereno. Quanto più si coltiva il pensiero di beneficiare gli altri, tanto più si riduce lo stress mentale. Analogamente, per quanto riguarda l’aspetto “profondo”, quanto più si ha il feeling della mancanza del sè, tanto più la forza dell’avversione e dell’attaccamento si sgonfia come un pallone.
In questo vita questo è ciò che ho studiato e, sulla base del quale, ho praticato. La poca esperienza che ho sviluppato in questo modo si può riassumere così: tutti noi, i circa 7 miliardi di esseri umani viventi su questa terra, siamo uguali, al di là della nostra appartenza religiosa, nel desiderare la felicità e nell’aborrire la sofferenza. Nonostante questo, il nostro desiderio e molte delle pene che proviamo sono state prodotte da noi stessi. Questo è un qualcosa di pressoché incredibile, ma vero! Tutti noi non vogliamo soffrire (provare dolore), ma allo stesso tempo siamo noi stessi gli artefici di molti dei nostri problemi. Come mai?
Nonostante l’intelligenza di cui noi tutti siamo provvisti, se siamo dominati da una mente non controllata saremo rovinati entrambi: sia noi stessi che gli altri. Se invece questa stessa nostra intelligenza è associata ad un sincero altruismo (interesse per gli altri) diventerà d’aiuto per tutti: per noi stessi e per gli altri. Di questo sono convinto al cento per cento!
Mi considero semplicemente una persona ordinaria, uno dei sette miliardi di persone del mondo. Non mi considero ‘superiore’. Voi dite che sono l’Arya Cenresig. Non sono assolutamente l’Arya Cenresig. Infatti, non ci vedo bene e mi fanno male le ginocchia. Sono semplicemente uno tra i sette miliardi di persone che vivono su questa terra. Siamo tutti uguali nell’essere fatti di carne ed ossa e nell’avere afflizioni mentali! Se, però, una tale persona pensa, riflette e si sforza, può cambiare. Uno come me, uno dei sette miliardi di persone, usando la propria intelligenza, riflettendo e combinando intelligenza e buon cuore può notare come la propria vita si trasformi. Di conseguenza, dovunque vada, qualsiasi persona incontri, mi relaziono a lei, un altro essere umano, sulla base di cosa provo, un essere umano.
Questa mia esperienza deriva dalla pratica buddhista. In questo mondo ci sono molte persone che aderiscono alle molte e diverse tradizioni religiose e ci sono anche molte persone atee, che non accettano alcuna religione. Ma cos’è quella cosa che è presente in tutti? È l’essere stati nutriti dall’amore materno sin dall’infanzia. Di conseguenza, tutte le persone del mondo, anche le peggiori, in fondo al cuore mantengono un pò di quell’amore materno che li ha tenuti in vita sin da piccoli. Al giorno d’oggi, anche gli scienziati riconoscono l’importanza della serenità mentale per avere un corpo sano.
Il fattore cruciale per avere una mente serena è, prima di tutto, capire ciò che la disturba. Essa non è impedita dalla temperatura esterna, e neanche dagli atteggiamenti della gente che ci sta intorno! Ciò che veramente disturba la nostra pace mentale sono lo stress, la paura, l’ansia, il sospetto, l’antipatia per gli altri: fattori che sono presenti nella nostra mente. Non stiamo qui parlando della prossima vita, non stiamo parlando del paradiso o di qualsiasi altro obiettivo presentato nelle diverse tradizioni religiose. Qui stiamo parlando di questa stessa vita presente, del fatto che tutti desideriamo essere felici e non desideriamo soffrire. La causa principale per essere felici risiede nel riconoscere ciò che disturba la pace mentale. Ciò che ostacola una mente serena, non può essere eliminato recitando preghiere: anche volendoci provare non ci si riuscirebbe! Ciò che ostacola non può essere eliminato supplicando qualcun altro di proteggerci e/o di benedirci. Per esempio, se si potessero eliminare le sofferenze in quel modo, cioè attraverso le benedizioni degli oggetti di rifugio, parlando dal punto di vista buddhista, tutti noi dovremmo essere perennemente felici e nessuno di noi dovrebbe più soffrire, dato che ci sono innumerevoli Buddha e Bodhisattva; ma come possiamo constatare, ciò non serve!
Gli insegnamenti buddisti sono in sintonia con la realtà ed infatti nel “Commentario alla Collezione di Aforismi” (Udana-varga-vivarana) si dice:
I Muni (i Buddha) non lavano via le negatività con l’acqua, non tolgono la sofferenza degli esseri con la mano,
non trasferiscono le loro realizzazioni agli altri:
gli esseri vengono liberati
per mezzo dell’insegnamento della vera realtà.
I Buddha non rimuovono le sofferenze degli esseri con le loro mani, e le cause di queste sofferenze non possono essere lavate con l’acqua, il Buddha non può neanche darci, come si fa, per esempio, con un regalo, le realizzazioni presenti nella sua santa mente. Buddha ci ha insegnato come funziona la nostra mente e quindi noi dobbiamo comprendere da un lato come funziona la nostra mente e dall’altro cos’è la realtà.
Al giorno d’oggi, le scoperte di alcuni brillanti scienziati, specializzati nella fisica quantistica, sono in sintonia con la visione della mancanza del sé proclamata da Buddha e con alcune delle asserzioni della scuola filosofica buddhista Cittamatra, che enunciano il principio della ‘certezza della simultaneità dell’osservazione‘. Secondo questo principio, il blu e la mente che lo apprende non sono entità sostanziali diverse. In altre parole, finché esiste la coscienza che apprende il blu, esso esiste e quando la mente che apprende il blu cessa, anche il blu smette di esistere. Nella fisica quantistica si parla di principi molto, molto simili. Questi concetti sono molto utili.
Come funziona la nostra mente? Cosa succede quando ci arrabbiamo? Dal punto di vista buddhista si dice che, di base, ci sono le proiezioni della credenza nella vera esistenza (delle persone e dei fenomeni) che a loro volta sprigionano false idee, queste, a loro volta, causano i pensieri di attaccamento e di avversione. Gli scienziati che si applicano a simili concetti, arrivano a conclusioni molto simili. Per prima cosa, si considerano i fenomeni come esistenti di per sé, in virtù del proprio potere; poi, di conseguenza, sorgono false idee che esagerano la realtà ed infine, queste ultime provocano attaccamento ed avversione.
Tutto questo non ha a che vedere con la religione, è un qualcosa di rilevante per tutte le persone. Ognuno dei sette miliardi di esseri che vivono su questo mondo ha la capacità di eliminare le sofferenze presenti nella sua mente. Quello che sto cercando di fare è di spiegare, sulla base della mia esperienza, come funzionano questi meccanismi mentali. Per esempio, cos’è che causa la nostra avversione ed il nostro attaccamento? E quali sono i suoi rimedi? Non sono forse i pensieri d’amore ed empatia? Non si tratta di spiegare, ma diciamo piuttosto che condivido la mia esperienza con gli altri.
Non ho benedizioni da offrire: quello che posso fare è rendere gli altri partecipi delle conclusioni cui sono arrivato sulla base dell’esperienza. Non voglio adottare l’approccio rigido e vincolante legato al fatto che sono un “buddhista”, un “praticante tibetano”, una “persona spirituale”. Parto invece dal principio che tutti i sette miliardi di esseri su questa terra sono dotati, in ugual misura, di intelligenza e capacità analitica e, di conseguenza, se glielo si fa presente, se ne possono rendere conto e le possono usare. Nel caso di molti scienziati, per esempio, non sono credenti o interessati alla religione, ma, quando si spiegano loro i legami esistenti tra il modo di pensare e il benessere fisico e mentale, quando discutiamo di queste cose, si rendono conto che sono osservazioni realistiche, dimostrabili e, quindi, le prendono in simpatia.
Tradotto dal tibetano a Dharamsala da Mariateresa Bianca con l’aiuto di Sherab Dhargye. Rivisto dalla monaca italiana, Gestul-ma Tenzin Oejung. Editing del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per i possibili errori ed omissioni.