5 S. S. Dalai Lama: Commentario alla “Ghirlanda delle visioni”.

Sua Santità il Dalai Lama: Tutti i fenomeni sono manifestazioni della mente innata di chiara luce.

5 – Sua Santità il Dalai Lama: Commentario alla “Ghirlanda delle visioni.

Questo insegnamento è stato conferito da Sua Santità il Dalai Lama dal 19 al 21 Settembre 2004 a Miami, Florida, USA. Traduzione dal tibetano in inglese di Thubten Jinpa. Trascritto, annotato e curato da Phillip Lecso. Traduzione dall’inglese in italiano ed editing del Dott. Luciano Villa al Centro Studi Tibetani Sangye Cioeling di Sondrio, il cui nome è stato conferito da Sua Santità il Dalai Lama. Revisione dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto“Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Quinta parte.

Sua Santità il Dalai Lama

Cap. 11: Il decimo potere del Buddha è la conoscenza illimitata, infinita.

40 Che per la potenza della sua onniscienza,

Le contaminazioni e le loro tendenze vengano immediatamente rimosse

E che i suoi seguaci con la loro saggezza arrestino le contaminazioni.

Questa prospettiva o modo di distinguere tra le due contaminazioni è molto diversa dal punto di vista che percepisce come diversi l’attaccamento al sè dei fenomeni e l’attaccamento al sé dell’esistenza inerente della persona.

Come spiegato nelle Scritture, per il raggiungimento di tale obiettivo finale, che è la piena illuminazione del Buddha, ci sono due veicoli. Uno è il veicolo della Perfezione del Sutra e l’altro è il Vajrayana o Veicolo Indistruttibile. All’interno del Vajrayana, come discusso ieri, ci sono tre divisioni identificate in questo testo. Queste sono il Kriya Tantra o Tantra dell’Azione, l’Ubhaya Tantra ed il Tantra Yoga.

Il Veicolo degli Uditori e quello degli Auto-realizzzatori o Realizzatori solitari, che sono stati discussi ieri, sono i veicoli principali per il raggiungimento della liberazione dall’esistenza ciclica. In relazione ai tre veicoli, degli uditori, degli Auto-realizzatori o Realizzatori solitari e dei Bodhisattva, ci sono alcuni sutra in cui il Buddha afferma esplicitamente che questi tre veicoli costituiscono i veicoli finali in se stessi. In altre parole, quello degli Sravaka o Veicolo degli Uditori costituisce il percorso finale per alcuni individui per i quali è più adatto. La realizzazione finale di quello degli Auto-realizzatori o Realizzatori solitari costituisce il raggiungimento finale per alcuni individui ed allo stesso modo per il veicolo del Bodhisattva. Tuttavia, in altri sutra, il Buddha afferma che il veicolo degli Uditori e quello dei Realizzatori Solitari non costituiscono un veicolo finale o del conseguimento finale, perché, anche chi raggiungerà l’illuminazione tramite il veicolo degli Uditori e quello dei Realizzatori solitari, dovrà alla fine entrare nel veicolo del Bodhisattva. Tutti gli esseri, in definitiva, raggiungono la Buddità. Anche all’interno degli insegnamenti dello stesso Buddha Sakyamuni si trovano queste dichiarazioni contrastanti in relazione a questi tre veicoli. Questo sottolinea il punto che ho menzionato ieri: che il Buddha ha presentato i suoi insegnamenti in risposta alle esigenze dei singoli individui. Per alcuni esseri, un certo insieme di insegnamenti è più efficace e vantaggioso, mentre per altri lo è un altro insieme di insegnamenti.

Questo approccio di adattare il messaggio del Buddha, in risposta alle singole inclinazioni e contesti è stato continuato dai successivi maestri indiani. Ad esempio, nei cinque Trattati di Maitreya, l’Ornamento del Sutra Mahayana, Maitreya insegna il punto di vista in cui i tre veicoli sono presentati come i veicoli finali in sè stessi. Tuttavia, nel suo Uttaratantra o Ratnagotravibhaga, Il Sublime Continuum, Maitreya presenta il punto di vista opposto, dove i primi due veicoli non costituiscono dei veicoli finali e il Veicolo del Bodhisattva è il veicolo finale. Allo stesso modo, negli scritti di Asanga, nel suo commentario all’Uttaratantra di Maitreya o Sublime Continuum, spiega gli insegnamenti di Maitreya soprattutto dal punto di vista della Scuola della Via di Mezzo o Madhyamika. Tuttavia, nel suo testo “Il Bodhisattvabhumi o “I livelli del Bodhisattva”, egli adotta la posizione della Scuola Cittamatra o Yogacharia come presentato nel Sutralamkara. Quindi, anche negli scritti di un maestro indiano, si possono trovare presentati diversi punti di vista.

Ora, per tornare al testo, ieri abbiamo finito la sezione che spiega il Kriya Tantra o Tantra dell’azione. Ora la seconda classe del tantra è il veicolo Ubhaya Tantra dove Ubhaya indica un cammino riferito sia all’attività esterna dei rituali e così via, sia alla meditazione interiore.

Il testo recita: Il punto di vista di coloro che sono entrati nel veicolo dell’Ubhaya Tantra è il seguente. Sebbene, a livello ultimo, non vi sia originazione o cessazione, a livello convenzionale ci si visualizza nella forma di divinità. Questo è lo stesso procedimento come nel Kriya Tantra.

Il testo continua: “Questo è coltivato in base sia alla pratica dell’assorbimento meditativo di quattro aspetti nonché dei necessari articoli e condizioni rituali”. Nella frase “l’assorbimento meditativo è dotato di quattro aspetti,” ecco che nel commentario di Jamgon Kongtrul i quattro aspetti sono identificati in due modi. Il primo identifica i quattro aspetti di: essere la vacuità di se stessi (il praticante), la vacuità della divinità (l’oggetto della meditazione), la vacuità della ripetizione del mantra e la vacuità della visualizzazione effettiva della meditazione. Nel secondo modo, egli afferma che questi quattro aspetti possono essere anche intesi come riferiti: al suono (il mantra), la mente (lo stato meditativo), l’auto-generazione di se stessi come divinità e la generazione degli altri (la generazione frontale della divinità). Quindi, la frase “l’assorbimento meditativo è dotato di quattro aspetti” si riferisce a questi aspetti. È attraverso la combinazione degli assorbimenti meditativi con la dipendenza dalle condizioni esterne, come i rituali, che si ottiene questa particolare forma di yoga.

Jamgon Kongtrul, nel suo commentario, prosegue spiegando che, anche se in alcuni testi si è menzionata come Kriya Tantra la pratica di visualizzazione nella forma esclusiva di generazione frontale, visualizzando la divinità di fronte a se stessi e chiedendone le benedizioni, in questa forma non c’è una pratica di generare sè stessi come una divinità, ma egli spiega che questo deve essere inteso in termini di differenze tra le pratiche secondarie e principali del Kriya. Nella pratica principale di meditazione Kriya Tantra, certamente si deve meditare per generare sè stessi come una divinità. Nelle pratiche secondarie di Kriya Tantra yoga della divinità, le benedizioni assumono la forma di visualizzazione frontale della divinità, da cui si visualizza quindi di ricevere benedizioni. Ma la pratica dello yoga della divinità principale del Kriya Tantra deve contenere una pratica in cui il praticante si genera nella divinità.

Questo è in accordo con la spiegazione del Kriya Tantra che trovate altrove, dove vi è una identificazione con le sei forme di meditazione sullo yoga della divinità nel Kriya Tantra. Questi includono la vacuità: della divinità, del suono, della lettera, della forma, del sigillo e del segno. Nella tradizione tibetana ci sono molte pratiche di meditazione, meditazioni sullo yoga della divinità che appartengono alla categoria Kriya Tantra o Tantra dell’azione. Tuttavia, con riferimento alla seconda classe di tantra, che è il Charya Tantra o dell’azione, a parte Vairocana-Abhisambodhi, ci sono pochissime pratiche [Charya Tantra] dello yoga della divinità nella tradizione tibetana. Mi è stato detto che in Giappone ci sono numerose pratiche Charya Tantra comprese le pratiche Vairochana-Abhisambodhi e Vajradhatu. Queste due sono molto importanti nella tradizione tantrica giapponese, il lignaggio venuto dalla Cina.

Più avanti è illustrato il veicolo Tantra Yoga, ed il testo recita: Il punto di vista di coloro che sono entrati nel veicolo di Yoga Tantra è duplice: 1) la visione dello yoga esterno, il tantra dei saggi e 2) la visione dello yoga interno, il metodo tantra. La distinzione tra i due yoga, yoga interno ed esterno, viene effettuata sulla base del metodo dei loro praticanti. Nel caso dello yoga esterno, a differenza del Kriya e Ubhaya Tantra, qui l’enfasi è principalmente sullo yoga interiore di concentrazione mentale e sulla non dipendenza dalle condizioni esterne, come rituali, oggetti e così via. Tuttavia, in comune con gli altri due tantra inferiori, nello yoga esteriore si utilizzano ancora le condizioni esterne, come i rituali e degli oggetti, comprese le pratiche di purificazione, ma l’enfasi principale è sull’yoga interiore di assorbimento meditativo. La differenza è che nello yoga esteriore, lo stato o livello di mente, che viene utilizzato per il proprio assorbimento meditativo, rimane sul livello grossolano di coscienza.

Nello yoga interiore, non solo il praticante è totalmente indipendente dal doversi affidare su mezzi esterni, come le pratiche rituali e così via, ma anche il livello mentale che viene utilizzato per l’assorbimento meditativo è più sottile. È quindi indicato come il metodo del tantra che si riferisce ai metodi ed alle tecniche usate nel determinare l’esperienza del livello sottile della coscienza. Tali metodi includono le pratiche yogiche di focalizzazione sui canali, i venti di energia o prana e le gocce di Bodhicitta. È attraverso l’impiego di questi metodi che il praticante determina l’esperienza del livello più sottile di coscienza che viene poi utilizzata per impegnarsi in assorbimenti meditativi. Quindi la differenza tra lo yoga esterno ed interno è realizzato sulla base del fatto che il livello di mente utilizzato nell’assorbimento meditativi è grossolano o sottile.

Nel commento di Jamgon Kongtrul egli afferma esplicitamente che è solo nello yoga interiore che si trova l’approccio ai due stadi di generazione e di completamento. Ciò fornisce al praticante un metodo completo per realizzare la realizzazione dei due corpi di un Buddha, il corpo della Forma o Rupakaya ed il Corpo di Verità o Dharmakaya. Quindi spiega che in molte scritture Vajrayana ci sono dichiarazioni esplicite per cui, soltanto basandosi sulle pratiche presentate negli insegnamenti unici di Tantra Yoga o Anuttarayoga Tantra, si può raggiungere la piena illuminazione del Buddha. Così le pratiche di Yoga Tantra sono indicate come il più alto yoga o anuttara o yoga insuperabile in quanto sono insuperabili, nel senso che è solo in questi insegnamenti che si trova il metodo completo o il percorso per il conseguimento del Dharmakaya e Rupakaya. La ragione di questo è che è solo negli insegnamenti del più alto Tantra Yoga che gli insegnamenti vengono spiegati al punto di poter utilizzare la mente innata di chiara luce, l’onnipresente mente innata, trasformandola in percorso.

Molti dei livelli più grossolani della mente siano accidentali o occasionali, non durano. Essi sorgono e poi cessano di esistere, fluttuando in modo che siano occasionali ed accidentali. Lo yoga che si coltiva con i livelli più grossolani della mente, pertanto, non può essere duraturo, così quindi è incompleto. Affinché lo yoga finalizzato alla realizzazione dei due corpi di un Buddha sia esaustivo e pienamente efficace, lo yoga deve avvenire al livello più sottile della coscienza denominato mente innata di chiara luce. E’ solo nei più alti testi di Yoga che vengono spiegati i metodi per trasformare la mente innata di chiara luce nell’aspetto del percorso. Pertanto, queste pratiche sono indicate come lo yoga, che significa l’unione indivisibile di metodo e saggezza. Sono anche indicate come anuttara, nel senso che sono insuperabili, perché è solo nel più alto insegnamento dello Yoga che si trova il metodo per realizzare, in un assorbimento meditativo, in un percorso, la mente innata di chiara luce. Pertanto, nel suo commento a questo testo, Jamgon Kongtrul lo spiega molto chiaramente, facendo la distinzione tra il tantra yoga esterno e il tantra yoga interiore lungo le linee di trovare o meno le tecniche e le pratiche per trasformare la mente innata di chiara luce nel sentiero.

Il testo recita: Il punto di vista di coloro che sono entrati nello Yoga esterno, il tantra del saggio, è il seguente. Non ritenendo di primaria importanza gli oggetti rituali esterni, coltivano il loro obiettivo sulla base di enfatizzare lo yoga di visualizzare le divinità maschili e femminili, che sono prive di origine ultima o di cessazione, ed il Corpo della Forma di quel Nobile col quale ne condividono la somiglianza, consistente nell’assorbimento meditativo dotato dei quattro sigilli (mudra) di una mente completamente purificata. Questo riferimento a “visualizzare divinità maschili e femminili, che sono prive di originazione o cessazione finale”, non è semplicemente una dichiarazione che queste divinità sono per natura prive di originazione o cessazione, ma piuttosto sottolineano la necessità di coltivare la comprensione e la realizzazione di queste divinità come prive di originazione finale o cessazione, come spiegato prima. È questa la saggezza che realizza la vacuità, che viene poi immaginata come risultante nella forma di una divinità.

Nello Yoga esterno, che è il Tantra Yoga, gli assorbimenti meditativi sono dotati di quattro sigilli. Questi quattro sigilli corrispondono: al corpo, la parola, la mente e l’azione. La pratica dello Yoga esterno è modellata su un processo di purificazione del proprio: corpo, parola, mente ed azioni. In relazione rispettivamente al corpo, la parola, la mente e l’azione, sono menzionati quattro sigilli: il sigillo della promessa, il sigillo dharma o della realtà, il sigillo dell’azione ed il grande sigillo. È attraverso l’assorbimento meditativo dotato di questi quattro sigilli che il praticante dello yoga passa attraverso il processo di purificazione del corpo, della parola, la mente e le azioni. Questo prepara il praticante per poi raggiungere il corpo, la parola, la mente e le azioni di una divinità illuminata.

Una delle caratteristiche dello Yoga dell’Azione o Tantra esterno, come viene qui chiamato, è la sua enorme enfasi posta sui mudra o gesti delle mani che fanno parte del rituale di meditazione. Molti di questi mudra sono molto complessi, cosicché ci sono molto pochi esperti che sono completamente padroni di questa gestualità intricata delle mani o mudra. Infatti una volta che stavo dando la trasmissione di Vajradhatu, il supremo Yoga Tantra, avevo bisogno di contare su un esperto del rito che sedeva accanto a me per guidarmi in modo che potessi formare i mudra appropriati. Era come un pastore che mi guidava. In un’altra occasione, quando stavo dando uno di questi insegnamenti, l’abate del monastero di Namgyal che era un grande esperto di questi mudra, era seduto al mio lato e, mentre stavo facendo questi mudra, avevo bisogno di guardarlo per tutto il tempo, protraendosi così a lungo che ho cominciato ad avere un crampo al collo, così finalmente gli chiesi di sedersi di fronte a me, così non ho più avuto tensione al collo.

Ora il testo passa alla Yoga interno in cui si legge: Il punto di vista di coloro che sono entrati nel veicolo dello Yoga interno, il metodo tantra è triplice: 1) la modalità di generazione, 2) la modalità di completamento e 3) la Modalità di grande completamento o la perfezione. Nel suo commento, Jamgon Kongtrul spiega che la distinzione tra queste tre modalità non dovrebbe essere confusa con la distinzione generale tra la generazione Mahayoga, il completamento Anuyoga e la grande realizzazione Atiyoga o grande perfezione, come si trova nella spiegazione generale degli insegnamenti Dzogchen. Qui la distinzione non è esattamente lo stesso come quello trovato nella spiegazione generale delle tre fasi di generazione, completamento e la grande perfezione degli insegnamenti Dzogchen.

Jamgon Kongtrul nel suo commentario passa poi a spiegare che, quando in generale si considerano i due stadi di generazione e di completamento, gli studiosi o maestri tibetani esprimono due punti di vista principali. Il primo è il punto di vista di Rapjampa Longchenpa (1308-1363) e dei suoi discepoli dove Jamgon Kongtrul si riferisce ai due Kun mkhyens, il primo è Longchenpa Rapjampa ed il secondo Kun mkhyen Jigme Lingpa (1730-1798). L’abbinamento di questi due con Jigme Lingpa come discepolo di Kun mkhyen Longchenpa non implica che egli fosse un discepolo immediato o diretto: Jigme Lingpa ha vissuto molto più tardi. Ma nella sua biografia, si è detto che una volta, quando Jigme Lingpa stava meditando al Monastero di Samye Chimpu, ha avuto una esperienza mistica con la visione di ricevere benedizioni dirette ed ispirazione da Longchenpa. Pertanto Jigme Lingpa è a volte indicato come il discepolo di Longchenpa. Secondo loro, la distinzione tra le fasi di generazione e di completamento viene effettuata sulla base dei due aspetti della meditazione sullo yoga della divinità: l’aspetto dell’apparenza si riferisce alla fase di generazione e l’aspetto della vacuità si riferisce alla fase di completamento.

Jamgon Kongtrul poi continua dicendo che il modo più eccellente di fare la distinzione tra le due fasi è quella che si trova negli scritti di Locen Dharmashri (1654-1717), che è pure la posizione di Tsongkhapa. Qui la distinzione tra i due è fatta sulla base che il singolo praticante ha potuto generare la saggezza che è l’unione di beatitudine e vacuità sulla base dell’ingresso, stabilizzazione e dissoluzione dei venti Pranici nel canale centrale. Tutte le successive esperienze di stati meditativi di yoga che si pongono a seguito dell’ingresso, stabilizzazione e dissoluzione dei venti Pranici nel canale centrale sono indicate come la fase di completamento. Tutte le precedenti esperienze di meditazione sullo yoga della divinità o le visualizzazioni, sono descritti come appartenenti alla fase di generazione.

A causa di questo, la fase di generazione è talvolta indicata come lo yoga artificioso, in quanto è una forma simulata di stati yogici, mentre la fase di completamento è indicato come lo yoga non artificioso perché le esperienze non sono simulazioni. Quindi per distinguere le due fasi è da sottolineare che l’una è forzata e l’altra non artificiosa. Jamgon Kongtrul continua a spiegare che questo è il modo più eccellente di comprendere la differenza tra le due fasi.

Tuttavia Jamgon Kongtrul nel suo commentario continua a spiegare che la distinzione tra le tre modalità di cui al presente testo particolare, è completamente diversa [da quella appena delineata]. Ecco le modalità di generazione, di completamento e di grande completamento si riferiscono alle varie fasi di un’unica meditazione sullo yoga della divinità. La meditazione sullo yoga della divinità è qui descritta in termini di ciò che sono chiamati i tre assorbimenti meditativi. Il primo è denominato l’assorbimento meditativo della talità, il secondo è l’assorbimento meditativo della comparsa del tutto ed il terzo è l’assorbimento meditativo causale. Questi tre assorbimenti meditativi corrispondono rispettivamente alla meditazione sul Dharmakaya, alla meditazione sul Sambhogakaya o sul corpo di Fruizione o di Godimento del Buddha, ed alla meditazione sul Nirmanakaya o Corpo della Perfetta Emanazione del Buddha.

Secondo questo testo il processo di impegno in queste tre fasi di assorbimenti meditativi appartiene alla modalità di generazione. Il culmine di questo processo, che è la visualizzazione effettiva completa della divinità, viene indicato come la modalità di completamento poiché si è completato il processo di generazione di sé come divinità. Dopo aver completato la generazione di sè stessi come una divinità, si passa ad altre pratiche come la visualizzazione di altre divinità su punti specifici del corpo, come il mandala del corpo, il che costituisce poi quello che in questo testo viene definito come la modalità di grande completamento.

Il testo continua: “La modalità di generazione è ottenuta mediante la pratica meditativa di sviluppo graduale dei tre assorbimenti meditativi, appena richiamati, e della graduale realizzazione del mandala. La modalità di completamento si ottiene da un lato con la ferma e costante visualizzazione delle divinità maschili e femminili, che sono, in ultima analisi, prive di originazione e cessazione, e dall’altro con la realizzazione della via di mezzo d’espansione ultima che è la verità non concettuale, mentre, a livello convenzionale, coltivando una perfetta equanimità ed un coerente contegno non-confuso, la forma della nobile divinità con la chiara visualizzazione”.

Il riferimento alla natura ultima della realtà qui chiamato, in questo testo, la “espansione finale” deve essere inteso nel suo giusto contesto. Dal momento che abbiamo a che fare col contesto del Tantra Yoga o Anuttarayoga Tantra, il riferimento a termini come “espansione finale”, la verità ultima (paramartha-satya), dharmadhatu e così via, va compreso in conformità con le spiegazioni dell’Anuttarayoga Tantra.

Quindi, qui il termine “verità ultima” o vacuità deve essere compreso a due livelli. Il primo livello è la vacuità obiettiva che è la verità ultima, come spiegato nei testi filosofici della Via di Mezzo. Questa è la vacuità come inteso nel Veicolo della Perfezione. La verità ultima o la “espansione finale” nel contesto Vajrayana comprende anche la seconda dimensione, la dimensione soggettiva e l’esperienza personale di vacuità. Questo non si riferisce a qualsiasi argomento, ma ad un soggetto unico, che è l’esperienza della vacuità a livello della mente innata di chiara luce. La mente innata di chiara luce è il soggetto che realizza la vacuità che è anche definita come la verità ultima o la “espansione finale”. Questo è descritto come una verità non concettuale, ed è in questo contesto che si ha la necessità di capire il significato del termine “espansione finale” nel contesto dello Anuttarayoga Tantra.

Questo è descritto in modo diverso nei diversi lignaggi. Ad esempio, nel lignaggio Kagyu di Mahamudra, questa unione di vacuità oggettiva e luce chiara soggettiva è chiamato l’indivisibilità della vacuità e della consapevolezza (rigpa byerme SP?). Nel lignaggio Sakya, è chiamata l’indivisibilità della vacuità con la luminosità / chiarezza. Nel ciclo Sakya Lamdre, la chiarezza si dice che sia la caratteristica della mente e la vacuità si dice che sia la natura della mente, ed è dall’unione di questi due che si intende rappresentare la natura ultima della realtà. Così nel Lamdre questo si chiama tsel stong shung drup (SP?). O l’unità di vacuità e di chiarezza. Nella tradizione Gelug, questo è descritto come l’indivisibilità o unione di vacuità e di beatitudine, in cui il vacuità è qui la vacuità oggettiva e la felicità si riferisce alla grande beatitudine della mente innata di chiara luce. Allo stesso modo negli insegnamenti Dzogchen della tradizione Nyingma, a causa della loro distinzione tra mente ordinaria e la consapevolezza di base o rigpa, che viene descritta come cognizione pura ed incontaminata, si parla della realtà originariamente pura e la sua natura di compassione, perciò, per loro è l’unione di realtà originariamente pura e compassione.

Così, quando il testo parla della “espansione finale“, questo è nel contesto del Tantra Yoga, che rappresenta la verità non concettuale: si ha la necessità di comprendere questa “espansione finale” in termini di unione di vacuità, come spiegato negli scritti Madhyamika, con l’esperienza personale di chiara luce, fusa con quella vacuità. Il testo continua a dire “l’origine e la cessazione e la via di mezzo della “espansione finale”, che è la verità non concettuale”, e questo allude anche alla comprensione di come la totalità dei fenomeni diviene tale come risultato del gioco della “espansione finale”.

La fase successiva del testo spiega: “Il modo di grande perfezione è meditare sulla base della comprensione di tutti i fenomeni mondani e sopramondani, tutti i fenomeni del mondo ed oltre-mondani, come privi di differenziazione e riconoscere come siano stati sempre presenti come il mandala del corpo, della parola e della mente”. Nel linguaggio del Guhyasamaja Tantra, si comprenderà la totalità dell’origine di tutti i fattori di dell’esistenza ciclica e del nirvana come la manifestazione della attività della mente innata di chiara luce sia come processi sequenziali di generazione sia di processi inversi di dissoluzione. Per esempio, nella letteratura del Guhyasamaja Tantra, si possono trovare le spiegazioni su come l’intero elemento dell’esistenza ciclica, dei mondi afflitti del samsara è un prodotto dell’attività del karma e dei venti Pranici generati dal karma. Alla base di questo è l’attività di quelle che vengono chiamate le Ottanta Concezioni Indicative dei vari livelli di coscienza e queste Ottanta Concezioni Indicative sono a loro volta il livello più grossolano di manifestazione di stati di coscienza più sottili, come l’aspetto (o apparenza), l’incremento (o la crescita), il grande incremento e la quasi-approssimazione o quasi conseguimento, e questi tre stati di coscienza sottile danno origine alle Ottanta Concezioni Indicative. A loro volta, questi tre stati sottili derivano dalla innata mente fondamentale di chiara luce che è lo stato fondamentale della mente che rimane sempre presente e duraturo.

Da questo punto di vista, a volte, questa mente innata di chiara luce è anche descritta come incondizionata, incondizionata da cause e condizioni temporanee. Quindi, in termini di continuità, è sempre presente ed è anche chiamata la natura non nata.

Nel linguaggio della letteratura del Guhyasamaja Tantra, si può trovare una descrizione di come l’intero mondo del samsara e nirvana sono in un certo senso il gioco, il gioco costante o manifestazione o una risonanza della fondamentale mente innata di chiara luce. Vista da questo punto di vista della chiara luce, allora non c’è sicuramente alcuna distinzione da fare tra samsara e nirvana o tra gli stati non illuminati ed illuminati.

Per quanto riguarda l’uguaglianza di samsara e nirvana, si trovano riferimenti anche negli insegnamenti dei sutra. Ad esempio, c’è un passaggio nell’Abhisamayalamkara od Ornamento delle Chiare Realizzazioni di Maitreya dove s’afferma l’uguaglianza di esistenza e della trascendenza di esistenza. Allo stesso modo nella Saggezza Fondamentale della Via di Mezzo di Nagarjuna si possono trovare le dichiarazioni esplicite dell’uguaglianza di samsara e nirvana. Tuttavia, in questi scritti dei sutra, per uguaglianza di samsara e nirvana si intende che, dal punto di vista della della realtà della loro natura ultima, siano entrambi vuoti (o privi d’esistenza inerente). Nel contesto Vajrayana però, l’uguaglianza di samsara e nirvana ha il significato aggiunto di come la totalità dei fattori sia per samsara che per il nirvana può essere compresa in un certo senso come il gioco costante o manifestazione della mente sottile di chiara luce.

Il testo passa poi ad esporre:

Si afferma nel tantra:

Per quanto riguarda le membra del corpo vajra

Sono conosciute come i Cinque Buddha.

Le fonti ed i numerosi elementi

Sono i mandala del bodhisattva.

Terra e acqua sono Lochana e Mamaki;

Fuoco ed acqua sono Pandaravasin e Tara;

Lo spazio è Dhateshvari.

Così i tre mondi sono originariamente puri.

Così tutti i fenomeni dell’esistenza ciclica e del nirvana sono originariamente non nati, ma hanno la capacità di funzione illusoria, come lo sono sempre stati nella natura dei dieci Tathagata e delle loro consorti. Questo riferimento a tutti i fenomeni dell’esistenza ciclica e del nirvana come originariamente non nati, non implica che essi non sorgano a causa delle loro cause e condizioni. Qui, essere originariamente non nati, si riferisce alla prospettiva dal punto di vista della mente innata di chiara luce, perché sono tutti, in un certo senso, manifestazioni del fulgore della mente innata di chiara luce. Quindi, in questo senso, possono essere indicati come non nati.

Il testo continua: “Tutti i fenomeni sono quindi naturalmente trascendenti la sofferenza”. Ciò indica che tutti i fenomeni sono, in un certo senso, originariamente puri, il che è a volte indicato come originariamente illuminati o che sono originariamente Buddha. Questo perché, per quanto riguarda la natura della mente di chiara luce, la sua natura è sempre pura; sono le afflizioni e le varie contaminazioni che coesistono con essa ma non penetrano la natura essenziale della mente stessa di chiara luce. Quindi, per quanto riguarda la natura di chiara luce della mente, essa è pura, e, così, da quel punto di vista, tutti i fenomeni che ne derivano, possono essere descritti come originariamente puri, ed essere originariamente della natura di Buddha.

Il testo continua: “I grandi elementi sono nella natura delle Cinque Consorti, i Cinque Aggregati della natura delle Cinque Famiglie dei Buddha, le Quattro Coscienze sono della natura dei quattro grandi bodhisattva, i quattro oggetti sono come le quattro bellissime dee, i quattro sensi come i bodhisattva, i quattro stadi temporali come le quattro dee, gli organi del corpo come le coscienze, i campi sensoriali e le gocce di bodhicitta che ne derivano sono come le Quattro Divinità adirate, i quattro estremi dell’eternalismo e del nichilismo sono come le quattro divinità irate femminile, la coscienza mentale come la natura del Samantabhadra, cioè la bodhicitta indistruttibile, gli oggetti di entrambi i fenomeni condizionati e non condizionati sono la natura di Samantabhadra che è il ricettacolo della creazione di tutti i fenomeni. Tutti questi sono, a loro volta già, della natura della completa illuminazione (come spiegato in precedenza); essi non sono ora acquisiti tramite il sentiero”. Questo si riferisce all’illuminazione naturale, che è la innata mente fondamentale di chiara luce, perché è sempre presente; perché non è prodotta come il risultato del sentiero.

Così, tutti i fenomeni, condizionati e non-condizionati, come le dieci direzioni, le tre fasi temporali, i tre mondi, e così via, non esistono al di fuori della propria mente. Il riferimento a tutti i fenomeni non esistenti al di fuori della propria mente, non deve essere inteso in termini di affermazione del Buddha nel testo dei sutra dove afferma come tutti i fenomeni sono la propria mente. Qui si riferisce a come tutti i fenomeni sono manifestazioni della mente innata di chiara luce.

Il testo continua:

Si afferma:

La chiara comprensione della propria mente:

Questo è il Buddha ed i Bodhisattva;

Ciò costituisce i tre mondi;

Ciò costituisce pure i grandi elementi.

Così è stato affermato:

Tutti i fenomeni dimorano nella mente; la mente abita nello spazio, mentre lo spazio non dimora da nessuna parte.

Per spazio qui non ci si riferisce allo spazio esterno, come noi convenzionalmente lo intendiamo, ma per spazio qui ci si riferisce ad uno spazio interno, che è, ancora una volta, la chiara luce. Dal momento che la chiara luce è sempre presente, non si sviluppa da nessuna parte.

Inoltre,

Tutti i fenomeni sono privi di natura intrinseca; tutti i fenomeni sono completamente puri fin dall’inizio; tutti i fenomeni sono del tutto radianti; tutti i fenomeni sono naturalmente trascendenti il nirvana e tutti i fenomeni sono manifestamente illuminati.

Ecco allora il significato della Grande Perfezione. Nel commentario, a questo punto, Jamgon Kongtrul riassume ed afferma la conclusione che, in questo contesto, quando si legge il termine jnana o saggezza trascendentale, non la si dovrebbe comprendere in termini d’una qualsiasi altra forma di conoscenza o saggezza, ma in termini di mente di chiara luce. Allo stesso modo, quando si trovano i riferimenti al termine auto-risonanza o qualcosa del genere, non lo si dovrebbe capire in termini di risonanza di qualsiasi cosa, ma piuttosto come la risonanza della mente di chiara luce. Egli passa poi a spiegare che nella letteratura Dzogchen, la chiara luce è talvolta descritta come essere incondizionata. Qui, questo significato di incondizionatezza non equivale alla caratterizzazione di fenomeni permanenti incondizionati, come la semplice assenza di qualcosa: lo spazio è definito come semplice assenza di ostruzione. Questo non è qui il significato di incondizionatezza nell’ambito degli insegnamenti Dzogchen. Incondizionatezza in questo contesto si riferisce alla mente di chiara luce, che è incondizionata da eventuali cause temporanee e condizioni, o da altre cause e condizioni avventizie, fluttuanti.