L’aggressività
Jean-Claude Carriere: Parliamo allora dell’aggressività, di Karl Lorenz e di alcuni altri. Si può estrapolare da un lungo e paziente lavoro sul comportamento animale? Si può dire che l’aggressività sia una componente della nostra natura? Faccio presente che questa nozione è sovente presentata come una forza positiva, come un elemento di sopravvivenza, forse addirittura a livello di specie. Senza questa, probabilmente, saremmo scomparsi.
Sua Santità il Dalai Lama: “L’aggressività fa intimamente parte di noi stessi. È proprio per questo che bisogna lottare.”
Jean-Claude Carriere: “Uomini cresciuti in un ambiente rigorosamente non violento, particolarmente l’Asia buddhista, da Pol Pot in Cambogia a Sukhe-Bator in Mongolia, hanno potuto diventare i più crudeli massacratori. Segno che l’aggressività più insensata continua a vivere nel fondo di noi stessi. Su questo non c’è alcun dubbio.
Sua Santità il Dalai Lama: Ma la nostra vera natura è pacifica. Per questo Sakyamuni ci raccomanda di cercare nel nostro intimo più profondo: perché vi troveremo alla fine il desiderio di pace. Tutti sappiamo che lo spirito umano è sconvolto, in balia di sussulti che fanno paura. Ma questa agitazione non è la forza dominante. È possibile e indispensabile padroneggiarla. Nel suo lavoro, quando immagina storie, scene, lei non ha bisogno di calma?”.
Jean-Claude Carriere: “Ho bisogno di calma e di agitazione.”
Sua Santità il Dalai Lama: “Nello stesso momento?”
Jean-Claude Carriere: “Quasi nello stesso momento.”
Sua Santità il Dalai Lama: “Una certa agitazione e’ necessaria all’invenzione?”
Jean-Claude Carriere: “Molti scrittori del XX secolo hanno amato lavorare per esempio nei caffè, tra il rumore e la confusione, a contatto con una vita differente. Il cameriere passa, viene urtato, rovescia una tazza di tè: questo incidente può fare scaturire un’idea, che altrimenti dormirebbe per sempre. Dopo di che, certo, sono necessari lunghi momenti di tranquillità e di riflessione. La calma giudica l’agitazione. A dire il vero, ciascuno trova il proprio schema, il proprio ritmo, il proprio modo di esprimersi. Non c’è una regola assoluta”
Sua Santità il Dalai Lama: “Lei ha dunque bisogno di trambusto?”
Jean-Claude Carriere: “In un certo senso. Tutto comincia sul nostro piccolo palcoscenico interiore, ove compaiono dei personaggi. Noi siamo a volta a volta attori e spettatori. E anche già critici. Ogni tanto bisogna gettarsi senza riserve nella scena, quasi alla cieca. In altri momenti bisogna allontanarsene, guardarla da lontano, come se l’avesse scritta un altro.
Come sceneggiatore, come autore, mi è impossibile vivere continuamente nei buoni sentimenti. Devo cercare in me il vizioso e il criminale. Come diceva Luis Bunuel, il bravo sceneggiatore deve ogni giorno uccidere suo padre, violare sua madre e tradire la sua patria. Nel suo lavoro, il peccato d’intenzione non esiste, e quando cerca nel fondo di se stesso, non è la calma che trova, ma al contrario il tumulto, la competizione, la violenza, sovente il sangue. Egli è, per necessità, un inventore di crimini.”
Sua Santità il Dalai Lama: “Però non li commette.”
Jean-Claude Carriere: “Alcuni sostengono che istighi gli spettatori a commetterli.”
Sua Santità il Dalai Lama: “Conosco questo problema. Non è semplice risolverlo. La stupirò forse, ma non sono rigorosamente contrario allo spettacolo della violenza e del crimine. Tutto dipende dall’insegnamento che se ne trae.” Al centro della tradizione buddhista, l’atteggiamento costantemente raccomandato nei nostri rapporti con una realtà sovente qualificata come “relativa” (“Conoscete la sofferenza benché non vi sia nulla da conoscere…”) assomiglia molto a una rappresentazione. Obbligato, dalla sua stessa condizione, a vivere in un mondo la cui realtà non è garantita e che forse è solo una illusione, l’uomo è come un attore che si identifichi, almeno apparentemente, con un ruolo, effimero come tutti i ruoli.
Ho pure un terzo motivo di ottimismo.
Quando incontro dei giovani, soprattutto in Europa, credo anche che il concetto dell’umanità come unicum sia assai più forte oggi rispetto a ieri. È un sentimento nuovo, che esisteva solo molto raramente nel passato. L’altro era il barbaro, il diverso”.
Jean-Claude Carriere: “Colui che non si può riconoscere come simile.”
Sua Santità il Dalai Lama: “Esatto. E vedo che questa reazione di diffidenza e di ostilità lentamente scompare. Si attribuisce una importanza sempre minore alle nazionalità, alle frontiere. L’unificazione di gran parte dell’Europa, la scomparsa, per esempio, delle atroci battaglie tra francesi e tedeschi, la moltiplicazione dei matrimoni tra donne e uomini di paesi diversi, di diverse lingue e diverse culture, tutto questo mi pare positivo. Si diffonde una visione globale delle cose, non le pare?”
Jean-Claude Carriere: Ciò che dice è indiscutibile. Tuttavia, come non ricordare le nostre persistenti inquietudini, tutti i paradossi che ci assalgono? Mai abbiamo prodotto tanti beni, e la miseria è alle nostre porte. Mai abbiamo moltiplicato così freneticamente la nostra specie, e i deserti guadagnano terreno ogni giorno. Mai ci è parso di avvicinarci tanto all’età dell’oro, all’ozio che ritempra, e la disoccupazione diventa la nostra prima calamità. Mai abbiamo mostrato così largamente i nostri corpi nudi e le nostre unioni cosiddette libere, e mai la morte è stata così vicina al sesso. Mai abbiamo inventato tecniche così prodigiose per entrare in contatto gli uni con gli altri, e mai la solitudine ha trovato accenti più amari. E così via. L’elenco è lungo. Ciascuno può portarvi il proprio timore.
il Dalai Lama: “Tutto questo è vero. Ma nulla può aggiustarsi all’improvviso, come per magia. È necessario del tempo, è necessario un lento cammino nello spirito. Guardi per esempio: gli abitanti della terra, nella prima metà del nostro secolo, non avevano alcun senso di responsabilità nei confronti del loro pianeta. Fabbriche coprivano a poco a poco il suolo, soprattutto in Occidente, riversando i loro rifiuti nei quattro elementi. Nessuno, stranamente, se ne curava”.
Jean-Claude Carriere: “Si comincia a studiare questo accecamento storico. ”
Sua Santità il Dalai Lama: “Che aveva per risultato un’ondata gigantesca di estinzione delle specie, la più terribile che si sia conosciuta da sessantacinque milioni d’anni. Il che è per un buddhista un vero abominio.”
Jean-Claude Carriere: “L’estinzione continua impunemente.”
Sua Santità il Dalai Lama: ” Lo so. Ma almeno, oggi, abbiamo preso in qualche modo coscienza di questo pericolo. Si sono anche visti nascere partiti politici, che sovente si chiamano Verdi, il cui programma poggia sulla difesa dell’ambiente. Trenta o quaranta anni fa questo primo passo sarebbe stato inconcepibile. Ancora: incontro sempre più frequentemente gruppi di uomini d’affari che fino a poco tempo fa, lei lo sa, non manifestavano alcun interesse per il buddhismo, e che oggi vengono a trovarci, a interrogarci. Essi mostrano un’attenzione molto viva per i nostri valori. Cercano persino dei luoghi ove riunirsi, ove andare in ritiro, per condurre sotto la nostra guida una vita spirituale, almeno per una settimana o due.”
Jean-Claude Carriere: “Non è troppo tardi?”
Sua Santità il Dalai Lama: “Spero di no. E, comunque, è meglio di niente. Noi corriamo sempre un rischio maggiore: quello di perdere il contatto col resto dell’universo. Dobbiamo invece fare di tutto per conservarlo, e anche per rafforzarlo.”
Jean-Claude Carriere: “Si può talvolta mettersi la coscienza a posto in una settimana o due di ritiro, e lanciarsi, subito dopo, in uno sfruttamento forsennato della terra.
Sua Santità il Dalai Lama: “Lo so bene.”
Jean-Claude Carriere: “Avremmo dunque bisogno di un risveglio?” Sorride rispondendomi:
Sua Santità il Dalai Lama: “È la parola. È la parola giusta”.