Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama il 13 e 14 aprile 2013 a Friburgo su ‘La lampada sul sentiero verso l’illuminazione’ di Atisha https://www.sangye.it/altro/?p=81 . Appunti ed editing dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa e del Dott. Luciano Villa, basati sulla traduzione dal Tibetano in Italiano di Fabrizio Pallotti e dal tibetano in inglese di Tenzin Tsepag, revisione e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” approvato da Sua Santità il Dalai Lama, vedi http://www.youtube.com/watch?v=uRh3Kj_UETU e finalizzato alla diffusione degli insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama per il beneficio di tutti gli esseri senzienti . Ci scusiamo per i possibili errori ed omissioni.
Domenica 14.04.2013 prima parte del mattino.
Insegnamento di Sua Santità il Dalai Lama
Tra le varie religioni di questo mondo, le più importanti sono quelle che si basano su una loro visione filosofica. In un incontro interreligioso ad Amritsar, in India, alcuni anni fa, un maestro sufi dichiarò che ci sono tre domande che caratterizzano le tradizioni religiose: “Cos’è il sé? Ha un inizio? Ed ha una fine?”
Per quanto riguarda la prima domanda: ‘Che cos’è il sé?‘, per le altre religioni c’è un’anima immutabile, ma il Buddha dice che la nozione di ‘io’ dipendente da una mente ingannevole.
Gli insegnamenti di Buddha si distinguono da tutte le altre religioni in generale, sia che credano in un Dio creatore o no, perché per loro il sé è un fenomeno diverso dagli aggregati, è indipendente ed esiste per propria capacita’. Abbiamo un’idea che ci sia un sé che disciplina gli aggregati psico-fisici di cui siamo costituiti, ma il Buddha dice che non c’è niente di simile. Nel buddhismo, invece, ha insegnato che non c’è un se’, diverso da questi aggregati composti, proprio come un carro è designato sulla base delle sue parti, così il ‘sé’ è designato sulla base degli aggregati. Naturalmente abbiamo l’impressione che questo sé sia un qualcosa che possiede e controlla gli aggregati e cosi’ via. Un se’ che porta questi aggregati: ma un se’ cosi’ non esiste. Un se’ diverso dagli aggregati non esiste. Che cosa e’ questo se’? Il se’, per esempio, viene designato sulla base delle sue parti. Questa è la risposta alla prima domanda.
Questo se’ ha un inizio o no?
Quanto alla questione se il sé ha un inizio, i teisti, coloro che credono in un Dio creatore, dicono che il sé viene in essere durante la creazione di Dio, quindi ha un inizio. I non-teisti come i Buddisti, che non credono in un dio creatore, ritengono che, se prendiamo in esame gli aggregati, dobbiamo stabilire se la mente di consapevolezza ha un inizio.
Coloro che non credono in un Dio creatore asseriscono che il se’ non ha un inizio. Nel Buddhismo, quando si ricerca se il se’ ha un inizio o no, bisogna pensare se la base di designazione di questo se’ ha un inizio o no. Tra i Cinque aggregati (Corporeità – Rupa, Sensazione – Vedana, Percezione – Samjna, Forza formativa psichica – Samskara, Coscienza), il principale e’ quello della coscienza, per cui bisogna riflettere se questa coscienza ha un inizio o no. Tutti i fenomeni sorgono da loro cause, sostanzialmente simili al risultato. La coscienza sensoriale visiva, che percepisce la forma, è per esempio l’organo sensoriale che può vedere solo la forma ma non può sentire i suoni. Per cui il potere sensoriale sorge sulla base dell’occhio, che e’ un fattore fisico. Quella coscienza visiva diventa la causa immediatamente precedente alla visione della forma. Per cui deve necessariamente sorgere sulla base di un momento precedente, che e’ simile a se stesso. Pensando in questo modo, diventa una continuità che non ha inizio. Dal momento che il buddismo afferma che, perché un qualcosa possa sorgere richiede una condizione immediatamente precedente, che sia una causa congruente, la coscienza non ha inizio. Pertanto il sé designato sulla base di ciò non ha inizio.
Questo se’ ha una fine, o no? Si riferisce alle vite passate e future. Tutti i fenomeni che necessitano di una causa per sorgere, non possono avere un inizio, perché necessitano di una continuità. Parliamo quindi di vite passate perché la mente non ha inizio. Per quanto riguarda il futuro, i teisti parlano di paradiso ed inferno, ma non presentano un’analisi dettagliata della questione. Coloro che credono in un Dio creatore non spiegano bene qual e’ la fine, non ci sono grandi spiegazioni o comunque non le conosco. Nei Samkya questo se’, che e’ permanente, viene a cessare e rimane da solo, cosi’ si ottiene la liberazione. Per cui, anche loro probabilmente non dicono che c’è una fine del se’. I buddhisti dicono che il se’ e’ designato sulla continuità di coscienza, che non e’ arrestabile da nessun fenomeno. Dal momento che non ci sono fenomeni che si oppongono a questa continuità, va avanti senza fine. Poi ci sono altre coscienze, come quelle errate, nel momento in cui si oppone direttamente l’antidoto, ecco che queste coscienze errate vengono a cessare. Per cui, quelle coscienze che sono contaminate dalle oscurazioni distruttive e afflizioni mentali, queste afflizioni mentali hanno un antidoto che si oppone loro direttamente. Mentre la natura della coscienza, che e’ cognitiva e luminosa, non ha opponenti. Per esempio, ci sono delle coscienze grossolane molto in relazione al corpo, ecco in queste cosa succede: ci sono delle coscienze più sottili che non dipendono più dal corpo, fino alle coscienze estremamente sottili che non dipendono affatto dal corpo. Come esseri umani abbiamo una coscienza dipendente dal nostro cervello, ma un esame più attento rivela dei livelli più sottili della coscienza non così dipendenti. La prova di questo è indicata nei casi di praticanti buddisti che rimangono in equilibrio meditativo postumo quando sono considerati clinicamente morti. La conclusione è che non c’è inizio o fine alla coscienza, né del sé associato. C’è un caso di cui ho sentito parlare di recente che ha avuto luogo in Tibet e di 20 e più altri casi registrati nella comunità tibetana in esilio.
C’è il caso di questo monaco Ringzin Dorje che lo conoscevo già dal Tibet, molto anziano, ha 88 anni. In aprile mi hanno riferito che era morto nel Potala ed era rimasto per 10 giorni in meditazione e il corpo non appariva per niente decomposto, ma completamente fresco. Anche nella regione del Chempo un monaco e’ rimasto a lungo in meditazione. In questi 50 anni probabilmente ci sono stati una ventina di casi che sono rimasti per molti giorni in meditazione dopo essere clinicamente morti. Ricordo il mio tutore, Ling Rinpoce e il 100° Detentore del Trono di Ganden. Dal momento che la scienza non ha alcuna spiegazione di questo fenomeno, possiamo accettare la tesi buddista per cui, mentre la coscienza sottile rimane lì, il corpo rimane fresco, nonostante che il cuore abbia cessato di battere. Per esempio, il mio maestro Ling Rinpoche rimase in meditazione per 13 giorni e Trichang Rinpoche per 18 giorni.
Abbiamo fatto perciò in modo che la scienza possa fare delle analisi, mentre per la medicina occidentale sono morti (perché il cuore non batte, il sangue non scorre e le funzioni fisiche sono completamente finite), pecche il corpo rimane fresco e non solo. Il mio maestro aveva un fisico ammalato, quando e’ morto il corpo e’ sembrato rifiorire rispetto a come era durante in vita. Queste non sono cose che possono essere spiegate normalmente. Le spiegazioni le possiamo trovare nelle spiegazioni buddhiste della mente di chiara luce. Conosco dei grandi meditatori con 40 anni e più di esperienza che quando meditano sono completamente concentrati: le coscienze grossolane si assorbono e piano piano portano ad affiorare menti di coscienza estremamente sottile. Queste cose sono spiegate nei testi buddhisti.
Recentemente in Thailandia ho incontrato degli amici buddhisti tailandesi, e questo abate tailandese mi ha detto che una volta ottenuta la liberazione loro credono che il continuum mentale si fermi. Ma sono gli unici, tra le scuole buddhiste a credere in questo modo. Per cui questo se’ non ha un inizio e non ha neanche una fine.