Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama preliminari all’Iniziazione al Kalachakra a Washington DC, USA, il 9 luglio 2011 (terza parte del primo giorno) su “Le 37 Pratiche del Bodhisattva (laklen sodunma)” di Gyalsey Thokme Sangpo (liberamente disponibile qui https://www.sangye.it/altro/?p=134) e sugli “Stadi Intermedi della Meditazione (gomrim barpa)” di Kamalashila (liberamente disponibile qui https://www.sangye.it/altro/?p=1698 ). Appunti ed editing dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa, del Dott. Luciano Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Questo lavoro è basato su quanto espresso direttamente in inglese da Sua Santità il Dalai Lama vedi http://www.dalailama.com/webcasts/post/195-kalachakra-preliminary-teachings e sulle traduzioni dal tibetano in inglese del Prof. Lobsang Jimpa e dal tibetano in italiano di Fabrizio Pallotti.
Sua Santità il Dalai Lama
Il fondamento del Buddhaderma, degli insegnamenti di Buddha sono le Quattro Nobili Verità, sia per la tradizione Teravada o Pali, sia sanscrita. Il fondamento o le Quattro nobili verità o Pratitzasamuppada, ha due significati su due livelli: l’uno rappresentato dalla Legge di causalità (applicabile a tutti i fenomeni soggetti al cambiamento momentaneo), l’altro dall’interdipendenza, quest’ultimo riferibile a tutti i fenomeni. Quindi, il duplice significato dell’originazione interdipendente si riconosce sia nella causalità, sia nell’interdipendenza. Perciò parliamo contemporaneamente di causa – effetto ed interdipendenza. A quest’ultima sono subordinati tutti i altri fenomeni: anche la vacuità o sunyata, anche la realtà naturale del Dharmakaya. I fenomeni permanenti non dipendono da cause e condizioni, ma da altri fattori, come l’interdipendenza. Proprio perché dipendono da altre cause, sono comunque interdipendenti. Questo è quanto esposto dalla filosofia Madhyamika. Per le altre scuole filosofiche buddiste, per Pratitzasamuppada s’intende il rapporto di causa ed effetto.
Veniamo ora a prendere in esame il testo di riferimento di questi insegnamenti: Gli stadi intermedi della meditazione.
Si tratta d’un testo composto da un grande Maestro, monaco praticante di Nalanda, uno dei più brillanti allievi del grande Shantarakshita. Parliamo di Kamalashila: un grande filosofo, un dotto monaco, un grande praticante.
Sharantarskhita era un grande filosofo, un grande saggio dell’Università di Nalanda, che nell’8° – 9° secolo, assieme al grande maestro di Nalanda Padmasambhava, fu invitato in Tibet dal Re Trisong Detzen. Su sua richiesta portò con sé il suo migliore allievo: Kamalshila, che, su richiesta del sovrano, scrisse questo testo: Gli stadi intermedi della meditazione. Alla fine del testo ci sono tre stadi di meditazione alla fine dell’ultimo è scritto chiaramente che il testo fu composto sotto richiesta del Re Trisong Detzen. Il titolo del testo è: Gli stadi intermedi della meditazione. Al grande maestro Sharantarskhita dobbiamo riconoscere il grande merito d’aver introdotto il buddismo in Tibet.
Cosa vuol dire meditazione o ghom, in tibetano,?
Il termine “Stadi di meditazione” in tibetano e’ composto da due sillabe: ghom e rim. Ghom vuol dire meditare e rim stadi: gli stadi della meditazione. La traduzione del termine ghom è un termine molto attivo, che indica la presenza d’un un agente, d’un qualcuno che sta facendo qualcosa, verso cui vuole familiarizzarsi. Inoltre, ghom vuol dire familiarizzarsi sulla base d’una ragione, d’un analisi, per arrivare ad un significato. Perciò indichiamo questa come la meditazione analitica. Al contrario, quel tipo di meditazione che si focalizza su un punto solo la chiamiamo: la meditazione di stabilizzazione. Ne deriva che il processo della familiarizzazione con un oggetto particolare e’ di due tipi: l’uno e’ un processo analitico, d’analisi critica e di ragionamento, mentre l’altro consiste nella concentrazione univoca su un oggetto.
Un altro tipo di meditazione consiste nel far sorgere l’aspetto della coscienza stessa, ovvero nell’aspetto vero e proprio del proprio oggetto di meditazione: come la compassione. La coscienza sorge nell’aspetto della compassione. Quando, come oggetto di meditazione, si prende l’impermanenza, non si genera la coscienza stessa nell’aspetto dell’imperamenza.
Ci sono anche degli aspetti diversi per comprendere le distinzioni dell’impermanenza, per quanto riguarda la coltivazione di devozione o compassione. La compassione non e’ un vero e proprio oggetto della proprio a mente, ma e’ la mente stessa che viene coltivata in modo che si generi nell’aspetto della compassione, come esperienze vere e proprie della propria mente. E’ la mente stessa che viene coltivata in modo da comparire in quell’aspetto.
Ci son altri tipi di meditazione, come quella sull’imperamenza, come quella sulla mancanza del sé. Per esempio, la cessazione del primo momento al sopraggiungere del secondo momento. Questo e’ un approccio che permette di comprendere un certo fenomeno per mezzo della negazione d’un altro fenomeno. Esiste poi un altro aspetto, che e’ quello che va a riconoscer che la natura del fenomeno in esame è transitoria, momentanea ed impermanenza. Per esempio, in questo auditorio possiamo dire correttamente che non esiste un elefante, per cui questa assenza dell’elefante e’ un qualcosa che viene conosciuto dalla propria mente attraverso la negazione di quell’elemento stesso.
Di conseguenza, un certo tipo di verità può essere raggiunta attraverso la negazione d’un qualcosa. Perciò, quando parliamo di meditazione, dobbiamo capire che tipo di meditazione stiamo facendo, e capire quale tipo di approccio avere verso quel tipo di fenomeno. Meditare vuol dire avvicinarsi e familiarizzare la propria mente con quel fenomeno, generando la mente in quell’aspetto.
Ricapitolando, in breve, quando parliamo di ghom o meditazione: che cosa vuol dire?
Significa che sto intraprendendo un processo che ci porta ad avvicinarci, a familiarizzarci con un particolare oggetto: l’oggetto, appunto, di meditazione. Per esempio, per quanto riguarda la compassione, si arriva ad un punto in cui, solamente ricordandoci della compassione, la compassione sorgerà molto forte nella mente.
Tramite la meditazione sull’imperamenza vogliamo arrivare al punto d’essere cosi’ familiari che essa sorgerà senza alcuno sforzo. All’inizio qui nel testo senza parlar di trasmissione orale. Ciò che questo testo vuole spiegare e’ come si ottiene lo stato di Buddha.
Il punto fondamentale e’ che lo stato di Buddha non lo si consegue grazie all’intercessione di altri, ma solo sulla base di cause e condizioni. L’interdipendenza, abbiamo visto, che la dobbiamo comprendere dal punto di vista delle cause e risultati.
Il primo aspetto che ne viene spiegata e’ quello delle cause e condizioni. Questo diventa il vero fondamento della spiegazione delle Quattro nobili verità. non e’ possibile che l’onniscienza sia prodotta senza le sue cause, altrimenti tutto potrebbe esser onnisciente. La spiegazione delle Quattro nobili verità, dal punto di vista della loro entità, e’ il fondamento del fatto che e’ possibile eliminare totalmente la sofferenza. Il fatto che la cessazione si può ottenere, e’ un qualcosa di vero, di reale. Perciò, la verità del sentiero si base su quella che e’ la base, la realtà vera e propria. Quando il Buddha spiega la Verità della natura della sofferenza, parla di una natura più sottile del dolore vero e proprio. Mentre la cessazione e’ un qualcosa che viene ottenuto sulla base del vero sentiero. Questa pratica del sentiero comporta l’uso di antidoti. Degli antidoti che vanno ad opporsi alle cause dirette della sofferenza. Si parla di una cessazione che avviene sulla base dell’applicazione d’un vero e proprio antidoto che s’oppone a quel tipo di realtà. Nella terza esposizione delle Quattro nobili verità ecco che Buddha in proposito ha specificato non c’e più sofferenza da conoscere, ne’ origine da abbandonare e non c’e’ più un sentiero da percorrere, perché e’ tutto gia’ stato ottenuto. Per cui le Quattro nobili verità hanno 16 caratteristiche, 4 ciascuna: impermanenza, sofferenza, mancanza del se’ e vacuità.
La prima caratteristica del sentiero e’ il sentiero stesso, la seconda e’ la conoscenza. Questa parola in tibetano Rikpa può essere interpretata sia come conoscenza ed anche ragionamento. La terza caratteristica e’ la coltivazione o la familiarizzazione. Il quarto di questi aspetti e’ la liberazione totale o l’essere liberi. Vedete come e’ importante, quali sono i vari aspetti che definiscono individualmente queste verità. Quando parliamo di impermanenza vuol dire che e’ un qualcosa che non permane, che cambia continuamente. Questo e’ un qualcosa che a noi non e’ cosi’ evidente. Osservando questo stadio in cui ci troviamo, vediamo che e’ stato costruito tanti anni fa. L’apparenza e’ tuttavia come se fosse sempre uguale. Alla fine, dopo molti anni, ecco che nello stadio cominciano ad affiorare delle crepe, minuscole spaccature: quelle sono un aspetto dell’impermanenza. E’ ovvio che la sua vera comprensione non e’ quello razionale, pur necessaria, ma e’ quella che realizziamo più interiormente.
Se ragioniamo sui cambiamenti, quelli ovvi che avvengono nell’arco di alcuni mesi, ne deriva che gli stessi devono necessariamente avvenire a livello giornaliero. Perciò devono per forza avvenire a livello di frazioni di tempo, d’istante per istante. Sulla base del fatto che quello che percepiamo e’ in cambiamento, ed e’ ovvio che ci arriviamo col ragionamento, possiamo arrivare a dire: e’ cosi’ perché il fenomeno non e’ mai fermo, perché cambia costantemente. In questo modo arriviamo ad un livello più sottile: è qui che arriviamo a comprendere un livello più profondo. Questa comprensione va ad opporsi alla concezione errata che vede quel fenomeno come permanente. E’ antitetica a quattro visioni sbagliate che rappresentano l’opposto. Questo cambiamento e’ momentaneo non perché avviene per un fattore esterno, ma perché è il fenomeno stesso per natura tale. Indica che qualunque tipi di effetto e’ sotto il potere delle sue cause. Perciò, tutti i fenomeni, anche lo stato di Buddha, sono tutti fenomeni momentanei. La sofferenza dipende dalla sue cause, in quanto e’ un fenomeno che e’ governato dalle sue cause. Per cui cosa vuol dire che questo corpo e’ completamente controllato dalle sue cause?
Significa che e’ dominato da cause, la cui causa primaria e’ l’ignoranza. Tutto cio’ che e’ dominato dall’ignoranza e’ per sua natura sofferenza. Ne deriva la sofferenza del terzo livello. Dapprima abbiamo considerato la sofferenza come dolore, quindi come cambiamento, ora la vediamo come sofferenza pervasiva condizionata: il terzo livello di sofferenza. Una volta che sviluppiamo della consapevolezza su questa natura, non importa quanto sia bello o brutto il nostro corpo, non importa quanto possiamo apparire belli e piacevoli, a quel punto scopriremo che e’ tutto dominato dalla sofferenza. Perciò nel percorso tra impermanenza, sofferenza, mancanza di se’ e vacuità C’e’ come un impressione o un qualcosa che e’ indipendente, che domina il corpo, che possiede la mente. C’e’ questa tendenza di pensare un se’ come non separato, dentro al corpo che rimane pero’ indipendente come se’.
Quel se’ non esiste per niente.
Quel tipo di se’ e’ completamente non esistente.
Il 4° aspetto, che e’ la mancanza del se’, lo interpretiamo dal punto di vista di tutti i fenomeni: che tutti i fenomeni sono vuoti. Questo mostra che e’ possibile provare che questa concezione che e’ predominante, non e’ realista. Questa concezione e’ completamente non esistente. Perciò, questo è concepire ignoranza. E’ un ignoranza che distorce la realtà. Come e’ possibile? Questo concepire questo se’ in questo modo e’ la base dell’attaccamento e dell’odino. Ed e’ pure in relazione al fatto di concepire i fenomeni come permanenti. Quando sviluppiamo una forte emozioni negativa verso qualcuno, se, dopo un po’, qualcuno ci dice a quella persona non e’ poi cosi’ negativa, che questa persona parla e si comporta bene, automaticamente la reazione sarà che si tratta d’un evento impossibile, cosi’ lo rigettiamo, perché abbiamo questa concezione di impermanenza, di assoluto per cui, che se qualcosa e’ negativo, e’ impossibile che possa essere positivo. Quell’oggetto a cui e’ rivolta questa emozione lo concepiamo come permanente ed assoluto. La consapevolezza che quel fenomeno e’ impermanente, riduce questo modo di pensare. La consapevolezza del ragionamento e dell’osservazione del nostro corpo. Non appena togliamo lo strato esteriore di pelle, ecco che troviamo le vene, il sangue, i muscoli: questo e molto di più vedremo se dovessimo aprire il nostro corpo. Quel che al momento sembra bello, una volta dischiuso lo troviamo tutt’altro che attraente. La sua natura e’ la fragilità.
Le esperienze di dolore e di piacere: nel primo caso generano avversione e, nell’altro caso, attaccamento. E questo porta una comprensione piu’ profonda della nobile verità dell’origine. La consapevolezza della mente, alla fine ci porta a comprendere che c’e’ questa mente ma non c’e’ questo se’, che e’ un qualcosa di designato sulla base della mente. Di conseguenza, si arriva a comprendere che colui che possiede il padrone del corpo e della mente non esiste. Sulla base di queste consapevolezza perveniamo ad un compassione più profonda: la quarta, la consapevolezza dei fenomeni. Sulla base di questa, ci si mette in relazione alla verità del sentiero. Oltre troviamo le Quattro consapevolezze poi i Quattro abbandoni perfetti.
Quando sviluppiamo una comprensione più profonda, ecco che sorge un forte desiderio di applicarsi per ridurre la forza di questi aspetti negativi e d’aumentare gli aspetti positivi. Questo e’ il secondo dei 37 aspetti dei rami dell’illuminazione. Sulla base di questi aspetti, ecco che si sviluppano le Quattro gambe dei poteri magici o dei poteri extrasensoriali.
Qui si parla di portare avanti la pratica della moralità. Sulla base di questa si raggiunge lo sviluppo della concentrazione, almeno per alcuni periodi, poi l’ottenimento della visione perfetta, che entra dalla parte dell’addestramento superiore della saggezza. Stiamo qui parlando dei 37 rami dell’illuminazione che portano a comprendere il modo vero e proprio di portare avanti la pratica del Dharma. Ci sono le liste di alcuni dei 37 rami dell’illuminazione. Per esempio, l’Ottuplice sentiero: si può dire che in generale e’ spiegato dal punto di vista della pratica di un essere superiore, ma viene spiegato anche dal punto di vista della pratica d’un principiante. E’ in relazione ai Tre addestramenti superiori: della moralità, della concentrazione e della saggezza. A volte la gente ha l’impressione che la tradizione Teravada e sanscrita siano del tutto diverse e separate. La tradizione Pali e’ la base di tutte le pratiche buddiste: per quanto riguarda la pratica dell’altruismo e’ una delle pratiche più specificatamente illustrate e consigliate. Comunque, la terza nobile verità viene spiegata molto più’ in dettaglio nel sutra della Prajnaparamita, in sanscrito, la quale viene ancor inclusa nelle Quarta nobili verità: Il sentiero degli Arya. In proposito, dal punto di vista del soggetto, troviamo spiegazioni più dettagliate nel sutra del Tatagatagarba o dell’essenza della buddhità. Dovunque e’ diffusa la pratica del Vinaya i miei insegnamenti sono vivi, dove non ci sono più, anche la pratica del Vinaya s’è’ estinta.
Colophon
Questa prima bozza d’appunti, a cura del dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa, del Dott. Luciano Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, sui preziosi insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama preliminari all’Iniziazione al Kalachakra a Washington DC, USA, è da ritenersi provvisoria, quindi lacunosa, con possibili errori nonché imperfezioni, anche rilevanti, e non rappresenta affatto una trascrizione letterale delle parole che Sua Santità il Dalai Lama espresse direttamente in inglese o tradotte dal tibetano in inglese dal Prof. Lobsang Jimpa o in italiano da Fabrizio Pallotti, ma semplicemente un limitato spunto di riflessione.