Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama a Tolosa, Francia il mattino del 14 agosto 2011 (settima parte – secondo giorno) su “Gli stadi intermedi di meditazione” di Acharya Kamalashila liberamente disponibile qui https://www.sangye.it/altro/?p=1698. Traduzione dal tibetano in italiano di Fabrizio Pallotti. Appunti ed editing del Dott. Luciano Villa, dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Sua Santità il Dalai Lama
Il Buddha insegnò dapprima le Quattro Nobili Verità. Se avesse insegnato solo la Prima Nobile Verità, la sofferenza, e le sue cause, e non avesse anche insegnato che quell’ignoranza ha un antidoto che risiede nel profondo della nostra mente, non avrebbe indicato la via alla liberazione: la via della rinuncia, il sentiero che porta al Nirvana.
Nagarjuna, nel suo Commentario alla Bodhicitta o Bodhicittavivarana (liberamente disponibile qui https://www.sangye.it/altro/?p=1640), illustra le quattro scuole filosofiche e, sulla base della comprensione e dell’ascolto, propone di seguire la vera visione Madiamyka che, sulla base dell’equanimità, protegge tutti gli esseri senzienti dalla sofferenza che sorge dalla comprensione della sofferenza. Nagarjuna, nella Preziosa Ghirlanda (liberamente disponibile a https://www.sangye.it/altro/?p=2788 ), asserisce che conseguiremo stadi fortunati e la liberazione definitiva attraverso le pratiche del Bodhisattva. Dalla comprensione della vacuità deriva comprensione della bodhicitta: il che è ribadito anche nei testi indiani. Un’ulteriore ricaduta positiva di queste due comprensioni è l’eliminazione delle convinzioni errate che derivano dalla falsa convinzione d’un sé inerente. Procediamo perciò nella pratica che ci fa progredire con certezza nelle vite fortunate!
La causa principale dell’illuminazione è la comprensione, quindi la bodhicitta, ed è su questa base che avviene l’acquisizione di metodi speciali. L’onniscienza è radicata nella compassione, al punto di non poter più accettare le sofferenze degli altri disgiunte dal pensiero che ne possano essere liberi. E qui, come sempre, non intendo tanto la sofferenza fisica dal dolore, né quella del cambiamento, ma la sofferenza pervasiva, connessa al samsara. Non dobbiamo dimenticare che la capacità di beneficiare gli altri, di desiderare e d’impegnarsi perché siano liberi della sofferenza, è veramente una dote non comune, che non tutti i praticanti, nemmeno elevati, detengono: tra questi ricordiamo gli Arhat che hanno il difetto di non beneficiare gli altri.
Abbiamo equanimità e compassione per i nostri nemici sofferenti? Ora non lo penso: quanti di noi non si compiacciono del nemico che sta male?
La mente che desidera prendersi cura degli altri esseri senzienti è generatrice di bellezza: beltà interiore ed esteriore.
Pensate alla infinita gentilezza degli esseri senzienti vostre madri negli infiniti cicli di nascite e rinascite che vi hanno preceduto, pensate alle infinite cure che vi hanno donato senza chiedervi nulla in cambio, pensate che sono stati per infinite volte vostre madri e nutrici e pensate se non sarebbe il caso di ricambiare quell’infinita e gratuita gentilezza. Pensate, al contrario, ai difetti dell’egoismo ed ai vantaggi del comportamento altruista! Meditiamo sulla compassione e sull’equanimità, come ci consiglia Kamalashila nel suo testo: Gli Stadi Intermedi della Meditazione, liberamente disponibile qui https://www.sangye.it/altro/?p=1698. Il che sortisce l’effetto di abbattere l’attaccamento. Tutti gli esseri senzienti desiderano la felicità e nessuno vuole soffrire! Fin dall’inizio del samsara, non c’è stato nessun essere, amico o nemico, che in una delle sue tantissime vite non sia stato gentile nei miei confronti! Pensiamo all’infinito numero d’esseri senzienti come lo spazio: sviluppiamo l’imparzialità che abbatte l’attaccamento.
Terminata la sessione di meditazione, entriamo nel periodo post-meditativo in cui dobbiamo mantenere la nostra mente ugualmente vigile e focalizzata sui temi della meditazione appena realizzata. È un momento particolarmente importante, perché ha la funzione di ricaricarci in funzioni della successiva sessione meditativa.
Cercate di svegliarvi presto al mattino e dedicate almeno un quarto d’ora alla meditazione. Io lo faccio prestissimo, attorno alle 3,30. Meditate ricordando Buddha Sakyamuni, la vacuità, la bodhicitta dell’altruismo, esprimendo una certa determinazione, pensando ad esempio: “Dedico il mio corpo, parola e mente per il benessere degli altri esseri senzienti.
Vedrete che gli effetti vi rimarranno per tutto il giorno, finanche alla sera, influenzando positivamente i vostri sogni. Il vero scopo della meditazione è quello di ricaricarvi, di rendervi più consapevoli, per cui appena avrete una controversia, vi arrabbiate o state per scontrarvi con qualcuno, l’attenzione della vostra mente vi riporterà ai contenuti della meditazione, rendendovi consapevoli di quanto state facendo e, di conseguenza, appena ve ne renderete conto bloccherete questo vostro comportamento negativo. Sapete benissimo che la meditazione, che per noi tibetani equivale alla familiarizzazione verso questo processo della mente, è un qualcosa che va portato avanti nel tempo, non solo per settimane o per mesi, ma per anni, anzi, per tutta la vita. Gradualmente il nostro atteggiamento verso le cose, i fenomeni andrà cambiando. Così riusciremo a trovare antidoti sia all’eccesso d’eccitazione sia all’eccesso di torpore! Come occorre predisporre l’ambiente ed il tempo adatto per veder crescere un fiore! Quand’ero in Tibet mi piaceva molto coltivare i fiori. Ne piantavo i semi, e stavo attento a curare il primo germoglio che spuntava dalla terra. Appena poi sbocciava il primo fiore, invece di lasciarlo al suo posto, lo raccoglievo dopo pochi giorni. Ero impaziente di vederli crescere per poi subito raccoglierli. Mentre invece la trasformazione mentale delle emozioni ha bisogno di tempo, di tanto tempo, e di costanza. Paragonate ora la vostra mente a quella di 10, 20, 30 anni fa. Vi è occorso del tempo perché la vostra mente cambiasse. Avete avuto bisogno di dedicarvi a lungo alla contemplazione ed alla meditazione per osservare quanto fosse mutata la vostra mente.
La base della compassione è la responsabilità universale che sorge sulla base della meditazione: il cammino per l’illuminazione. Pensando all’emancipazione della nostra condizione maturiamo il desiderio all’emersione definitiva dalla sofferenza samsarica verso l’illuminazione, mentre se pensiamo agli altri esprimiamo il desiderio che tutti gli altri esseri ottengano l’illuminazione. Ma non dobbiamo pensare che solo quest’ultima aspirazione sia quella corretta. Anche l’emersione definitiva no è un’aspirazione sbagliata, anzi, ne abbiamo bisogno. Mentre quel che va abbandonato è il desiderio per il piacere del samsara. È l’attaccamento che genera emozioni distruggenti che va eliminato. Mentre vanno coltivati i desideri positivi: quelli improntati alla Bodhicitta. Maturare compassione, desiderio d’evitare le cause della sofferenza samsarica e comunque d’uscirne e facendo sì che tutti gli esseri senzienti siano i beneficiari di questo processo, comprensione per la natura ultima, la vacuità, questa è la via del Buddha, quella che intende abolire qualsiasi tipo di desiderio negativo. Vanno quindi sviluppati tutti i desideri che si basano su nobili e valide ragioni: quelle della bodhicitta, basati sull’aspirazione dell’altrui liberazione. I voti del Bodhisattva con l’impegno alla bodhicitta, come anche spiegato nel Bodhisattvacharyavatara di Shantideva (liberamente consultabile e scaricabile qui https://www.sangye.it/altro/?cat=15 ) e come anche nel tantra, sono caratterizzati da diverse modalità e rituali per presentare la bodhicitta. Chi si considera Buddista visualizzi Buddha Sakyamuni, non come statua, ma come un vero essere vivente attorniato dai grandi maestri di Nalanda, come Nagarjuna, Aryadeva, Kamalashila, Dignaga, Shantideva, Kashiapa, Ananda, visualizzate inoltre nelle loro attribuzioni di divinità Tara, Vajrapani, Manjustri, seguiti dai lignaggi dei traduttori tibetani e dai grandi maestri Nigmapa, Kargyu, Sakya, Gelupa, tutti i lignaggi. I Cristiani possono invece visualizzare Gesù Cristo, mentre i Musulmani possono visualizzare La Mecca o Maometto e gli Induisti Krishna o altri dei.
Eseguite la pratica in sette rami e rallegratevi, sviluppando compassione per tutti gli esseri senzienti immersi nella sofferenza. Per conseguire lo scopo prendete i 3 rifugi, sviluppando rifugio nei tre Gioielli, esprimendo la mente del risveglio per beneficiare gli esseri senzienti, generando bodhicitta otteniamo comprensione e saggezza. Generate compassione verso la condizione di sofferenza comune a tutti gli esseri senzienti e la volontà di aiutarli ad elevarsi, ad uscirne.