Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama a Tolosa, Francia il pomeriggio del 13 agosto 2011 (terza parte – primo giorno) su “Gli stadi intermedi di meditazione” di Acharya Kamalashila liberamente disponibile qui https://www.sangye.it/altro/?p=1698. Traduzione dal tibetano in italiano di Fabrizio Pallotti. Appunti ed editing del Dott. Luciano Villa, dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Sua Santità il Dalai Lama
Non esiste un se’ dipendente da corpo e mente. Non esiste un atman indipendente o assolutamente, di per se’ esistente, non soggetto al cambiamento.
Sua Santità il Dalai Lama ridacchia.
L’unico se’ esistente e’ quello che coinvolgiamo nella pratica del prendere e dare, del ton len. Ma non esiste un’anima indipendente, un se’ auto referente, solido, immutabile, assoluto. Questo non e’ condiviso dal buddismo. Non esiste un io permanente, come questo mio corpo, come il mio ora di persona anziana, non e’ percepito come attraente. Il corpo e’ soggetto al cambiamento, cosi’ come si trasformano le situazioni. Da quando sono nato da mia madre sono cambiato moltissimo, ma come potrebbe l’io rimanere sempre lo stesso?
Chi crede nella rinascita condivide la convinzione che ci debba essere un qualcosa che va dalla vita precedente a quella attuale. Come potrebbe, allora, il mio corpo, parola e mente essere posseduti da quell’io indipendente, immutabile? Ma, per provare che si tratta d’una visione errata, occorre provarlo, occorre investigare profondamente: fino alla consapevolezza che non esiste un io indipendente, che non esiste un io possessore del mio corpo, parola e mente. Nel caso della reincarnazione, sarebbe errato pensare che e’ il mio io indipendente che ha viaggiato attraverso l’esistenza di più corpi, come entità autonoma, un io assoluto, indipendente.
Domanda: L’esistenza d’una mia coscienza dipende allora da un altro, da un qualcosa d’altro?
Sua Santità il Dalai Lama – La coscienza d’un individuo e’ sempre la continuazione di una coscienza precedente. Esistono vari modi di spiegare la continuità mentale. Ognuno ha una continuità della propria coscienza. Ma l’ha diversa dagli altri. Non ha una coscienza parte infinitesimale d’una coscienza collettiva, che si riassorbe in un se’ collettivo. Nell’ambito della natura delle potenzialità del seme di Buddha, questo e’ uguale per tutte le coscienze. Poiché le continuità degli esseri sono individuali, anche i Buddha hanno coscienze differenti, in quanto rappresentano livelli diversi di coscienza.
Domanda: Anche gli animali hanno la coscienza? E dobbiamo pregare affinché anch’essi raggiungano la chiarezza della liberazione?
Sua Santità il Dalai Lama – la coscienza degli animali e’ pervasa dalla natura del loro lignaggio. Il che significa che comunque tutti gli esseri possiedono le potenzialità di conseguire la liberazione, quindi lo stato di Ttagatagarba, perciò hanno la potenzialità di realizzare la buddhità. Esistono tantissimi livelli di coscienza che differenziano i tre reami, ma, alla base, la coscienza e’ sempre la stessa.
Il fondamento del Buddhismo e’ costituito dalle Quattro Nobili Verità, dalla Legge di Causalità, dalle Due Verità (convenzionale ed ultima) riconoscendo un gap nei fenomeni, che, una volta superato, permette di vederne, al di la’ delle apparenze, la loro effettiva realtà. Il vero scopo dell’addestramento mentale buddhista, e’ quello di colmare il confine tra le due realtà, senza fermarsi alle apparenze. La Quarta delle Quattro Nobili Verità esprime la visione filosofica, mentre le Due Verità esprimono la realtà al di la’ delle apparenza, la Terza delle Quattro Nobili Verità è la Verità della cessazione della sofferenza e delle cause e dei modi per realizzare la verità ultima o suniata. Il concetto delle Quattro Nobili Verità e’ comune a tutte le tradizioni buddiste: sia di tradizione Pali, sia Sanscrite dei sutra e dei tantra. Il Buddha storico diede pubblici insegnamenti sulle Quattro Nobili Verità, spiegandone ciascuna con quattro caratteristiche speciali, per cui ne derivano 16 e non più Quattro Nobili Verità, sviluppate rispetto ai 37 Fattori d’Illuminazione (1), all’Ottuplice Sentiero della Virtù (Retta visione, Retta intenzione, Retta parola, Retta azione, Retta forma di vita, Retto sforzo, Retta presenza mentale, Retta concentrazione), ai Tre Addestramenti Superiori (Moralità, Concentrazione – meditazione, Saggezza), con obiettivi intermedi ed ultimo: la felicita’.
Dov’è l’errore su cui si basa la nostra infelicità?
L’errore consiste proprio nel cadere nella trappola delle emozioni disturbanti o distruttive.
Qual’è il problema di fondo?
La comprensione corretta dei fenomeni, la comprensione degli ostacoli rappresentati dalle emozioni distruttive, che vanno eliminati. Il primo obiettivo temporaneo consiste nel conseguire la felicita’ della liberazione. Intendo la liberazione dagli ostacoli al conseguimento della Buddhita’, all’onniscienza. Tuttavia, prima dobbiamo far sorgere l’avversione definitiva alle oscurazioni ed alla sofferenza, proprio come gli innumerevoli esseri senzienti desiderano conseguire lo stato del Tatagatagarba: la natura fondamentale del Buddha. Inoltre mi convinco che desidero ottenere lo stato di Buddha per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Il che rappresenta il vero altruismo. Ma, per poterlo raggiungere, devo innanzitutto conseguire l’illuminazione. Comunque la mia illuminazione e’ finalizzata alla liberazione di tutti gli esseri senzienti, a beneficiare tutti gli esseri senzienti: indistintamente. Per conseguire la liberazione e, quindi, l’illuminazione, dobbiamo avvalerci di metodi corretti d’investigazione per realizzare le Due Verità, a partire dalla descrizione del mondo delle apparenze, fino alla realtà ultima: la realizzazione della vacuità o suniata.
I 16 aspetti delle Quattro Nobili Verità comprendono, a partire dalla Prima Nobile Verità della sofferenza: 1. Impermanenza, 2. Dolore, 3. Vacuità, 4. Mancanza di un Sé; mentre, rispetto alla Seconda nobile Verità dell’origine della sofferenza: 1. La causa della sofferenza, 2. La sua fonte, 3. Le sue circostanze, 4. Il suo sviluppo violento; rispetto alla Terza nobile Verità della cessazione: 1. Cessazione, 2. Pace, 3. Soddisfazione, 4. Completo abbandono; rispetto alla Quarta nobile Verità del sentiero: 1. Il sentiero, 2. La conoscenza, 3. La pratica, 4. Lo sradicamento dei klesha.
Cos’e’ il cammino del Bodhisattva?
E’ il sentiero sintetizzato dal nobile Ottuplice Sentiero della Virtù: Retta visione, Retta intenzione, Retta parola, Retta azione, Retta forma di vita, Retto sforzo, Retta presenza mentale, Retta concentrazione. E’ la via alla liberazione dai condizionamenti inferiori del samsara, il cammino oltre la sofferenza, per la felicita’ attraverso l’applicazione d’adeguati antidoti per il conseguimento della liberazione dal samsara e dell’onniscienza, in un percorso libero dai due estremi del nichilismo e dell’eternalismo.
Prima di Nagarjuna, s’accusava il Mahayana di non essere stato insegnato dal Buddha, ma da altri. Ma Maitreya, Shantideva, Bavaviveka e lo stesso Shantideva illustrarono compiutamente come gli insegnamenti Mahayana fossero autentici. Inoltre, per la comprensione della Terza Nobile Verità e’ necessario basarsi sui testi sanscriti. Ne deriva che il Mahayana e’ una tradizione estremamente importante. Così il Buddha insegno’ a Ragyr la Seconda Ruota del Dharma ad un gruppo selezionato d’ascoltatori, non pubblico. Qui si va più in profondità, con nuovi concetti, come la Chiara Luce, si tratta di concetti più vicini al tantra, dove specialmente s’utilizza la Chiara Luce soggettiva o Natura della purezza della mente. Nel tantra troviamo, infatti delle spiegazioni più profonde. Se studiamo attentamente le scritture, ci accorgeremo che tutto e’ correlato.
Un’altra controversia riguarda il tantra, per cui molti dei nostri tantra somigliano ai tantra indù. E’ vero. Esistono vere somiglianze con la teoria delle nadi, kundalini, tummo, trendali. La differenza fondamentale consiste nella concezione della vacuità o suniata e nella bodhicitta. Altrimenti, per qualcuno sarebbe difficile fare delle distinzioni tra tantra hindu e buddhista. Anche grandi maestri come Nagarjuna e Chandrakirti furono dei grandi yogi tantrici.
Anni or sono incontrai un grande studioso indiano di sanscrito vissuto circa 50 anni fa, di base era induista, poi divenne buddhista. Tra gli altri suoi meriti, oltre a quello d’aver scritto un compendio delle diverse scuole buddiste di pensiero, c’e’ quello d’aver scoperto un testo upadeva in sanscrito che tradusse in hindi. Upadeva e’ contenuto anche nel Tengyur. Quando gli chiesi se provenisse della Scuola di Nalanda, mi rispose: “Si, anzi sembrerebbe composto da più maestri di Nalanda, proprio perché i testi di Shantarakshita adottano la logica pramana, e Kamalashila ne scrisse in merito dei corposi volumi di commentario”. Il che mi permise di maturare una profonda ammirazione per quei maestri. Questo studioso trovo’ anche un’antichissimo testo upadeva su foglie di palma che trovo’ del tutto uguale allo stile di Aryadeva, l’autore del famoso testo “I 400 versi”. Ricordo che Aryadeva fu il discepolo principale di Nagarjuna e che upadeva e’ contenuto anche nel Tengyur, significante la purificazione delle impurità alla mente d’illuminazione. Il che, non solo lo convinse dell’autenticità del testo, che fu subito attribuito ad Aryadeva, ma anche del fatto che pure quest’ultimo grande maestro fosse un praticante tantrico in misura notevolmente elevata. Il che ulteriormente conferma l’autenticità del tantra buddhista, a meno di non accettare la concezione dei Quattro Kaya Mahayana Tantrayana. Perciò occorre analizzare attentamente, per comprendere profondamente la tradizione sanscrita del tantra Mahayana.