Le proteste dei tibetani a Delhi
Mentre Pechino celebrava i sessant’anni della fondazione della Repubblica Popolare, in diverse parti del mondo i tibetani hanno inscenato manifestazioni di protesta per denunciare i soprusi e l’arroganza della Cina.
A New Delhi, la polizia indiana ha arrestato ventuno tibetani che, sventolando bandiere a lutto e avvolti nel vessillo tibetano, si erano riuniti di fronte all’ambasciata cinese, nella zona di massima sicurezza di Chanakyapuri. Gli attivisti, tutti appartenenti al Tibetan Youth Congress, hanno cercato di oltrepassare il muro di cinta dell’ambasciata (nella foto l’arresto di un tibetano). “Si sono arricchiti succhiando il sangue del popolo”, ha dichiarato un manifestante ai giornalisti. Un altro tibetano ha così affermato: “Noi del Tibetan Youth Congress non possiamo stare a guardare, i cinesi arrivano persino a cercare pretesti per attaccare l’India, il paese che per noi è un esempio e per il quale siamo disposti anche a sacrificare le nostre vite”.
Contemporaneamente, a Dharamsala, reggendo uno striscione con la scritta “Sessant’anni di Tirannia”, le maggiori Organizzazioni non Governative tibetane chiedevano la fine “dell’oppressivo regime comunista cinese” e invocavano l’avvento della democrazia in Cina e nelle altre regioni sotto il colonialismo di Pechino. In un comunicato congiunto, l’Associazione delle Donne Tibetane, il movimento Gu-Chu-Sum, il Partito Democratico del Tibet e la sezione indiana del gruppo Studenti per un Tibet Libero così dichiarano: “Le ONG tibetane, in solidarietà con il popolo della Cina, del Tibet e del Turkestan Orientale, si schierano unite contro il dispotico dominio del governo cinese”. “Nonostante i grandi cambiamenti e il progresso economico di questi ultimi sessant’anni, al popolo cinese sono ancora negati i fondamentali diritti umani”, prosegue il comunicato.
Queste le parole di Tsewang Rigzin, presidente del movimento Tibetan Youth Congress: “Oggi il regime comunista cinese celebra i sessant’anni della sua fondazione e noi siamo qui per denunciare i sessant’anni della brutale occupazione e oppressione del Tibet e del popolo tibetano”.
A Kathmandu, poliziotti in assetto antisommossa hanno fermato almeno trentotto tibetani che stavano protestando davanti a un edificio dell’ambasciata cinese. I manifestanti, sventolando bandiere tibetane, gridavano: “Non esistono diritti umani in Tibet” e “Vogliamo un Tibet libero”. Chabiraman Bhattarai, un ufficiale di polizia, ha dichiarato all’agenzia Afp che ”saranno rilasciati dopo le indagini necessarie”.
Notizie dell’ultim’ora, diffuse dall’agenzia Associated Press, riferiscono che i tibetani arrestati nella capitale nepalese sono una settantina.
Una spettacolare dimostrazione si è tenuta anche a New York, di fronte all’Empire State Building, illuminato con luci rosse e gialle in onore della celebrazione del sessantesimo anniversario della Repubblica Popolare. Un folto gruppo di tibetani e loro sostenitori hanno contestato la decisione dell’amministrazione cittadina alzando cartelli e striscioni in cui si denunciava la “vergognosa illuminazione” dell’edificio. Gridando slogan, i dimostranti spiegavano ai turisti che “la Cina racconta bugie e l’Empire State Building l’aiuta a mentire”.