Ricorre oggi, 4 giugno 2008, il diciannovesimo anniversario del massacro di Piazza Tian An Men. Nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989 il regime comunista di Pechino represse nel sangue la rivolta dei studenti e lavoratori cinesi. Vi furono da 2600 a 3000 morti ed un numero imprecisato di feriti. La lotta spontanea fu definita un semplice “complotto controrivoluzionario” e per sedarla furono impiegati l’esercito e 200 carri armati. Il massacro fu universalmente condannato e alcuni stati deliberarono l’imposizione di sanzioni. L’Unione Europea decretò l’embargo della vendita di armi alla Cina, provvedimento, almeno sulla carta, tuttora in vigore. In un comunicato, l’organizzazione Human Rights Watch cosi’ afferma: “Nel 19 anniversario del massacro di Piazza Tien An Men, il governo cinese dovrebbe dare prova concreta di aver migliorato il proprio livello di rispetto dei diritti umani prima dei Giochi Olimpici rilasciando i 130 prigionieri che da allora sono ancora ingiustamente privati della loro liberta'”. “Le autorità cinesi” – ricorda inoltre il comunicato – “continuano a perseguitare i sopravvissuti, le loro famiglie e tutti coloro che contestano la versione ufficiale dei fatti”. A Dharamsala la ricorrenza del 4 giugno e’ ricordata dai tibetani con una veglia a lume di candela e la proiezione del documentario “Tien An Men: the Gate of Heavenly Peace”, che si terrà nei pressi dello Tsuglagkhan, il principale tempio della cittadina. Un volantino, distribuito ai rifugiati dagli organizzatori della manifestazione, recita: “Il 4 giugno e’ per la Cina cio’ che il 10 marzo e’ per il Tibet”.