il Dalai Lama al villaggio di Shiao Lin, ora ridotto a un ammasso di fango e detriti, ed ha pregato assieme ai superstiti della tragedia
I devastanti effetti del tifone Mokarot che, all’inizio del mese di agosto ha colpito l’isola di Taiwan provocando la morte di almeno 571 persone, hanno costretto il presidente taiwanese Ma Ying-jeou, subissato dalle critiche per il ritardo e l’inefficienza nell’invio degli aiuti umanitari, ad accogliere la richiesta del partito d’opposizione, il Democratic Progressive Party, di invitare il Dalai Lama per portare conforto alle famiglie delle vittime. Arrivato sull’isola nella tarda serata del 30 agosto, il leader tibetano si è recato il giorno successivo al villaggio di Shiao Lin (nella foto), ora ridotto a un ammasso di fango e detriti, ed ha pregato assieme ai superstiti della tragedia. Ai giornalisti ha dichiarato di non essere dispiaciuto per il rifiuto del presidente Ma a incontrarlo e ha sottolineato il carattere puramente umanitario della sua visita. “Per quanto mi riguarda, non vi è nulla di politico nella mia agenda”, ha affermato. “Tuttavia” – ha proseguito – “Taiwan dovrebbe mantenere stretti e peculiari legami con la Cina ma, allo stesso tempo, dovrebbe poter avere democrazia e prosperità”. “Noi non vogliamo la separazione di Taiwan dalla Cina ma il destino dell’isola è legato a quello di oltre venti milioni di persone”. “Ora vivete in un sistema democratico e dovete conservarlo”, ha aggiunto. “Io stesso mi dedico totalmente alla diffusione della democrazia”.
Il 1° settembre, nella città di Kaohsiung, il Dalai Lama ha pregato nello stadio cittadino assieme a una folla di oltre diecimila devoti buddisti. Nessun accenno a questioni politiche: “Sono qui solo per benedire le vittime del tifone”, ha detto Tenzin Gyatso. Tuttavia, la Cina ha cancellato o posposto alcuni eventi mirati a evidenziare il miglioramento dei rapporti tra Taiwan e Pechino iniziati quindici mesi fa, con la presidenza di Ma Ying-jaou. La scorsa settimana, il Partito nazionalista al governo ha inviato nella capitale cinese un proprio emissario, il vice segretario Chang Rong-kung, con l’incarico di spiegare i motivi in base ai quali il presidente Ma aveva acconsentito alla visita. “La posizione di Pechino sulla questione è per noi molto importante”, ha dichiarato. “Per questo motivo abbiamo cercato di spiegare il nostro punto di vista”. Nessun accenno, tuttavia, alla risposta della Cina.
In un articolo pubblicato sul sito Phayul.com, il giornalista e scrittore francese Paul Arpi analizza le ragioni che avrebbero spinto il Dalai Lama ad accettare l’invito rivoltogli dal partito d’opposizione taiwanese. “Sembra che il Dalai Lama stia tentando una nuova strategia”, scrive Arpi. “Poiché l’attuale regime autoritario di Pechino non ha mostrato alcun segno di comprensione o lungimiranza, il leader tibetano ha iniziato ad ampliare i suoi contatti personali con i cinesi”. Con la speranza che milioni di cinesi, sia che appartengano alla Cina continentale sia che vivano nei territori d’oltremare, abbiano di lui un’immagine diversa e comprendano che i tibetani non nutrono sentimenti di odio contro il popolo cinese e la stessa Cina.
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