Il Tibet di Tenzin Delek, di Raimondo Bultrini
“Sono sempre stato sincero e devoto agli interessi e al benessere del popolo tibetano, il mio popolo. Questa è la vera ragione per cui i cinesi non mi amano e mi hanno accusato. Questo è il motivo per il quale stanno per prendere la mia vita preziosa, anche se sono innocente”. E’ l’ultima frase attribuita a Tenzin Delek Rimpoche, 65 anni, un riverito maestro celebre per le sue attività umanitarie, di assistenza medica, istruzione e difesa dell’ambiente nel Tibet orientale, nonché mediatore con le autorità cinesi.
Tenzin Delek Rimpoche in una foto giovanile
Proprio queste “autorità” hanno comunicato all’improvviso la sua morte per “cause naturali” avvenuta – dicono – il 12 luglio scorso nella cella dove si trovava dal 2002 come “terrorista”. Impossibile capirne di più dopo che il corpo è stato cremato in tutta fretta. Sappiamo che fu arrestato durante l’indagine per una bomba esplosa in una piazza di Chengdu, la capitale del Sichuan, che venne condannato a morte e che dopo le pressioni internazionali su Pechino la sua pena si trasformo’ in carcere a vita. Il suo studente e assistente Lobsang Dhondup di 28 anni venne pero’ giustiziato subito come autore materiale.
Bruciando il corpo del religioso, i cinesi non hanno solo occultato ogni traccia di altre possibili cause della morte, ma hanno tolto ai parenti la possibilità di svolgere per lui i complessi e sentiti rituali religiosi, una delle violenze più crudeli che si possano infliggere a un devoto tibetano del buddhismo. Da millenni i canti dei lama e dei monaci esperti dei mantra accompagnano la mente dei defunti attraverso le prime fasi del bar-do tra morte e rinascita, quando si dice che la natura dell’individuo esce dal corpo materiale e inizia il viaggio nella dimensione di passaggio. Tenzin Delek Rinpoche era considerato un reincarnato, in grado di superare da solo le linee divisorie tra le diverse esistenze, ma nessuno è in grado di dire se gli sia stato possibile stavolta scegliere volontariamente se e come andarsene.
Tra la sua gente, più che per i poteri mistici e la grande autorità spirituale, Tenzin Delek era celebre per aver sempre supportato materialmente la comunità nomadi di Garzé dov’era cresciuto. Ben 40mila persone – pur rischiando severe ritorsioni – hanno firmato la richiesta di revisione del processo, condotto senza alcuna possibilità di difesa e sulla base di denunce che Tenzin Delek definì “completamente artefatte e ingiuste”.
Colpevole o meno, la Cina aveva almeno due motivi per negare la consegna del corpo ai parenti imploranti: il primo per non mostrare i segni di un eventuale pestaggio o sintomo di malattia lasciata degenerare senza cure in cella; il secondo per evitare di trasformare i rituali di preghiera in scintilla di ribellione, vista la popolarita’ del monaco e l’ostilità mai sopita verso la presenza militare cinese anche nei luoghi di culto.
In Cina le autorità giudiziarie e di polizia locali non decidono mai da sole la sorte degli individui come Delek Rimpoche, se sono al centro di casi dai delicati risvolti politici. C’è a Pechino un nemico ben più temuto del terrorismo, un fantasma ricorrente negli incubi dei leader del Paese comunista: la nascita di gruppi di consenso cresciuti al di fuori delle organizzazioni ammesse dal Partito. Per questo fu eliminata con ferocia e arresti in massa la Falun Gong buddhista, e per lo stesso motivo si teme la popolarità e il carisma del Dalai lama, ai cui seminari in India e all’estero partecipano spesso cinesi della madre patria. Anche Tenzin Delek a suo modo costituiva nel Tibet orientale un centro di attrazione “pericoloso” per tanti giovani e non che imparavano da lui come aiutare a risolvere i problemi della gente. Risolvere i problemi vuol dire scoprire le loro cause, le discriminazioni tra cittadini di serie A – la maggioranza degli han che dominano il Tibet come una colonia – e di serie B, i tibetani dominati nelle stesse terre dei loro antenati.
Bimbi a una manifestazione in sostegno di Delek Rimpoche
A tenere d’occhio ogni tipo di attività sociale in queste periferie dell’impero ateo comunista dove la base della popolazione è religiosa come nello Xinjiang e in Tibet, ci pensano direttamente e indirettamente le varie diramazioni del Central United Front Department, o Fronte Unito Centrale. “Creato come speciale agenzia del Comitato centrale del Politburo, l’UFD – cito da un mio vecchio libro, il Demone e il Dalai lama – “è uno tra i più potenti strumenti del Partito comunista cinese, con una facciata istituzionale delegata a occuparsi dei rapporti con tutti i settori della società e un’altra più sotterranea di intelligence, ramificata su tutto il territorio nazionale e all’estero. Il Grande timoniere definì lo United Front «una delle tre armi con cui abbiamo sconfitto il nemico», assieme al Partito e all’esercito. Lo United Front Department ha condotto operazioni più o meno riservate contro i nazionalisti di Taiwan, di Hong Kong e di Macao oltre – ovviamente – contro «la cricca del Dalai lama» e i gruppi indipendentisti, sospettati da Pechino di essere a loro volta al servizio del governo esule”.
Nessuno puo’ dire se negli uffici dell’UFD è stata decisa anche la sorte del povero Tenzin Delek. Ma la strategia di questo organismo prevede atti e modalità talvolta impietose basate sul principio antico della Ragion di Stato, che poco hanno a che fare con i diritti degli esseri umani di professare il proprio credo. Le autorità locali del Tibet si sono prese ad esempio il diritto di selezionare i religiosi considerati “reincarnazioni”, o tulku, affidando la decisione finale a un comitato politico-amministrativo dove siedono lama vicini al regime. E’ una legge in vigore già da diversi anni il cui obiettivo finale dovrà essere la sostituzione dell’attuale Dalai lama con un altro scelto da Pechino. Per rivendicarne il diritto i cinesi hanno modificato la storia del Tibet sostenendo che da secoli la scelta degli alti lama avviene attraverso la lotteria tra i nomi contenuti dentro un’urna d’oro offerta dagli imperatori ai capi del clero tibetano.
Il Panchen Lama nominato dai cinesi con un membro del Congresso nazionale del popolo
Sembra perfino ingenuo pensare che ai vertici del Comitato centrale qualcuno creda davvero al sorteggio per lotteria di un “Buddha vivente” – come li chiamano- ma di certo si ritengono autorizzati a sostituire un Dalai lama con un altro. Esattamente venti anni fa la stessa cosa accadde alla reincarnazione del Panchen lama, figura numero due del buddhismo tibetano, oggi un membro dei vertici comunisti.
Si può credere o non credere al fatto che qualche essere umano sia davvero in grado di andare e tornare a piacimento su questa terra, ma chi ne è convinto non fa male a nessuno, se non a quanti hanno paura della forza di una incrollabile fede, ben precedente all’arrivo del socialismo capitalista. La durezza di cuore dei cinesi nasce dall’aver scambiato per politica una ribellione ai dogmi ideologici che è fondamentalmente spirituale. Gli strateghi dell’Union Front Department usano perfino il culto di un demone chiamato Shugden per dividere i tibetani tra chi crede sinceramente nell’attuale Dalai lama e chi lo ritiene un impostore, che viola i diritti spirituali dei seguaci di questo “nuovo Buddha” dall’aspetto feroce autorizzato e sostenuto dal Partito comunista cinese.
Il lama filo-cinese Ganchen tulku, seguace del culto Shugden, con i membri dello United Front Department
C’è una testimonianza drammatica registrata in video da uno degli ex membri del culto che, insieme alle autorità cinesi, ha pianificato la strategia di denigrazione dell’attuale Dalai lama durante gran parte dei suoi viaggi all’estero. Il racconto non è facile da seguire, non solo per i sottotitoli dal tibetano all’inglese, ma anche per via dello stato emotivo del monaco, che descrive complessi intrighi e alleanze studiate a tavolino tra alcuni gruppi di religiosi o laici tibetani ostili al Dalai lama e i responsabili cinesi. Il religioso cita nomi, fatti, circostanze e documenti dei quali sarebbe in possesso https://www.youtube.com/watch?v=S3zosv39mDM . Chi avrà la pazienza di seguirlo fino in fondo capirà perché in nome della realpolitik si può lasciare morire qualcuno in cella senza assistenza.
http://bultrini.blogautore.repubblica.it/
Cremato in prigione il corpo di Tenzin Delek Rinpoche
Il corpo di Tenzin Delek Rinpoche è stato cremato dalle autorità carcerarie in una prigione segreta a circa 5 Km dalla prigione di Chuandong, a Chengdu. Inascoltate le richieste dei famigliari che desideravano compiere i riti funebri, secondo i canoni della tradizione Buddista, a Lithang, terra natale di Tenzin.
Soltanto a circa trenta tibetani, tra parenti stretti e studenti, è stato consentito di vedere il corpo di Tenzin Delek Rinpoche prima della cremazione e di recitare qualche preghiera. “Non è stato possibile portare all’interno della fatiscente prigione alcuna macchina fotografica o telefono”, hanno fatto sapere i famigliari. “Tutto quanto Tenzin Delek possedeva è stato bruciato e a nessuno è stato permesso di portare con sé un ricordo”.
Nyima Dhondup, cugino di Tenzin, ha dichiarato: “Ho il cuore a pezzi e sono anche molto arrabbiato. La mia famiglia non può accettare tutto questo. Continueremo a chiedere giustizia fino a quando non otterremo risposta”.
Fonte: The Tibet Post International, http://www.italiatibet.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1249:tibet-il-testamento-spirituale-di-sonam-topgyal-immolatosi-il-9-luglio-2015-cremato-in-carcere-il-corpo-di-tenzin-delek&catid=33:notizie&Itemid=50
DOPO 13 ANNI DI DETENZIONE E’ MORTO IN CARCERE TENZIN DELEK RINPOCHE:
Comunicato della Comunità Tibetana in Italia e dell’Associazione Italia-Tibet
Il Lama tibetano Tenzin Delek Rinpoche è morto in carcere in circostanze misteriose dopo 13 anni di detenzione. Stava scontando una condanna per l’accusa di essere stato coinvolto in un attentato in un parco pubblico a Chengdu. Aveva 65 anni. Tutte le organizzazioni per i diritti umani hanno sempre sostenuto come fossero false e pretestuose le accuse contro di lui. L’organizzazione Students for a Free Tibet ieri a New York ha comunicato che i familiari sono stati informati della morte dell’importante lama nella giornata di domenica. La polizia della provincia di Sichuan nella Cina sud-occidentale ha confermato la morte, ma ha rifiutato di fornire ulteriori dettagli. Tenzin Delek è stato arrestato assieme al suo giovane assistente Lobsang Dondhup nel 2002 in relazione ad una esplosione che ha ferito tre persone il 3 aprile 2002 nella città di Chengdu. E ‘stato condannato a morte con l’accusa di reati di terrorismo e di incitamento al separatismo pochi mesi dopo. La sua condanna a morte fu commutata in ergastolo nel 2005, e poi a 20 anni di carcere. Il suo assistente Dondhup fu invece ucciso quasi subito dopo il suo arresto. Tenzin Delek era stato detenuto in un carcere a Dazhu, nella provincia di Sichuan, ai confini con la regione tibetana. Una donna del Public Security Bureau in Dazhu ha confermato che Tenzin Delek è morto Domenica. Ha rifiutato di identificarsi. Students For a Free Tibet ha riferito che i suoi familiari non hanno potuto essere informati dalla polizia sulle cause reali della morte. L’anno scorso, avevano chiesto garanzie mediche proprio per il fatto che Tenzin Delek Rimpoche soffriva di gravi problemi di cuore, pressione alta, e problemi con le gambe che lo avevano fatto cadere più volte in seguito anche ad attacchi di vertigine. Nato nel 1950 in una zona tibetana del Sichuan, Tenzin Delek aveva soggiornato in India dal 1982 al 1987 per studiare con il Dalai Lama. Durante questo periodo, il Dalai Lama Tenzin Delek lo aveva riconosciuto come tulku, o un lama reincarnato. Tenzin Delek era un lama estremamente rispettato dai tibetani e la notizia della sua morte ha devastato il cuore e le menti dell’intero popolo del Tibet. Per Tenzin Delek in Tibet furono raccolte in una petizione per chiedere il suo rilascio oltre 40.000 firme con l’aggiunta di una identificazione personale in inchiostro rosso. Ognuno dei 40.000 firmatari tibetani sa che in questo modo rischia la propria libertà e, forse, anche la vita per Tenzin Delek Rinpoche. Già nel 2002 molti tibetani che protestarono per la sua condanna furono arrestati. Human Rights Watch con sede a New York aveva sentenziato che il processo contro di lui era stato pesantemente “proceduralmente viziato” al fine di limitare la sua attività di promozione del buddhismo tibetano e il lavoro di sviluppo delle attività sociali e culturale dei tibetani. Tenzin Delek Rinpoche è stato un grande leader della sua comunità e per decenni un convinto sostenitore della tutela e della conservazione della cultura, della religione, e dello stile di vita tibetani. La sua morte è un ulteriore vergogna a carico del governo cinese e della sua politica nel Tibet illegalmente occupato da 65 anni. Una politica basata solo sulla repressione e sull’emarginazione del popolo tibetano, da tempo minoranza nel suo stesso paese. Una politica che ha prodotto come risultato 148 auto immolazioni con il fuoco di uomini, donne, monaci e laici, per lo più giovani, del Paese delle Nevi. Tutto questo nel silenzio vergognoso ma assordante dell’occidente, che si prepara a premiare Pechino con l’assegnazione dei Giochi Olimpici Invernali nel 2022. Fino a quando? http://www.italiatibet.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1248:dopo-13-anni-di-detenzione-e-morto-in-carcere-tenzin-delek-rinpoche&catid=33:notizie&Itemid=50