- Sua Santità il Dalai Lama: “il solo denaro non porterà una buona immagine della Cina, né fiducia. La fiducia è fondata sulla trasparenza e l’onestà”.
Dalai Lama: “qualcosa sta cambiando in Cina, ho fiducia negli intellettuali e nella popolazione”. Da Ginevra il Dalai Lama evidenzia il fallimento della politica cinese verso la minoranze, che ha portato solo incomprensioni e proteste di piazza. Ripete che non basta lo sviluppo economico, ma occorre onestà e autorità morale. E lancia una nuova possibilità di dialogo.
La politica cinese degli ultimi 60 anni verso le minoranze etniche “non è riuscita a conquistare la loro fiducia” e deve essere cambiata. Il Dalai Lama, leader spirituale in esilio dei buddisti tibetani, a Ginevra dice in conferenza stampa che Pechino deve affrontare i problemi del rapporto con le minoranze in modo realista e non soltanto ideologico. Egli spiega che “il solo denaro non porterà una buona immagine della Cina, né fiducia. La fiducia è fondata sulla trasparenza e l’onestà”. Pechino è stata spesso accusata di praticare una politica repressiva verso le minoranze etniche del Paese (come i tibetani e gli uighuri), cercando di eliminarne persino le tradizioni e la lingua. Alle accuse la Cina ha sempre risposto di aver portato maggiori opportunità e un grande sviluppo economico in quelle regioni. Le etnie locali ribattono che lo sviluppo economico ha favorito soprattutto gli interessi dei milioni di etnici han immigrati in Tibet e Xinjiang, al punto da rendere gli autoctoni una minoranza nella loro terra. Il Dalai Lama ribadisce, invece, che “l’autorità morale è davvero essenziale”, anche se la Cina sta diventando una superpotenza economica mondiale. Il leader tibetano non cerca una facile condanna della repressione cinese, ma ripete che anche “l’armonia è davvero essenziale…. E’ nostra comune responsabilità trovare una soluzione [per convivere], senza separatismo”. Pechino accusa il Dalai Lama di essere un pericoloso terrorista che desidera la secessione del Tibet dalla Cina. Questi ha sempre risposto di volere solo una maggiore autonomia. In Tibet è in atto una sistematica repressione, dopo le proteste di piazza esplose nel marzo 2008. Nella primavera 2008, dopo che molti leader politici avevano minacciato di boicottare le Olimpiadi per protesta, Pechino ha accettato di riaprire un tavolo di trattative con rappresentanti del Dalai Lama, che però si sono chiuse subito dopo i Giochi senza alcuna concessione. Il Dalai Lama ha spiegato che, poiché è difficile un colloquio con i leader, ora i tibetani “cercano di avere rapporti con gli intellettuali cinesi” e hanno avuto riscontri “molto positivi”. “Qualcosa sta cambiando. Ho fiducia che gli intellettuali e la popolazione cinese vedano le questione in modo più realistico…. Sono molto ottimista”, ha concluso. Un mese fa è esploso anche il malcontento degli uiguri nello Xinjiang, con scontri di piazza e guerriglia urbana e un bilancio di oltre 190 morti e migliaia di feriti.