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Shichung si è immolato per il Tibet
Ottobre 5th, 2013 by admin

AUTOIMMOLATO. FORTE TENSIONE A DRIRU Dharamsala, 4 ottobre 2013. Le autorità cinesi della Contea di Ngaba hanno costretto i familiari di Shichung, il tibetano di quarantuno anni immolatosi con il fuoco sabato 28 settembre a Gomang Thawa, nella Contea di Ngaba, a gettare nel fiume Ngachu le ceneri del loro congiunto. Prima di darsi fuoco, Shichung, di professione sarto e padre di due bambini, aveva acceso una lampada a burro di fronte a un ritratto del Dalai Lama.

Prima di stramazzare al suolo con il corpo in fiamme, Shichung ha percorso i pochi passi che separano la sua abitazione dalla strada principale della cittadina, già pattugliata da un ingente numero di forze di polizia chiamate a sorvegliare lo svolgimento delle celebrazioni del Man-s To, una festività religiosa che ogni anno si tiene a Gomang. Le autorità cinesi non solo si sono rifiutate di consegnare ai familiari i resti del loro congiunto ma, il giorno seguente, quando i parenti si sono recati alla stazione di polizia per chiedere almeno la restituzione delle ceneri, hanno preteso che i suoi resti fossero gettati nel fiume Ngachu.

Fonti tibetane in esilio hanno riferito che, il giorno prima di portare a compimento il suo atto di protesta, Shichung, vedendo il gran numero poliziotti inviati a sorvegliare i preparativi della festa, ha confidato agli amici : “Questi cinesi non ci lasciano vivere, devo darmi fuoco di fronte a loro”. La sua morte porta a centoventuno il numero di quanti si sono autoimmolati all’interno del Tibet e a centoventotto il totale di quanti hanno scelto di darsi la morte con il fuoco, includendo coloro che si sono autoimmolati nell’esilio indiano e in Nepal.

Situazione molto tesa nella Contea di Driru, nel Tibet orientale, dopo il rifiuto degli abitanti della zona di issare la bandiera cinese sui tetti delle loro case, in segno di amore per la madrepatria, in occasione del 64°anniversario della fondazione della Repubblica popolare.  Il 28 settembre, pesanti scontri con le forze di sicurezza cinesi sono avvenuti nel villaggio di Mowa, dove i tibetani, disobbedendo all’ordine, hanno gettato le bandiere cinesi in un fiume, e nel villaggio di Monchen. Entrambi gli insediamenti sono completamente circondati. Quaranta tibetani dei villaggi vicini che avevano protestato per la violenza e la forza usata dalle forze dell’ordine cinesi contro gli abitanti di Mowa sono stati tratti in arresto.

Un migliaio di tibetani si sono riuniti in uno sciopero della fame di ventiquattro ore di fronte agli uffici governativi chiedendo il rilascio degli abitanti di Mowa arrestati il 28 settembre. Le quaranta persone liberate in seguito all’intervento del vice segretario del Partito della Regione Autonoma e del segretario del Partito della Contea di Nagchu. Molti portavano i segni delle percosse ricevute.

Le autorità hanno allestito sei nuovi posti di blocco e un grande accampamento militare vicino a Mowa e controllano tutti i movimenti degli abitanti e le linee di comunicazione. Difficile di conseguenza avere notizie. Una fonte locale ha fatto sapere che in tutta l’area la situazione è simile a quella esistente ai tempi della Rivoluzione Culturale. “Dai 7 ai 10 soldati stazionano davanti a ogni casa nell’arco di tutte le 24 ore”, ha affermato.

Il 30 settembre, scaduti i termini della sua detenzione, le autorità cinesi hanno rilasciato Joleb Dawa, scrittore e insegnante tibetano residente in un villaggio della Contea di Ngaba, arrestato e condannato nel 2010 a un anno di carcere e nuovamente arrestato e condannato a tre anni di detenzione nell’ottobre 2011, con l’accusa di aver pubblicato scritti considerati “separatisti”. Fonti: Phayul – TCHRD – Tibetan Review http://www.italiatibet.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1033:-autoimmolato-forte-tensione-a-driru-&catid=33:notizie&Itemid=50

IMMOLAZIONE NELLA CITTA’ DI GOMANG TAWA

28 Settembre 2013 – Nonostante l’imponente apparato repressivo messo in atto da Pechino e il continuo tentativo di corruzione anche attraverso il denaro continuano le proteste e le auto immolazioni in Tibet. Questa mattina nella contea di Ngawa un uomo di 41 anni Shichung si è dato fuoco sulla strada principale della città Gomang Tawa ed è morto sul luogo della protesta.

Un monaco tibetano dell India del Sud ha riferito che l’uomo, che era di ritorno da una cerimonia religiosa che ogni anno si tiene a Gomang, aveva nelle mani una lampada al burro e un immagine del Dalai Lama. È intervenuta subito la polizia circa 150 agenti che hanno sequestrato il corpo di Shichung. L’uomo,  il 128mo martire del dolente Tibet, lascia la moglie e due bambini. http://www.italiatibet.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1032:nuova-immolazione-nella-citta-di-gomang-tawa&catid=33:notizie&Itemid=50

Tibet, al festival di Mani la 121ma auto-immolazione contro l’occupazione cinese
Un contadino, padre di due figli, si dà fuoco durante la giornata di preghiera buddista. Le autorità prendono il cadavere della vittima con la forza: “Serve alle indagini”.

Lhasa (AsiaNews) – Un uomo di 41 anni, padre di due bambini, è l’ultimo tibetano in ordine di tempo a darsi fuoco contro l’occupazione cinese del Tibet. Shichung, contadino e sarto part-time, si è auto-immolato intorno alle 4 del pomeriggio del 28 settembre (ora locale) nel villaggio Gomang Thawa, municipalità di Goman nella contea orientale di Ngaba. La vittima è morta sul posto. Il decesso è stato confermato da Free Tibet.

L’estrema protesta è avvenuta durante il festival annuale di preghiera Mani. Secondo le fonti, Shichung ha lasciato la celebrazione intorno a mezzogiorno ed è tornato a casa per prepararsi all’auto-immolazione. Ha acceso delle lampade davanti a un’immagine del Dalai Lama, il leader spirituale del Tibet in esilio. Subito dopo è uscito di casa, si è dato fuoco ed è corso per la strada principale del paese. Qui è morto.

Si tratta della 121ma auto-immolazione dal febbraio 2009, quando sono riesplose le proteste contro la Cina per una piena libertà religiosa e per chiedere il ritorno in Tibet del Dalai Lama.

La vittima aveva parlato dei suoi sentimenti contro l’occupazione cinese del Tibet ad alcuni amici, incontrati qualche giorno prima in un negozio di tè: “Queste persone [le autorità cinesi] ci guardano dall’alto in basso. Sembra che non ci lasceranno mai in pace”. Dopo la sua auto-immolazione, oltre 100 fra poliziotti e soldati – già presenti nel villaggio per supervisionare il festival di preghiera – sono giunti sulla scena.

I militari si sono scontrati con i tibetani, che volevano portare a casa il corpo del defunto. La pubblica sicurezza l’ha invece preso con la forza perché “necessario per le indagini sull’accaduto”. Alcuni dei presenti hanno cercato di riprendersi il cadavere ma sono stati fermati dagli anziani del villaggio, che temevano un’escalation di violenza e una nuova ondata di repressione da parte cinese.

http://www.asianews.it/notizie-it/Tibet,-al-festival-di-Mani-la-121ma-auto-immolazione-contro-l’occupazione-cinese-29143.html


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