Dichiarazione di Sua Santità il Dalai Lama a tutti i tibetani
Nell’estendere un caloroso saluto al tutti tibetani in Tibet, vorrei condividere alcuni miei pensieri.
1. Dal 10 marzo di quest’anno siamo stati testimoni di proteste e dimostrazioni in quasi ogni parte del Tibet, e persino in alcune città della Cina continentale ad opera degli studenti; tali manifestazioni sono l’esplosione della sofferenza fisica e mentale dei tibetani a lungo repressa e di un profondo risentimento nei confronti dell’abolizione dei diritti del popolo tibetano, della mancanza di libertà religiosa, e dei tentativi di distorcere la verità in ogni occasione, fino a dire che i tibetani guardano al Partito Comunista cinese come al “Buddha Vivente”, un’affermazione estremistica che suona come uno schiaffo da parte dello sciovinismo Han. Sono molto rattristato e preoccupato dall’uso delle armi nel reprimere le pacifiche esternazioni delle aspirazioni dei tibetani sfociate nelle agitazioni in Tibet: ciò ha causato molti decessi, e un numero ancora più alto di vittime contando i detenuti e i feriti. Questa repressione e queste sofferenze sono una tale sventura e una tale tragedia, che qualsiasi persona compassionevole è mossa alle lacrime. Io, comunque, mi sento impotente di fronte a tali tragici incidenti.
2. Prego per tutti i tibetani e per tutti cinesi che hanno perso la vita durante l’attuale stato di crisi.
3. Le recenti proteste in tutto il Tibet non solo hanno contraddetto ma addirittura hanno disgregato la propaganda della Repubblica Popolare Cinese, secondo la quale tutti i tibetani, a parte un manipolo di “reazionari”, conducono una vita soddisfacente e prospera. Queste proteste hanno reso più che evidente che nelle tre province del Tibet, l’U-tsang, il Kham e l’Amdo, i tibetani nutrono le stesse aspirazioni e le stesse speranze. Hanno anche comunicato al mondo che la questione tibetana non può più essere trascurata, e hanno evidenziato il bisogno che essa venga risolta “cercando la verità nei fatti”. Il coraggio e la determinazione dei tibetani che, per la causa superiore di tutto il popolo tibetano, hanno esternato la loro profonda sofferenza e le loro speranze, rischiando ogni cosa, è davvero encomiabile, giacché la comunità mondiale ha riconosciuto e sostenuto lo spirito che li ha animati.
4. Apprezzo profondamente le azioni dei molti tibetani che, pur essendo funzionari del governo e del Partito Comunista, nell’attuale crisi hanno dimostrato di avere coraggio, di non aver perso la loro identità tibetana, e di avere il senso della giustizia. Vorrei fare appello anche ai funzionari del Partito Tibetano e del governo tibetano perché in futuro non siano più incentrati solo sul tornaconto personale ma lavorino davvero a salvaguardia di un più alto interesse, quello del Tibet, riportando ai loro superiori nel Partito i veri sentimenti dei tibetani, e cercando di offrire a questi ultimi una guida non viziata da pregiudizi.
5. Presidenti, primi ministri, ministri degli esteri, premi Nobel, parlamentari e semplici cittadini che provano un interesse genuino [per la questione tibetana] hanno inviato, da ogni parte del mondo, messaggi chiari e forti alla leadership cinese affinché ponga fine all’attuale inasprimento della repressione in Tibet. Tutti hanno esortato il governo cinese a percorrere una strada che conduca ad
una soluzione di mutuo beneficio, e noi dovremmo creare un’opportunità perché tutti questi sforzi si
concretizzino in risultati positivi. So bene che siete stati provocati su tutti i piani, ma è importante attenersi alla regola della non-violenza.
6. Le autorità cinesi hanno falsamente accusato me e l’Amministrazione Centrale Tibetana di aver istigato e orchestrato i recenti eventi in Tibet. Tali accuse sono del tutto prive di fondamento. Ho fatto reiterati appelli affinché un organismo internazionale indipendente e che goda del rispetto generale possa condurre un’inchiesta approfondita su questa faccenda. Sono certo che tale organismo indipendente scoprirebbe la verità. Se la Repubblica Popolare Cinese ha una prova su cui fondare la propria accusa, allora dovrà esporla agli occhi del mondo: lanciare accuse infondate non è sufficiente.
7. Per il future del Tibet, ho deciso che la soluzione va trovata all’interno della struttura della Repubblica Popolare Cinese. Fin dal 1974, sono sinceramente rimasto fedele all’approccio della Via di Mezzo, che è benefico per entrambi, e di questo è testimone il mondo intero. L’approccio della Via di Mezzo significa che tutti i tibetani devono essere governati da un tipo di amministrazione che goda di un’Autonomia Regionale Nazionale significativa e che provveda a tutto, autoregolandosi e capace di decisioni pienamente autonome, tranne che in materia di rapporti internazionali e di difesa nazionale. Ho comunque sempre affermato, fin dall’inizio, che sono i tibetani in Tibet ad avere pieno diritto di decidere del futuro del Tibet.
8. Un miliardo e 200 milioni di cinesi vanno molto fieri di poter ospitare quest’anno le Olimpiadi: fin dall’inizio ho appoggiato l’assegnazione dei giochi a Beijing, e la mia posizione su questo resta immutata; ritengo che i tibetani non debbano causare alcun ostacolo allo svolgersi dei Giochi. E’ un legittimo diritto di ciascun tibetano lottare per la propria libertà e i propri diritti, ma sarebbe futile, oltre che di nessun aiuto, fare azioni che genererebbero odio nella mente dei cinesi. Dobbiamo invece rafforzare la fiducia e il rispetto nei nostri cuori per creare una società armoniosa, giacché essa non può esser costruita sulla base della forza e dell’intimidazione.
9. La nostra lotta è diretta contro poche persone all’interno della leadership della Repubblica Popolare Cinese, e non contro il popolo cinese. Dunque non dovremmo dare mai adito ad equivoci né fare cose che possano ferire il popolo cinese. Anche, ora, in questa difficile situazione, siamo sopraffatti dai molti intellettuali cinesi, scrittori e avvocati della Cina continentale e di altre parti del mondo, che ci danno dimostrazione della loro simpatia e della loro solidarietà, producendo dichiarazioni, scrivendo articoli ed impegnandosi nel sostenerci. Ho recentemente rivolto un appello ai cinesi del mondo intero, il 28 Marzo, che spero ascolterete e leggerete.
10. Se l’attuale situazione in Tibet dovesse continuare, la mia preoccupazione è che il governo cinese possa reagire con forza ancora maggiore e aumentare la repressione contro i tibetani. I miei obblighi morali e la responsabilità che ho nei confronti del popolo tibetano mi hanno indotto a chiedere ripetutamente alla leadership della Repubblica Popolare Cinese direttamente coinvolta di cessare immediatamente la repressione in ogni parte del Tibet, ritirando le truppe e la polizia armata. Se questo porterà qualche risultato, consiglierei anche ai tibetani di por fine alle attuali proteste.
11. Voglio inoltre raccomandare agli amici tibetani che vivono liberi fuori dal Tibet di essere estremamente vigili quando danno voce ai loro sentimenti sugli sviluppi della situazione in Tibet. Non dovremmo impegnarci in azioni che potrebbero anche solo remotamente essere interpretate come violente. Persino davanti alle provocazioni più intense non dovremmo scendere a compromessi rispetto ai nostri valori più preziosi e profondi. Credo fermamente che otterremo il successo attraverso la nostra via della non violenza. Dobbiamo essere tanto saggi da capire da dove vengono queste dimostrazioni d’affetto e questo sostegno alla nostra causa, che non hanno precedenti.
12. Dal momento che il Tibet è, al momento, virtualmente chiuso, e nessuno dei mass media internazionali vi ha accesso, dubito che il mio messaggio sia ascoltato dai tibetani in Tibet. Ma spero che attraverso i mezzi di informazione e il passa parola esso raggiunga la maggioranza.
13. Infine, ancora una volta reitero il mio appello ai tibetani affinché si attengano alla non-violenza, senza mai deviare da questo cammino per quanto grave possa essere la situazione.
Il Dalai Lama
Dharamsala, 6 aprile 2008
(N.B. tradotto dalla versione inglese del testo originale tibetano) http://www.dalailama.com/news