Mi dò fuoco per protesta contro il governo cinese. Nyingkar Tashi si era autoimmolata lo scorso 12 novembre. Una sua lettera spiega le motivazioni: l’indipendenza del Tibet, il ritorno del Dalai Lama, la salvezza dal genocidio culturale del suo popolo. – “Mi dò fuoco per protesta contro il governo cinese”: così una donna tibetana ha motivato la sua autoimmolazione, in una lettera diffusa oggi dall’organizzazione Free Tibet. Nyingkar Tashi, tibetana sui 25 anni, si è data fuoco nel pomeriggio del 12 novembre nella città di Dowa (contea di Rebkong, Tibet orientale). La donna si è autoimmolata durante una cerimonia di preghiera per Tamdin Tso, una giovane madre anch’essa suicidatasi allo stesso modo, il 7 novembre scorso. Prima di darsi fuoco, Nyingkar Tashi ha gridato per la libertà del Tibet e una lunga vita al Dalai Lama. La sua lettera inizia proprio con queste parole: “Sua Santità il Dalai Lama, il Panchen Lama e sei milioni di tibetani hanno bisogno della libertà. Il Tibet ha bisogno dell’indipendenza”.Nyingkar Tashi rivendica poi la libertà per i tibetani di imparare e usare la loro lingua. Nelle scuole del Tibet, infatti, si usa il cinese come lingua fondamentale fin dalle elementari ed è la sola lingua utile per il commercio. Ella prosegue poi chiedendo alla famiglia di non piangere la sua morte e afferma la speranza che i sei milioni di tibetani possano un giorno parlare tibetano, indossare abiti tibetani e rimanere uniti. Dal 2011, da quando molti giovani hanno scelto questo modo fatale di criticare il regime, si sono uccisi almeno 70 tibetani. La Cina accusa di continuo “la cricca del Dalai Lama, colpevole di fomentare questi atti”. Ma il Dalai Lama ha sempre chiesto ai giovani di non sprecare la loro vita con questi gesti estremi. (di Nirmala Carvalho, AsiaNews)