Gudrub ha lasciato una dichiarazione in cui invita i tibetani a promuovere "l'unità e la solidarietà" e a "non perdere il coraggio di lottare per la libertà del Tibet".
Gudrub, 53mo tibetano che si dà fuoco contro l’occupazione cinese.
Gudrub, 43 anni, è morto poco dopo l’autoimmolazione. Il fatto è avvenuto il 4 ottobre a Diru nella contea di Nagchu (Regione autonoma del Tibet). L’appello a tutto il popolo tibetano a promuovere unità e solidarietà e a non perdere il coraggio di combattere.
Lhasa (AsiaNews) – Un tibetano si è dato fuoco a Diru, nella contea di Nagchu (Regione autonoma del Tibet). Gudrub, 41 anni, è morto poco dopo il gesto. L’uomo ha lasciato una dichiarazione in cui invita i tibetani a promuovere “l’unità e la solidarietà” e a “non perdere il coraggio di lottare per la libertà del Tibet”.
Gudrup ha studiato alla scuola di Sherab Gatsel Lobling a Dharamsala in India, prima di tornare al suo paese d’origine nel 2005 al termine dei suoi studi, e lo ricordano come uno scrittore prolifico che si firmava “Il Giovane del Reame delle nevi”. Gudrup mostrava vivo interesse per gli sviluppi politici riguardanti la questione del Tibet e leggeva spesso dei libri di storia del Tibet.
Gudrub è il 53mo tibetano che si dà fuoco per protestare contro l’occupazione cinese del Tibet e le misure di restrizione adottate dalle autorità di Pechino contro la popolazione. La sua è la seconda auto-immolazione in una settimana. Lo scorso 29 settembre un altro manifestante si è suicidato nella contea di Dzatoe nel Sichuan. I continui casi di suicidi di giovani tibetani, laici e religiosi, in nome della libertà del Tibet hanno spinto i leader tibetani in esilio a Dharamsala (India) ad organizzare un summit di tutte le delegazioni tibetane del mondo per cercare di fermare questo fenomeno. I 420 delegati, da 26 nazioni diverse, si sono riuniti per 4 giorni di discussioni e dibattiti e hanno concluso i lavori con la pubblicazione di 31 Raccomandazioni per il popolo tibetano. Dopo aver espresso il “massimo rispetto” per il sacrificio dei giovani che a tutt’oggi si sono sacrificati, il Summit ha dichiarato che il governocinese “è il solo responsabile di questa situazione” e si è detto “pronto” a portare i leader di Pechino davanti alle Corti di giustizia internazionale per i loro crimini contro la popolazione locale. Tuttavia, nel testo, i delegati invitano “tutti i tibetani” a “camminare sulla via del Dalai Lama, ovvero cercare sempre di perseguire la Via di Mezzo e non commettere atti estremi”.