Il corpo di Dolkar martoriato dalle ustioni
IL TIBET CONTINUA A BRUCIARE: SI IMMOLANO E MUOIONO ALTRI TRE TIBETANI
Il Tibet continua a bruciare: ieri, 11 agosto, è giunta notizia del decesso di Choepa, un ventiquattrenne tibetano immolatosi con il fuoco due giorni fa in località Me’uruma, presso Ngaba, nella regione dell’Amdo. Il giovane è deceduto lo stesso giorno della protesta mentre, forzatamente, veniva portato all’ospedale della vicina Barkham. Le sue ustioni, gravissime, non lasciavano sperare in alcuna possibilità di sopravvivenza.
Choepa, avvolto dalle fiamme, ha avuto la forza di gridare alcune frasi contro l’occupazione cinese del Tibet. Le forze di sicurezza, subito arrivate sul luogo dell’auto immolazione, hanno spento le fiamme e portato via il corpo, cremato dalle autorità subito dopo la morte del giovane, a Barkham. Solo in un secondo momento, le ceneri sono state consegnate alla famiglia. Choepa era ricercato dalla polizia per aver preso parte lo scorso 23 gennaio 2012 a una manifestazione di protesta e a una veglia di preghiera a Me’uruma. In quell’occasione era riuscito a fuggire e a nascondersi.
Il 6 agosto si è auto immolato ed è morto a Ngaba il monaco ventunenne Lobsang Tsultrim. Il giovane religioso si è dato fuoco alle 17.30 (ora locale) nella strada principale di Ngaba, ormai tristemente designata dalla popolazione locale con il nome di “Strada dei Martiri” poiché in questa via sono avvenute la maggior parte delle auto immolazioni.
Il 7 agosto, una donna tibetana di ventisei anni, identificata con il nome di Dolkar, si è immolata con il fuoco, nel primo pomeriggio, nelle vicinanze del monastero di Tsoe, nella regione dell’Amdo Kanlho. I monaci hanno tentato di spegnere le fiamme ma la donna è morta sul luogo dell’immolazione. Il suo corpo martoriato dalle ustioni (nella foto) e con le mani giunte nella preghiera è stato portato dai monaci all’interno del monastero. Dolkar è l’ottava donna auto immolatasi in Tibet. Sono ormai quarantasette gli eroi tibetani che si sono dati fuoco dal 2009 chiedendo la libertà del paese e il ritorno del Dalai Lama.
Fonte: Phayul, Associazione Italia Tibet