Il Dalai Lama con Nelson Mandela 1996
e gli altri Nobel boicottano la conferenza. L’incontro era previsto nell’ambito dei Mondiali di Calcio del 2010. Un portavoce di Johannesburg: “La presenza del leader tibetano sposterebbe l’attenzione”. – …
JOHANNESBURG – Il Sudafrica ha negato al Dalai Lama il visto d’ingresso nel Paese, dove avrebbe dovuto prendere parte a una conferenza di Premi Nobel per la Pace legata ai mondiali di calcio che si terranno in Sudafrica nel 2010, con la motivazione che la presenza del leader tibetano non sarebbe “nell’interesse” del Paese. Immediata la reazione di diversi altri Premi Nobel, che si sono rifiutati di prendere parte alla conferenza.
A prendere l’iniziativa l’ex presidente sudafricano Friederick Willy de Klerk e Nelson Mandela, entrambi Premio Nobel per la pace nel 1993 per il loro storico accordo sulla fine del regime dell’apartheid. “De Klerk con riluttanza non prenderà parte alla conferenza sulla pace del 27 http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/esteri/tibet/dalai-sudafrica/dalai-sudafrica.html
marzo e alle attività collaterali se non verrà garantito il visto d’ingresso al Dalai Lama”, annuncia una nota della sua fondazione.
Ma anche l’arcivescovo sudafricano e Premio Nobel per la pace Desmond Tutu ha scritto al presidente Kgalema Motlanthe per chiedere spiegazioni, minacciando di boicottare la conferenza se non verrà rivista tale decisione. “Se viene rifiutato il visto a sua santità – ha scritto Tutu sul Sunday Tribune – non prenderò parte alla prossima conferenza di pace legata ai mondiali di calcio. Condannerò il comportamento del governo come vergognoso, in linea con il nostro pessimo comportamento al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, come un totale tradimento della nostra storia di lotta. Stiamo cedendo in modo vergognoso alle pressioni cinesi. Mi vergogno profondamente e me ne rattristo”.
Alla conferenza, con i Nobel De Klerk, Mandela, l’arcivescovo Desmond Tutu e il Dalai Lama, secondo le intenzioni degli organizzatori, si sarebbe dovuto discutere del potere del calcio come ambasciatore di pace, in vista della Coppa del Mondo che l’anno prossimo si giocherà in Sudafrica.
Un portavoce del presidente sudafricano, Thabo Masebe, ha garantito che il governo “non ha alcun problema con il Dalai Lama”, ma concedergli il visto “avrebbe distolto l’attenzione del mondo dai preparativi per la Coppa del Mondo 2010”, dal momento che “la visita ora del Dalai Lama sposterebbe l’attenzione dal Sudafrica al Tibet”. La scorsa settimana, intanto, il Fondo per lo sviluppo Cina-Africa (con un budget da miliardo di dollari) ha aperto il suo primo ufficio africano a Johannesburg, alla presenza tra l’altro del leader dell’African National Congress Jacob Zuma.
SUDAFRICA, IL NO AL DALAI LAMA
La dignità perduta
La decisione del governo sudafricano di negare il visto d’ingresso al Dalai Lama non è purtroppo senza precedenti, ma è più inaccettabile di tutte le altre per almeno due motivi. Il primo riguarda la storia del Sudafrica. Una storia marchiata a fuoco dalla tragedia dell’apartheid, dalla discriminazione fatta sistema come in nessuna altra parte del mondo. Il Sudafrica moderno e multirazziale, quello di oggi, nasce dalla riconciliazione nazionale ma anche da un ripudio collettivo di quell’esperienza, si specchia in Nelson Mandela ex perseguitato e poi presidente, trova la sua identità nell’appartenenza a quella comunità di valori (l’Occidente) che sanzionò l’apartheid fino ad abbatterlo. Chi ha una storia del genere dovrebbe sentirsi obbligato a restarle fedele. Ed è per questo che la scelta del governo di Pretoria di non accogliere il leader spirituale di una minoranza oppressa assume i contorni di una vergognosa auto-sconfessione, di una fuga dalla propria insanguinata e sofferta identità.
Il secondo motivo che pesa sulla decisione sudafricana si chiama minacce cinesi, quelle alle quali
Pretoria ha ceduto. Da qualche anno ormai la Cina conduce una strisciante ri-colonizzazione dell’Africa. Ovunque esistano fonti di energia — e in Africa ce ne sono in abbondanza — i cinesi investono, costruiscono, sottoscrivono contratti pluridecennali, offrono copertura politica ai governi. Le influenze americana o francese, per tanti anni rivali, oggi sono soltanto un ricordo. È evidente che questo stato di cose garantisce alla Cina una capacità d’interdizione particolarmente efficace in tutto il Continente Nero. Così come è assai probabile che i sudafricani, nella loro scelta, non abbiano dimenticato che la Cina è il principale partner commerciale di Pretoria. Ma questi dati di fatto, se rendono più comprensibili i motivi che hanno ispirato la decisione, non la giustificano. Al contrario. Proprio in quanto Stato africano che si richiama ai valori libertari dell’Occidente, il Sudafrica non dovrebbe ragionare esclusivamente con il pallottoliere dei commerci e dimenticare i valori assai diversi che la Cina porta nel continente: dal Congo dei massacri fino al caso tragico del Darfur, i cinesi si disinteressano totalmente del rispetto dei diritti umani e puntano al sodo. Cioè a sfruttare le fonti di energia e a sostenere i governi compiacenti.
Da ieri, il governo sudafricano si è iscritto a questa categoria forse conveniente ma di sicuro poco onorevole. E noi insistiamo a credere che ci abbia rimesso. In termini di immagine perché il Dalai Lama veniva a parlare dei mondiali di calcio che il Sudafrica ospiterà nel 2010 e dei rapporti tra sport e tolleranza (a proposito, la Fifa tacerà?). In termini di credibilità politica perché un Occidente che alterna «audaci» incontri con il Dalai Lama (Sarkozy) a distratte ipocrisie governative (anche in Italia), mai è giunto a negare il visto d’ingresso al premio Nobel tibetano. I commerci valgono di più, dirà qualcuno. E aggiungerà che parlare di rispetto dei diritti umani, nel mondo d’oggi, è soltanto una perdita di tempo. Noi crediamo invece che non farlo sia una perdita: di dignità.
Franco Venturini
http://www.corriere.it/editoriali/09_marzo_24/franco_venturini_dignita_perduta_ea068282-183a-11de-911f-00144f486ba6.shtml