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Deceduto Ngawang Norphel
Agosto 1st, 2012 by admin

Per Lobsang Sangay, Primo Ministro del Governo Tibetano in Esilio, le immolazioni sono “atti politici” causati dall’oppressione politica, dall’emarginazione sociale, dall’assimilazione culturale e dalla distruzione ambientale poste in atto in Tibet dal governo di Pechino.

Per Lobsang Sangay, Primo Ministro del Governo Tibetano in Esilio, le immolazioni sono “atti politici” causati dall’oppressione politica, dall’emarginazione sociale, dall’assimilazione culturale e dalla distruzione ambientale poste in atto in Tibet dal governo di Pechino.

Deceduto Ngawang Norphel. Protesta di un tibetano nella regione del Kham. Ngawang Norphel, il giovane tibetano che lo scorso 20 giugno si era auto immolato a Zatoe (Keygudo – Kham) è deceduto il 30 luglio all’ospedale cinese di Tsogon (Amdo). Ngawang è sopravvissuto per un mese alle atroci ustioni riportate. Tenzin Khedup, il ventiquattrenne tibetano che si era immolato assieme a lui era morto all’istante ma la notizia del suo decesso gli era stata pietosamente taciuta. Al momento dell’immolazione, entrambi reggevano la bandiera tibetana. In un breve messaggio scritto prima del loro atto estremo, i due nuovi martiri chiedevano a tutti i tibetani di battersi, uniti, per la libertà del Tibet e il ritorno del Dalai Lama. “Gente come noi non può fare nulla per la salvaguardia della religione e della cultura del Tibet né può aiutare economicamente i tibetani, il nostro è solo un atto d’amore verso i nostri compatrioti e di lealtà nei confronti del Dalai Lama”. In uno scioccante filmato girato dai monaci e diffuso dall’Amministrazione Centrale Tibetana, Ngawang Norpel, il volto devastato dalle ustioni e dall’indicibile dolore, chiede disperato “Cosa è successo al nostro Paese delle Nevi”? “Se non abbiamo libertà, cultura, tradizioni e lingua, cosa ci resta”? Chiede inoltre notizie di Tenzin Khedup. I monaci, pietosamente, gli rispondono che sta bene e che è a casa. “La prossima volta non falliremo”, dice Ngawang. Il padre di Ngawang, Lhakpa Dhondup, era all’ospedale, presso il figlio, al momento del trapasso. Aveva appreso dell’immolazione del figlio solo a distanza di un mese dall’accaduto. “Qualcuno gli ha telefonato e lo ha informato che il figlio stava male”, informa da Dharamsala un tibetano con contatti in Tibet.

In data 30 luglio è giunta notizia della protesta solitaria di un tibetano nella regione del Kham Gonjo in occasione della visita in loco di un alto funzionario cinese. Il 22 luglio, Ngawang, facendo sventolare una bandiera tibetana, ha percorso la strada principale di Gonjo gridando slogan contro la brutale occupazione cinese del Tibet e inneggiando alla lunga vita del Dalai Lama. Auspicando l’unità e la pace tra tutti i tibetani, li ha esortati a combattere assieme contro le politiche del governo cinese (nella foto un momento della dimostrazione dei tibetani a New Delhi il 20 marzo 2012 in occasione della visita di Hu Jintao nella capitale indiana).Ngawang è stato arrestato dalla polizia e potrebbe essere processato a Lhasa o a Chamdo. Il Parlamento tibetano ha fatto sapere di non essere a conoscenza della località in cui è detenuto.

Commentando in un’intervista al Washington Post i 45 casi accertati di auto immolazione, Lobsang Sangay, Primo Ministro del Governo Tibetano in Esilio, ha dichiarato che le immolazioni sono “atti politici” causati dall’oppressione politica, dall’emarginazione sociale, dall’assimilazione culturale e dalla distruzione ambientale poste in atto in Tibet dal governo di Pechino. “Per comprendere questi atti” – ha affermato – “è importante capire che in Cina non esiste libertà di parola né è consentita alcuna forma di protesta”. “Chi prende parte a una semplice dimostrazione di protesta rischia l’arresto, la tortura e perfino la morte”. “Se il governo cinese accettasse di risolvere pacificamente il problema tibetano attraverso il dialogo, le auto immolazioni cesserebbero immediatamente”. Fonte: Phayul, http://www.italiatibet.org/


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