Alla luce della recente ondata di auto immolazioni e del crescente numero di manifestazioni di protesta che hanno infiammato e infiammano il Tibet centrale e orientale, la Cina ha rafforzato i controlli lungo le zone di frontiera con l’India e il Nepal allo scopo di prevenire la fuga in esilio dei tibetani. Citando fonti all’interno del Tibet, Passang Dolma, una tibetana residente a Dharamsala, ha reso noto che, dall’inizio dell’anno in corso, la Cina ha convogliato personale militare e addetti alla sicurezza nelle città e nei villaggi delle aree di confine. “Oltre al dispiego di personale militare” – ha precisato Dolma – “il governo cinese ha istituito in ogni villaggio speciali comitati di controllo incaricati di riferire alle autorità locali ogni movimento e azione dei tibetani lungo le zone di frontiera”. I tibetani che dall’inizio del 2012 hanno partecipato alle manifestazioni di protesta sono stati, infatti, oggetto di violente e brutali repressioni e hanno subito il carcere e le torture. “Meglio la morte piuttosto che le galere cinesi”, aveva detto Gompo Rigzin prima di darsi fuoco lo scorso 29 marzo. L’alternativa alle torture e alla morte resta, per molti tibetani, la via dell’esilio ma le autorità cinesi hanno incrementato le misure di sorveglianza per precludere ai tibetani ogni possibile via di fuga. Il 3 luglio, Radio Free Asia ha diffuso la notizia della condanna di tre monaci del monastero di Bongtak a periodi di detenzione compresi tra i nove e gli undici anni in quanto ritenuti responsabili ed istigatori dell’immolazione di Damchoe Sangpo, il religioso quarantenne immolatosi lo scorso 17 febbraio. Fonti: Phayul – RFA http://www.italiatibet.org/index.php?option=com_content&view=article&id=848:rafforzate-le-misure-di-sicurezza-tra-il-tibet-e-gli-stati-confinanti-confermata-limmolazione-di-una-donna-tibetana&catid=33:notizie&Itemid=50