Samdhong Rinpoche, ex primo ministro del governo tibetano in esilio
Contro la delegazione tibetana, la Cina abbandona i lavori dell’Amicizia buddista.
di Joseph Yun Li-sun
I rappresentanti del buddismo cinese prima chiedono (e ottengono) di allontanare i delegati tibetani dai lavori dell’assemblea mondiale. In un secondo tempo, non soddisfatti, decidono di andarsene all’improvviso. Alla conferenza è presente Samdhong Rinpoche, ex primo ministro tibetano in esilio. Una fonte tibetana ad AsiaNews: “Vogliono che il mondo ci dimentichi”.
Seoul (AsiaNews) – La delegazione cinese ha abbandonato all’improvviso una conferenza organizzata dall’Amicizia dei buddisti mondiali in corso in Corea del Sud per protestare contro la presenza di alcuni monaci tibetani. Il governo cinese si conferma così deciso a schiacciare l’essenza tibetana anche dal punto di vista religioso, e non esita a usare ricatti diplomatici e commerciali per impedire la partecipazione degli esponenti di questa etnia a qualunque tipo di evento con rilevanza internazionale.
I 17 fra monaci e rappresentanti del mondo buddista cinese sono partiti all’improvviso due giorni prima della fine dell’incontro, prevista per il 15 giugno. Una portavoce dell’organizzazione conferma che, per venire incontro alle proteste cinese, i funzionari dell’Amicizia avevano chiesto ieri a 3 delegati tibetani di lasciare i lavori: “La richiesta cinese è stata accettata dal Segretario generale del gruppo. Si è trattato di una decisione imbarazzante”.
Al momento, comunque, la delegazione tibetana continua a partecipare ai lavori mentre quella cinese è partita questa mattina. Alla conferenza, in corso nella città meridionale di Yeosu, partecipano circa 400 delegati da più di 30 nazioni diverse. Questi incontri sono spesso dei momenti per riflettere insieme sulle forme dottrinali del buddismo, che ha connotazioni diverse nei vari Paesi in cui ha preso piede nel tempo.
La decisione di Pechino era in qualche modo attesa, dato che il governo di Seoul ha concesso per questo incontro il visto a Samdhong Rinpoche, ex primo ministro del governo tibetano in esilio. Anche se non è mai arrivata a ospitare il Dalai Lama, la Corea del Sud ha più volte chiesto alla Cina “giustizia e libertà religiosa” per la comunità tibetana, schiacciata dall’immigrazione han e dalle politiche repressive del governo centrale cinese.
Una fonte tibetana conferma ad AsiaNews: “Questo modo di fare non è certo una novità. La Cina spera che il mondo ci dimentichi e ci abbandoni, e fa in modo di protestare ogni volta che qualche tibetano fa parte di un consesso internazionale. Ma proprio oggi il Dalai Lama parte per un tour in Europa, e questo dimostra che i loro sforzi sono inutili”.
A Strasburgo, il 12 giugno, Catherine Ashton, Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri e Vice Presidente della commissione europea ha espresso la preoccupazione dell’Unione per il peggioramento del rispetto dei diritti umani in Tibet. Lady Ashton ha specificatamente menzionato la recente ondata di arresti di massa effettuati in Tibet dopo le due immolazioni avvenute a Lhasa e la chiusura del paese al turismo. Ha sottolineato che “le aumentate restrizioni alla libertà religiosa” hanno accresciuto “il senso di frustrazione dei tibetani e portato a nuove proteste”. Si è detta inoltre preoccupata per le conseguenze della politica di trasferimento dei nomadi attuata dal governo di Pechino, politica “potenzialmente in grado di distruggere la peculiare cultura e identità tibetana”.