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Madre di tre figli si immola per il Tibet, sono 38 dal 2009. Oltre 600 arresti a Lhasa.
Non si placa l’ondata di immolazioni pro Tibet, mentre il governo cinese mostra il pugno duro contro le proteste per l’occupazione cinese della terra dei Lama. Una donna, Rikyo di 33 anni, madre di tre figli si è immolata nella Cina occidentale, nella prefettura di Aba già teatro di altri simili gesti estremi, portando a 38 il numero delle immolazioni dal 2009. A Lhasa, invece, dopo che domenica scorsa due tibetani si sono immolati nel primo episodio del genere nella capitale tibetana, la polizia ha deciso di rafforzare i controlli e ha arrestato, secondo informazioni delle organizzazioni che si battono per i diritti dei tibetani, almeno 600 persone, per contrastare l’ondata di protesta. Rikyo, di 33 anni, ieri si è presentata dinanzi al monastero di Jonang Zamthang Gonchen, nella contea di Zamthang (Rangtang per i cinesi), nella regione di Ngaba (Aba per i cinesi), provincia occidentale del Sichuan, e si è data fuoco urlando slogan pro Tibet. E’ la prima madre di famiglia che si immola. E’ il quarto caso di immolazione nella stessa contea e il ventesimo nella stessa regione, Aba, dove è avvenuto il maggior numero di casi dal febbraio del 2009, quando nella stessa regione si diede fuoco il giovane monaco Tapey. Il corpo di Rikyo è stato portato all’interno del monastero e le forse di polizia lo hanno richiesto, ma l’opposizione dei monaci li ha convinti a recedere. Rikyo lascia il marito con un bambino di 9 anni e due bambine di 7 e 5 anni. Secondo alcuni dati diffusi dalle Ong, Rikyo è la trentaduesima vittima accertata, degli altri immolati non si hanno notizie. La sua immolazione arriva tre giorni dopo quella di due giovani a Lhasa. Il gesto estremo di Dargye e Tabgye Tseten, oltre alle proteste dei tibetani (soprattutto quelli in esilio in India alcuni dei quali hanno cominciato scioperi della fame), ha scatenato l’ira della polizia cinese che ha stretto ancora di più i controlli sulla capitale tibetana. La prigione di Tsel Gungthang è piena di tibetani presi nei rastrellamenti della polizia che non risparmia nemmeno donne e anziani. Tutto é cominciato proprio domenica quando la polizia, per evitare manifestazioni a Lhasa, ha arrestato circa 100 persone, sequestrando numerosi telefonini, macchine fotografiche e videocamere, per paura che le immagini della doppia immolazione fossero diffuse su internet. La città è tagliata fuori, non è possibile accedervi. La polizia respinge anche i pellegrini buddisti che arrivano dalle altre zone, oltre a bloccare le comunicazioni telefoniche cellulari e internet. Racconti da Lhasa parlano di una città fantasma, sono pochi quelli che camminano per le strade, anche se la polizia, per dare una parvenza di normalità, ha obbligato diversi negozi, anche intorno al Potala, il palazzo del Dalai Lama, a rimanere aperti.
http://partecinesepartenopeo.wordpress.com/2012/05/31/si-immola-madre-d-tre-figlli-per-il-tibet-la-trentottesima-dal-2009-arresti-a-lhasa/