La polizia fronteggia una protesta di tibetani
Pechino lancia la campagna “colpisci duro” nella P.A. di Kanlho e detta le condizioni per la ripresa dei negoziati.
Le autorità cinesi della Prefettura Autonoma Tibetana di Kanlho, situata nella Provincia nord-orientale del Gansu, hanno lanciato a partire dallo scorso 9 marzo una campagna mirata a far sì che la popolazione riferisca alle autorità ogni notizia relativa ad attività ritenute illecite, sovversive e di minaccia alla “stabilità sociale e l’unità nazionale”. Il bando, scritto in lingua tibetana e cinese, è stato affisso sui muri di tutte case, per le strade e perfino sui tronchi degli alberi. Tutte le otto Contee della Prefettura sono state teatro, a partire dal 2008, di numerose manifestazioni di protesta culminate nell’auto immolazione della studentessa diciottenne Tsering Kyi avvenuta nella Contea di Machu il 3 marzo 2012. Nella notifica dell’Ufficio di Pubblica Sicurezza della Prefettura di Kanlho si legge che, per mantenere e promuovere una “Kanlho armoniosa”, la Sicurezza colpirà duramente chiunque creerà attriti tra le differenti etnie, favorirà il separatismo etnico e minaccerà l’unità nazionale. Colpirà inoltre chiunque, con parole, scritti, filmati o partecipando o promuovendo organizzazioni illegali metterà in discussione la stabilità sociale. Saranno perseguiti coloro che diffonderanno notizie attraversi siti internet, cellulari o telefoni fissi e coloro che compiranno attività illegali, quali pestaggi, incendi, furti o danneggiamenti. A chi denuncerà tali attività “criminali” è garantita la protezione personale, l’anonimato e una ricompensa non inferiore ai 5.000 Yuan.
Lunedì 2 aprile, il quotidiano di stato cinese China Daily ha pubblicato un articolo, ripreso dal quotidiano on line indiano Daily News and Analysis, in cui, sotto il titolo “Dharamsala non può rappresentare il popolo tibetano” Pechino detta le condizioni per la ripresa del dialogo con gli inviati del Dalai Lama. Qu Xing, presidente dell’Istituto Cinese per gli Studi Internazionali, afferma che la Cina è pronta a riprendere la serie dei colloqui iniziati nel 2002 con i rappresentanti del Dalai Lama a patto che quest’ultimo rinunci a voler esercitare la sua autorità su tutte le quattro province del Tibet (Sichuan, Qinnghai, Gansu e Yunnan) e non chieda il ritiro delle truppe dell’esercito cinese da quei territori. Secondo Qu Xing, queste richieste sembrerebbero contraddire la politica autonomista del Dalai Lama ed avallare, al contrario, una richiesta di indipendenza.
L’articolo del China Daily afferma che “il governo cinese ha sempre dato prova di buona volontà organizzando le visite dei rappresentanti privati del Dalai Lama anche dopo le manifestazioni del marzo 2008”. A chiarimento del titolo, viene specificato che “né Dharamsala né alcun altro insediamento di esuli possiede un territorio, presupposto indispensabile per qualificarlo come stato sovrano”.
Fonti: Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia – Daily News and Analysis http://www.italiatibet.org/