Il Prof. Richard J. Davidson con Sua Santità il Dalai Lama
Lo studio dello psicologo Richard J. Davidson mette in luce sei elementi chiave, corrispondenti a precisi schemi di attività in varie aree del nostro cervello, che descrivono la nostra personalità. Questione di stile, anche per le emozioni. Basandosi su più di 30 anni di ricerca d’avanguardia sul cervello, lo psicologo e psichiatria americano Richard J. Davidson dell’University of Wisconsin-Madison, ‘fotografa’ e analizza il modo in cui le emozioni vengono codificate nel nostro cervello, insieme al nostro potere di controllarle. Nel suo libro ‘The Emotional Life of Your Brain’ (Hudson Street Press, scritto insieme a Sharon Begley), l’esperto descrive sei distinte dimensioni emotive, ciascuna caratterizzata da una ‘firma’ neurale misurabile. Ebbene, è proprio la combinazione di queste sei dimensioni a caratterizzare quello che Davidson chiama lo “stile emotivo” di ciascuno: un mix che riassume l’essenza della nostra personalità e il riflesso del nostro modo di vivere e di rispondere alle esperienze positive o negative. Insomma, se siamo più intuitivi, sensibili, empatici o caparbi, la nostra mente lo rileverà. “In decenni di ricerca sulla neurobiologia delle emozioni, ho visto migliaia di persone che condividono esperienze simili rispondere in modi radicalmente diversi alla stessa esperienza. Perché una persona si riprende rapidamente da un divorzio, mentre un’altra rimane impantanata in recriminazioni o disperazione?”, si è chiesto Davidson. Proprio queste differenze l’hanno portato a interrogarsi sull’origine delle emozioni, come spiega lo stesso scienziato, illustrando la sua teoria e il suo libro – che uscirà in Italia per i tipi della Hoepli Editore – su ‘Newsweek’. “La risposta emersa dalla mia ricerca è che tutte queste differenze riflettono quello che io chiamo stile emotivo: una costellazione di reazioni che differiscono in natura, intensità e durata. Così come ogni persona ha un’impronta digitale unica e un volto unico, ognuno di noi ha un profilo emozionale unico“, assicura l’esperto elencando i sei elementi chiave dello stile emotivo: capacità di recupero, prospettiva, intuizione sociale, auto-consapevolezza, sensibilità al contesto e attenzione.
Può “sembrare ovvio dire che ognuno di noi ha una personalità unica. Ma la personalità non si basa su precisi e identificabili meccanismi neurologici”, specifici modelli di attività neurale. Come invece accade per lo stile emotivo. Ebbene, attraverso metodologie di neuroimaging e di altro tipo, lo studioso rivendica di aver identificato le radici cerebrali dello stile emotivo e, in particolare, i sei componenti chiave, corrispondenti a precisi schemi di attività in varie aree del nostro cervello.
“Nel fare queste scoperte, ho visto che lo stile emozionale nasce in parte da alcune attività localizzate in regioni coinvolte in pensiero, ragione e logica”, tutte funzioni che secondo l’ortodossia stanno alle emozioni come “le mele ai calamari”, ammette l’esperto. Ebbene, “proprio il fatto di aver mostrato”, carte ed esami alla mano, “che pensiero logico ed emozioni non sono così separati, di fatto ha ‘riabilitato’ le emozioni stesse. Non solo. “E’ possibile trasformare il proprio stile emotivo”, assicura Davidson.
Insomma, se ci si rende conto di avere poca intuizione sociale o di essere davvero poco sensibili al contesto, le cose si possono cambiare. Ma come? “Attraverso una sistematica pratica mentale”, risponde Davidson. Nel corso dei suoi studi lo psichiatra ha scoperto, ad esempio, che una maggiore capacità di recupero – uno dei sei elementi dello stile emotivo – è caratterizzata da una più intensa attivazione del lato sinistro della corteccia prefrontale. Ebbene, ognuno dei sei elementi chiave è collegato a una particolare attivazione di determinate aree del cervello. Ma questo non vuol dire che lo stile emotivo sia fisso e immodificabile.
“Il cervello ha una proprietà particolare, chiamata neuroplasticità: la capacità di cambiare la sua struttura e la sua funzione in modo significativo. I cervelli dei violinisti, per esempio, mostrano un aumento misurabile della dimensione e dell’attività delle aree che controllano le dita, e il cervello dei conducenti di taxi di Londra mostra una crescita significativa nell’ippocampo, un’area associata a contesto e memoria spaziale”, ricorda lo psichiatra. Peculiarità fondamentali per destreggiarsi nel traffico e nella ridda di vie e stradine della metropoli inglese.
Ma il cervello può cambiare anche in risposta ai messaggi generati internamente, in altre parole, “ai nostri pensieri e alle intenzioni”. Insomma, si può pensare a un ‘allenamento’ per potenziare un aspetto dello stile emotivo che ci sembra più debole, e dunque arrivare a modificarlo. “Non sappiamo esattamente quanto”, ammette lo studioso. Ma alcuni interventi ad hoc si sono rivelati vere e proprie “forme di allenamento mentale”, in grado di funzionare “per alcuni modelli di attività cerebrali”. L’esperto cita la meditazione e la terapia cognitivo-comportamentale: sistemi che possono “aiutare a sviluppare una consapevolezza più ampia dei segnali sociali, una più profonda sensibilità per i propri sentimenti e le sensazioni corporee, una visione più coerente e positiva, e una maggiore capacità di recupero”.
Insomma, se il nostro stile emotivo ci rende vulnerabili agli eventi o ci tira troppo spesso nel baratro della depressione, possiamo imparare a ‘modellarlo’, modificandolo. Il libro comprende una serie test di auto-valutazione per aiutare i lettori a individuare le proprie caratteristiche e i punti deboli in ciascuna delle sei dimensioni ‘chiave’, così come le strategie per alterare il proprio stile emotivo. Con l’obiettivo di riuscire ad essere più consapevoli e “avere una vita più piena, felice e soddisfacente”, chiosa Davidson. http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Intuitivi-sensibili-empatici-o-caparbi-Lo-stile-emotivo-e-scritto-nella-mente_313072398950.html