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Discorso di Lobsang Sangay nel 53° anniversario dell’insurrezione del Tibet
Marzo 11th, 2012 by admin

Il Kalon Tripa Prof. Lobsang Sangay tiene a Dharamsala il discorso commemorativo in occasione del 53° anniversario dell'insurrezione nazionale tibetana.

Il Kalon Tripa Prof. Lobsang Sangay tiene a Dharamsala il discorso commemorativo in occasione del 53° anniversario dell'insurrezione nazionale tibetana.

DISCORSO DEL KALON TRIPA PROF. LOBSANG SANGAY NEL 53° ANNIVERSARIO DELLA INSURREZIONE NAZIONALE TIBETANA

Oggi, 53°anniversario dell’Insurrezione Nazionale Tibetana e 4°anniversario delle proteste di massa avvenute in Tibet nel 2008, rendo omaggio alla gente coraggiosa che tanto si è  sacrificata per il Paese. Nonostante cinquantatre anni di occupazione da parte della Repubblica Popolare Cinese, lo spirito e il senso dell’identità nazionale dei tibetani rimangono intatti.

In questa occasione, rendo omaggio a Sua Santità il Dalai Lama per la sua visione, la sua guida e la sua benevolenza. Esprimo inoltre il più profondo rispetto e la mia gratitudine alle generazioni dei più anziani che, grazie al loro prodigarsi e al loro incessante impegno, hanno reso possibile nell’arco degli ultimi cinquant’anni la crescita e il dinamismo del nostro movimento.

Un anno fa, quando Sua Santità il Dalai Lama annunciò il trasferimento del potere politico a un leader democraticamente eletto, i tibetani si mostrarono preoccupati e lo implorarono di tornare sulla sua decisione. Oggi, il mondo intero riconosce e applaude la visione e la generosa decisione di Sua Santità. I tibetani in esilio in India e quelli della diaspora sparsi in oltre quaranta paesi hanno serenamente affrontato la transizione eleggendo nel 2011, con votazioni libere, corrette e con più candidati, il nuovo parlamento e il Kalon Tripa.

Sono profondamente onorato per le benedizioni, la legittimazione, l’autorità e la continuità politica che Sua Santità il Dalai Lama mi ha accordato. L’8 agosto 2011, nel discorso pronunciato alla cerimonia del mio insediamento, Sua Santità ha detto: “Quando ero giovane, un reggente anziano, Takdrag Rinpoche, ha devoluto alla mia persona il Sikyong, la leadership politica, e io oggi la devolvo al giovane Lobsang Sangay…realizzando, nel farlo, un obiettivo a lungo perseguito”.

Sono inoltre estremamente commosso per la solidarietà e l’appoggio ricevuto dai tibetani all’interno del Tibet sia durante le elezioni sia a partire dal momento in cui ho assunto la carica. Ho avuto modo di parlare con centinaia di tibetani provenienti dal Tibet in occasione di incontri particolarmente toccanti perché tutti mi hanno generosamente offerto la loro benedizione e il loro sostegno.

Consacrato dalla storica devoluzione del potere politico da parte di Sua Santità, riconosciuto nell’esercizio del potere dal mandato ricevuto dal popolo e sostenuto dal riconoscimento e dalla solidarietà dei tibetani all’interno del Tibet, posso affermare con orgoglio e convinzione che l’Amministrazione Centrale Tibetana legittimamente rappresenta e parla in nome di tutti i sei milioni di tibetani.

Non si è avverata né mai si avvererà la tesi di Pechino secondo la quale un cambio generazionale nella leadership avrebbe indebolito il movimento per la libertà dei tibetani. La volontà di risorgere dei tibetani unita all’affacciarsi alla vita politica di una nuova e colta generazione favorirà la formazione di una leadership dinamica e sosterrà il movimento fino alla liberazione del Tibet.

Se fosse vero, come afferma Pechino, che i tibetani godono di libertà e uguaglianza, il governo cinese dovrebbe allora consentire lo svolgimento, in Tibet, di elezioni democratiche, trasparenti, libere e corrette. Nel corso di cinquantatre anni di occupazione, nella cosiddetta Regione Autonoma Tibetana (TAR) nessun tibetano ha mai occupato il posto di Segretario del Partito. I cinesi ricoprono la maggior parte delle cariche decisionali in tutti i rami del governo e costituiscono oltre il 50% della forza lavoro nel settore pubblico. Il 70% delle imprese del settore privato appartiene o è gestito dai cinesi. Il 40% dei tibetani diplomati o laureati sono disoccupati.

La questione tibetana va ben oltre il problema dei diritti e del benessere di sei milioni di tibetani. Riguarda l’intero pianeta. La peculiare cultura tibetana, ricca della sua lingua, spiritualità e storia, deve essere protetta. L’altopiano tibetano è il “terzo polo” del mondo perché, dopo i poli Nord e Sud, possiede le più vaste distese di ghiaccio della Terra. Dai ghiacciai tibetani, dai quali nascono dieci grandi fiumi, dipende la vita di un miliardo e mezzo di persone. Risorse minerarie del valore di miliardi di dollari sono sfruttate ogni anno per alimentare l’economia cinese. Decenni di disboscamento hanno dimezzato le antiche foreste del Tibet. E’ evidente che la gestione di queste ricchezze, patrimonio comune dell’umanità, e il tradizionale ruolo svolto dal popolo tibetano a loro salvaguardia, dovrebbero essere un interesse primario dell’intero pianeta.

Quando la Cina invase il Tibet, nel 1949, promise di introdurre nel Paese il “paradiso socialista”. In realtà i tibetani sono trattati come cittadini di seconda classe. Quando i tibetani si riuniscono pacificamente per chiedere il riconoscimento dei loro diritti fondamentali, previsti dalla costituzione cinese, sono arrestati o presi a fucilate e uccisi, come è accaduto durante le pacifiche manifestazioni del 23 e 24 gennaio, nel corso dei festeggiamenti del capodanno cinese. Nella Regione Autonoma è stato chiesto ai quadri del Partito Comunista di prepararsi alla “guerra” contro i manifestanti tibetani.

In modo del tutto opposto, a Wukan, nella Provincia del Guandong, la ribellione del popolo cinese è durata settimane, le rivendicazioni dei dimostranti sono state esaudite, uno dei leader della protesta è stato nominato nuovo Segretario del Partito e le autorità provinciali hanno perfino appoggiato la richiesta di libere elezioni nel villaggio.

In Tibet, intellettuali, artisti e uomini di spicco sono arrestati e imprigionati arbitrariamente. Migliaia di pellegrini di recente tornati dall’India sono stati fermati e molti sono scomparsi. I tibetani, compresi i monaci e le monache, sono obbligati a denunciare il Dalai Lama e a frequentare corsi di ri-educazione patriottica. Agli stranieri e ai media internazionali è proibito l’accesso alle aree tibetane.

Uno studioso cinese ha recentemente osservato che a Lhasa, la capitale del Tibet, vi sono “più cinesi che tibetani, più poliziotti che monaci, più telecamere di sorveglianza che finestre”. Nell’intera regione vige una legge marziale di fatto.

In Tibet, la Cina ha costruito molti campi d’aviazione, ha dislocato molte divisioni dell’Esercito di Liberazione del Popolo (PLA), ha iniziato a prolungare la linea ferroviaria verso gli stati confinanti e ha inviato migliaia di paramilitari nelle aree a popolazione tibetana. Il Tibet è diventato una delle zone più militarizzate del paese.

Oggi in Tibet non è più consentito organizzare forme convenzionali di protesta come gli scioperi della fame, le dimostrazioni o le manifestazioni pacifiche. I tibetani devono perciò ricorrere ad atti estremi come quelli compiuti da 26 compatrioti che, a partire dal 2009, si sono auto immolati. Sua Santità il Dalai Lama e l’Amministrazione Centrale Tibetana hanno sempre scoraggiato queste azioni. Tuttavia, nonostante i nostri appelli, i tibetani continuano ad auto immolarsi e, solo nel 2012, si contano ormai 14 casi di immolazione. La colpa è interamente imputabile a quelli che, a Pechino, sostengono la linea dura e spetta a loro trovare la soluzione. Le auto immolazioni esprimono un forte rifiuto delle vuote promesse del cosiddetto “paradiso socialista” e un’affermazione dell’identità e della dignità tibetana.

La lotta dei tibetani non è rivolta contro il popolo cinese o contro la Cina in quanto nazione. E’ contro le politiche del governo cinese. La Cina deve prendere atto della gravità del problema e capire che non può risolverlo ricorrendo alla violenza.

Per una soluzione della tragedia del Tibet chiedo a Pechino di accettare la nostra politica della Via di Mezzo che configura una reale autonomia del Paese nel quadro della normativa prevista dalla costituzione cinese e come delineato nel nostro Memorandum del 2008 e nella Nota allo stesso del 2010. Ad Hong Kong e Macau è stato riconosciuto un alto grado di autonomia e, nonostante le resistenze di Taiwan, la Cina ha offerto anche all’isola – come passo verso la riunificazione – una significativa autonomia. Perché, come prevede la stessa costituzione cinese, una simile, genuina autonomia non è stata ancora concessa ai tibetani?

Speriamo che i futuri leader cinesi vogliano attuare un reale cambiamento e siano tanto saggi da riconoscere che, in Tibet, la linea dura a lungo portata avanti dal governo è fallita. Abbiamo scelto di percorrere una via di reciproco vantaggio, anche se storicamente il Tibet ha goduto dello status di indipendenza e i tibetani, in accordo alla legge internazionale, hanno diritto all’autodeterminazione. I cittadini e gli intellettuali cinesi che hanno a cuore la questione dovrebbero sforzarsi di cercare la verità e di comprendere il motivo per cui i tibetani protestano e si immolano. Il dialogo e una soluzione pacifica del problema tibetano sono nell’interesse della Cina, del popolo cinese e di quello tibetano.

Siamo pronti a mandare in Cina i nostri inviati per riprendere il processo di dialogo, anche se, negli ultimi tempi, i rappresentanti cinesi del Dipartimento del Fronte Unito per il Lavoro, nostra controparte, hanno preferito investire le loro energie girando per il mondo e attaccando in modo vergognoso Sua Santità il Dalai Lama e l’Amministrazione Centrale Tibetana guidata dal Kalon Tripa. In realtà, così facendo, hanno ulteriormente pubblicizzato a livello internazionale la questione tibetana.

Le Nazioni Unite furono principalmente create a difesa dei diritti umani. Chiedo all’ONU di essere fedele ai suoi obiettivi e di occuparsi della crisi tibetana nominando uno Special Rapporteur per il Tibet che visiti il Paese.

La comunità internazionale e i media dovrebbero inviare in Tibet una delegazione in grado di accertare la verità dei fatti e di rimuovere il velo della censura e della disinformazione. Come riportato da Reporter senza Frontiere, “Perfino Pyongyang (Corea del Nord) conta una notevole presenza dei mezzi di informazione internazionali, del tutto assenti a Lhasa”.

Alla luce dell’importanza del Paese dal punto di vista sia geopolitico sia ambientale, in quanto dall’altopiano tibetano dipende la vita di miliardi di persone in tutta l’Asia, chiedo ai funzionari e agli stati membri dell’ASEAN e della SAARC di includere nella loro agenda il Tibet. Se la Cina fosse in grado di affrontare la questione tibetana, sarebbe per ogni paese asiatico un vicino più pacifico e contribuirebbe all’armonia e alla stabilità dell’intero continente.

Miei compatrioti tibetani, è arrivato il momento di mostrare sostegno e solidarietà ai nostri fratelli e sorelle in Tibet. Dobbiamo dare massima priorità all’istruzione per consentire a una comunità tibetana scolarizzata e partecipe di esprimere una leadership politica dinamica in grado di portare avanti il movimento fino alla liberazione del Tibet. Il Kashag vi chiede di recitare ogni mercoledì mantra e preghiere per quanti hanno sacrificato le loro vite per la causa tibetana. I più giovani facciano propria e celebrino la nostra orgogliosa eredità e identità culturale vestendosi, parlando e mangiando, ogni mercoledì, secondo la tradizione tibetana.

Facciamo del 2012 un anno di sostegno al Tibet. In questo nuovo anno, chiedo a tutti i tibetani e ai loro amici, in qualunque paese risiedano, di contattare a livello sia nazionale sia locale i loro rappresentanti eletti. Invitateli e informateli sulla situazione in Tibet e dell’impegno di Sua Santità il Dalai Lama e del Kashag. Fate in modo che si discuta del Tibet e che siano promulgate norme a suo favore e a favore del popolo tibetano. Intraprendete iniziative che diano risalto alla democrazia tibetana e visibilità alla sua leadership politica e al suo governo.

Il 14° Kashag si adopererà al massimo per portare a compimento il nostro fine ultimo e, lavorando in modo conforme ai principi di unità, innovazione e fiducia in noi stessi, compirà i passi necessari per preparare il popolo e le istituzioni tibetane al 21° secolo. Ancora una volta il Kashag chiede a tutti i tibetani e agli amici impegnati in campagne di solidarietà di vigilare affinché tutte si svolgano in modo pacifico, in ottemperanza alle leggi locali e con dignità. Vi prego di ricordare che la non-violenza e la democrazia sono due dei nostri più importanti principi ispiratori.

Il popolo tibetano e l’attuale Kashag sono benedetti dalla continua presenza e dalla saggezza di Sua Santità, il grande 14° Dalai Lama. A proposito della reincarnazione, il Kashag condivide e sostiene nel modo più assoluto quanto dichiarato da Sua Santità lo scorso 24 settembre 2011: siamo convinti che solo Sua Santità abbia il diritto di determinare la propria reincarnazione e che il governo comunista cinese non abbia alcuna voce né ruolo in materia.

Colgo questa occasione per ringraziare tutti i governi – soprattutto quelli degli Stati Uniti, dell’Europa e dell’Asia – le organizzazioni, i Gruppi di Sostegno al Tibet e tutti i singoli individui che hanno aiutato il popolo tibetano. Il vostro supporto è altamente apprezzato. Chiedo ai nostri vecchi e nuovi amici di dare nuovo slancio, in tutto il mondo, ai Gruppi di Sostegno: in questo difficile momento abbiamo più che mai bisogno di voi. Il Kashag ringrazia inoltre il Chitue Lhentsok per la sua piena cooperazione e auspica di averlo tra i suoi partner per servire nel modo più concreto il Tibet e il popolo tibetano.

Sono altresì lieto di esprimere al governo e al popolo dell’India la profonda e incessante gratitudine del popolo tibetano per la generosa ospitalità e gentilezza a noi riservata negli ultimi cinquant’anni. Il mio personale apprezzamento è enormemente aumentato da quando ho assunto la carica di leader politico. Hardik Shukriya!

Infine, vorrei dire ai nostri cari fratelli e sorelle in Tibet che siete nei nostri cuori e nelle nostre preghiere tutti i giorni. Cammineremo al vostro fianco fino a quando il Tibet riavrà la libertà e Sua Santità il Dalai Lama potrà fare ritorno nel Paese. Prego per la lunga vita di Sua Santità. Possa realizzarsi presto il nostro fine ultimo, da lungo tempo desiderato, di essere liberi e riuniti nella Terra delle Nevi!

10 marzo 2011

Dharamsala

(Tradotto in italiano dall’originale versione tibetana. Dawa Gyatso, Under Secretary/Accountant, Tibet Bureau, Place de la Navigation 10, 1201 Geneva, Tel. +41 22 738 79 40, Fax +41 22 738 79 41)

Statement of Kalon Tripa Dr. Lobsang Sangay on the 53rd Anniversary of the Tibetan National Uprising Day

Today, on the 53rd anniversary of the Tibetan National Uprising Day and the fourth anniversary of the 2008 mass protests in Tibet, I offer tribute to the brave people who have sacrificed so much for Tibet. Despite fifty-three years of occupation by the People’s Republic of China (PRC), the Tibetan spirit and identity inside Tibet remains unbroken.

On this occasion, I pay homage to His Holiness the Dalai Lama for his vision, leadership and benevolence. I also pay my deepest respect and gratitude to our elders for their contribution and tireless effort that have sustained our movement’s growth and dynamism over the past fifty years.

One year ago, when His Holiness the Dalai Lama announced the transfer of his political power to a democratically elected leader, Tibetans were apprehensive and implored him to reconsider. Today, the world recognizes and applauds His Holiness’ vision and magnanimous decision. Tibetans are making a smooth transition with the free, fair and multi-candidate 2011 parliamentary and Kalon Tripa elections that involved exile and diaspora Tibetans in over forty countries.

I am deeply honored by the spiritual blessings, legitimacy, political authority and continuity bestowed upon me by His Holiness the Dalai Lama. In his statement at my inauguration ceremony on August 8th, 2011, His Holiness said “when I was young, an elderly regent Takdrag Rinpoche handed over Sikyong (political leadership) to me, and today I am handing over Sikyong to young Lobsang Sangay…in doing this, I have fulfilled my long-cherished goal.”

I am also enormously moved by the solidarity and endorsements from Tibetans inside Tibet during the elections and since assuming my political post. I have had many deeply moving encounters with hundreds of Tibetans from Tibet as they generously offered their blessings and support.

Blessed by the historic transfer of political power from His Holiness, empowered by the mandate received from the people, and buoyed by the support and solidarity from Tibetans inside Tibet, I can say with pride and conviction that the Central Tibetan Administration legitimately represents and speaks for all six million Tibetans.

Beijing’s view that a generational change in leadership may weaken the Tibetan freedom movement has not and will never materialize.  The resiliency of the Tibetan spirit combined with a coming generation of educated Tibetans will provide dynamic leadership and sustain the movement till freedom is restored in Tibet.

If the Chinese government’s claim that Tibetans enjoy freedom and equality are true, then it should allow democratic, transparent, free and fair elections in Tibet. In the fifty-three years of Chinese occupation, no Tibetan has ever held the Party Secretary post of the so- called Tibet Autonomous Region (TAR). Chinese hold majority of the decision-making positions in all branches of the government and constitute more than fifty percent of the public sector workforce. Seventy percent of the private sector enterprises are owned or operated by Chinese. Forty percent of Tibetan high school and college graduates are unemployed.

The Tibet issue concerns far more than the rights and welfare of six million Tibetans. It impacts the entire planet. The unique Tibetan culture, with its rich language, spirituality and history must be protected. The Tibetan plateau is the ‘world’s third pole’ as it contains the largest ice fields outside the two poles. Tibetan glaciers, the source of ten major rivers, affect the lives of more than 1.5 billion people. Billions of dollars worth of mineral resources are exploited annually to fuel China’s economy. Decades of logging have reduced Tibet’s pristine forest cover by half. Clearly, the management of this global common, and the Tibetan people’s traditional role as its stewards, ought to be a planetary concern.

When China invaded Tibet in 1949, it promised to usher in a ‘socialist paradise.’ In actuality Tibetans are treated as second-class citizens. When Tibetans gather peacefully and demand basic rights as outlined in the Chinese constitution, they are arrested, fired upon and killed as in the January 23-24th peaceful protests when Chinese were celebrating their new year. The Communist Party cadre members in the TAR have been ordered to prepare for a “war” against the Tibetan protestors.

In stark contrast, in Wukan (Guangdong Province), protests by Chinese people lasted weeks, their grievances were addressed, one of the protest leaders was appointed as the new Party Secretary for the village, and provincial authorities even supported free village elections.

Intellectuals, artists and leaders in Tibet are being arbitrarily arrested and imprisoned. Thousands of pilgrims recently returning from India have been detained and many have disappeared. Tibetans, including monks and nuns, are forced to denounce the Dalai Lama and attend patriotic re-education classes. Foreigners and international media are barred from Tibetan areas.

A Chinese scholar recently observed there are “more Chinese than Tibetans, more police than monks, more surveillance cameras than windows” in Lhasa, the capital city of Tibet. The entire region is under undeclared martial law.

China has built many airfields in Tibet, stationed many more divisions of the PLA, begun expanding the railway line to the borders of neighboring countries, and dispatched thousands of paramilitary forces into Tibetan areas. Tibet has become one of the most militarized areas in the region.

Today, there is no space for any conventional protests such as hunger strikes, demonstrations and even peaceful gatherings in Tibet. Tibetans are therefore taking extreme actions such as the one by 26 Tibetans who have committed self-immolations since 2009. His Holiness the Dalai Lama and the CTA have always discouraged such drastic actions. However, despite our pleas, Tibetans continue to self-immolate with 14 cases already in 2012. Fault lies squarely with the hardline leaders in Beijing, so does the solution. The self-immolations are an emphatic rejection of the empty promises of the so-called ‘socialist paradise.’

The Tibetan struggle is not against the Chinese people or China as a nation. It is against the PRC government’s policies. China must acknowledge the depth of the problems in Tibet and understand they cannot be solved through violence.

To address the tragedy in Tibet, I call on Beijing to accept our Middle Way Policy, which seeks genuine autonomy for Tibetans within the framework of the Chinese constitution and as proposed in the Memorandum and Note of 2008 and 2010 respectively. Hong Kong and Macao have been granted high degree of autonomy. Despite resistance from Taiwan, China has offered Taiwan a high degree of autonomy towards re-unification. Why are Tibetans still not granted genuine autonomy as stipulated in the Chinese constitution?

We hope that China’s upcoming leaders will initiate genuine change, and that they find the wisdom to admit the government’s long- standing hardline policy in Tibet has failed. We have chosen to move down a mutually beneficial path even though Tibet historically enjoyed independent status and Tibetans have the right to self-determination according to international law. Concerned Chinese citizens and intellectuals should make an effort to seek the truth and understand why Tibetans are protesting and self-immolating. Dialogue and a peaceful resolution to the Tibet issue are in the best interest of China, the Chinese people and Tibetans.

We stand ready to send envoys to resume the dialogue process even though the Chinese envoy belonging to the United Front Work Department has of late invested far more energy traveling around the world and making outrageous attacks on His Holiness the Dalai Lama and the CTA led by the Kalon Tripa. In the process they have actually further internationalized the Tibet issue.

A key reason for creating the United Nations was the pursuit of human rights. I urge the UN to live up to its objective and address the crisis in Tibet by appointing a Special Rapporteur and visiting Tibet.

The international community and media must send a fact-finding delegation into Tibet to remove the veil of censorship and disinformation campaign. “Even Pyongyang (North Korea) has an international media presence, which is not the case in Lhasa,” says Reporters Without Borders.

I appeal to the officials and member states of ASEAN and SAARC to include the Tibet issue in your agenda given Tibet’s geopolitical and environmental significance affecting billions of Asians. A China that is able to address the Tibet issue will make it a more peaceful neighbor and contribute to harmony and stability in the region.

To my fellow Tibetans, now is the time to show solidarity and support with our brothers and sisters in Tibet. We must give education top priority so that educated and community-minded Tibetans will provide dynamic leadership and sustain the Tibetan movement till freedom is restored in Tibet. The Kashag would like to request that mantras and prayers be recited every Wednesday for those who have sacrificed their lives for the Tibetan cause. Younger Tibetans should embrace and celebrate our proud heritage and identity by wearing, speaking and eating Tibetan every Wednesday.

Let us make 2012 a Tibet Lobby Year. In this Tibetan New Year, I call upon all Tibetans and friends to reach out to elected representatives at the state and national levels in your countries. Invite and educate them about Tibet and the efforts of His Holiness the Dalai Lama and the CTA. Generate debate about Tibet and get legislations passed in support of Tibet and the Tibetan people. Initiate activities that raise the profile of Tibetan democracy and visibility of Tibetan political leadership and the CTA.

The fourteenth Kashag will make maximum efforts to realize our larger goal, as well as take steps to prepare the Tibetan people and institutions for the 21st century under the guiding principles of unity, innovation and self-reliance. The Kashag again urges all Tibetans and friends participating in various solidarity activities to ensure that the activities are undertaken peacefully, in accordance with local laws, and with dignity. Please remember non-violence and democracy are two of our constant principles.

The Tibetan people and current Kashag are extremely blessed to have the continuing presence and wisdom of His Holiness the great 14th Dalai Lama. The Kashag extends absolute support to the historic statement issued on September 24, 2011 by His Holiness concerning his reincarnation. We believe His Holiness alone has the right to determine his reincarnation, and that the communist government of China has absolutely no say or role in this matter.

I would like to take this occasion to thank all governments, especially the governments of United States, Europe and Asia, organizations, Tibet Support Groups, and individuals who have supported the Tibetan people. Your support is greatly appreciated. I also call on our old and new friends alike to reinvigorate the Tibet Support Groups around the world. We need you more than ever at this critical time. The Kashag would also like to acknowledge the full cooperation of the Chitue Lhentsok and looks forward to a productive partnership in serving Tibet and Tibetan people.

I am also happy to express the Tibetan people’s deepest and continued gratitude to the government and people of India for their generous hospitality and kindness over the past five decades. My appreciation has grown tremendously since becoming the political head of the Tibetan people. Hardik Shukriya!

Lastly, to our dear brothers and sisters in Tibet, we would like to say that you are in our hearts and prayers every day. We will walk side by side with you till freedom is restored for Tibetans and His Holiness the Dalai Lama returns to Tibet. I pray for the long life of His Holiness the Dalai Lama. May our long cherished goal of freedom and reuniting in the Land of Snows be realized soon!

March 10, 2012

Dharamsala


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