Sua Santità il Dalai Lama assiste alle danze di purificazione dei sito dove si tiene il Kalachakra per la Pace universale a Bodhgaya India nel gennaio 2012.
Al ritorno in Cina, centinaia di arresti fra chi ha pregato con il Dalai Lama A fine dicembre, con il permesso delle autorità, circa 7mila tibetani sono andati in India per la festa religiosa della Bhodigaya, guidata dal Dalai Lama. Oggi, senza alcuna accusa formale, gli agenti stanno rastrellando e arrestando i partecipanti. Una fonte di AsiaNews: “Non vogliono più capire, cercano di trasformare il popolo in uno zombie”. Lhasa (AsiaNews) – Il governo centrale cinese ha ordinato un raid in Tibet per cercare di fermare le proteste: in questi giorni si sono verificate centinaia di arresti e condanne alla rieducazione tramite il lavoro. Lo denuncia Human Rights Watch. La repressione è nata dopo che 7mila fedeli buddisti si sono recati dal Tibet in India per seguire gli insegnamenti del Dalai Lama.La repressione cinese a questo gesto di sfida – compiuto comunque con il permesso delle autorità locali – era stata anticipata da AsiaNews che, in un articolo dello scorso gennaio [v. http://www.asianews.it/notizie-it/Pechino-soffoca-tre-manifestazioni-tibetane-e-l%E2%80%99informazione-23817.html] aveva intervistato un lama presente agli insegnamenti del leader buddista.
Secondo la fonte, Pechino non aveva compreso la portata dell’evento: «L’aumento della violenza anti-tibetana nasce dalla paura di Pechino, che vede nei tibetani un popolo che non si china più senza reagire ai loro soprusi. Alla fine di dicembre, sfidando la repressione e senza paura delle conseguenze, un gruppo di 6mila fedeli buddisti ha lasciato il Tibet ed è andato in India a seguire la Bhodigaya, una grande festa religiosa guidata dal Dalai Lama. In questo modo hanno dimostrato il loro amore per la libertà religiosa e hanno detto che non hanno paura della Cina”.
Nel corso di questo incontro, “il Dalai Lama si è rivolto a loro e ha chiesto la fine di tutte le violenze, che non giovano alla causa tibetana e mettono a rischio vite umane preziose. Sono stati dei momenti molto toccanti: buona parte dei presenti non aveva mai visto il proprio leader religioso se non in foto, e diverse centinaia di persone si sono messe a piangere. Chiedono soltanto che possa tornare a casa”.
Tuttavia, dopo la Bhodigaya, la Cina ha cambiato idea. Senza accuse precise, ha ordinato centinaia di arresti e lavaggi del cervello ai danni di coloro che avevano superato il confine: «Una violenza inaudita – commenta ancora la fonte di AsiaNews – che si spiega soltanto con la schizofrenia di un regime che non cerca più di capire o di confrontarsi. Vogliono un popolo composto da zombi».
di Monica Ricci Sargentini
Le autorità cinesi hanno arrestato “centinaia” di tibetani che ritornavano dall’India, dove avevano partecipato a una seduta di “insegnamenti” buddhisti tenuta dal Dalai Lama, il leader tibetano e premio Nobel per la pace, che vive in esilio da oltre 50 anni. Lo ha denunciato in un documento diffuso ieri il gruppo umanitario Human Rights Watch (Hrw). L’associazione afferma che è la prima volta dal 1970 che civili tibetani vengono arrestati contemporaneamente, e questo avviene mentre molte zone a popolazione tibetana della Cina, anche al di fuori della Regione autonoma del Tibet, sono scosse da drammatiche forme di protesta anticinese. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Liu Weimin, in una conferenza stampa a Pechino, ha affermato di non aver notizia degli arresti e ha accusato “alcuni gruppi al di fuori della Cina” di “incitare ad attività secessioniste” la popolazione tibetana.
Secondo Human Rights Watch, settemila tibetani, forniti di regolari passaporti cinesi, erano usciti dalla Cina tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio per recarsi nel Bihar, la provincia indiana dove si è svolto l’evento presieduto dal Dalai Lama.
“Non esistono regolamenti che vietano di partecipare alle cerimonie officiate dal Dalai Lama, e coloro che vengono sottoposti alla rieducazione non sono stati accusati di alcun reato”, sostiene l’associazione.
Human Rights Watch aggiunge che nessuno dei circa settecento buddhisti cinesi di etnia han che hanno partecipato allo stesso evento è stato fermato, un’indicazione che gli arresti vengono eseguiti sulla base di una discriminazione etnica. Il Dalai Lama chiede per il Tibet quella che chiama una «reale» autonomia e da oltre vent’anni dichiara di non ritenere l’indipendenza un’opzione praticabile per il territorio. Pechino lo accusa di non comportarsi di conseguenza e di perseguire segretamente la secessione. Negli ultimi undici mesi 24 tibetani, in maggioranza monaci e monache, spesso giovanissimi, si sono dati fuoco per protesta contro la “repressione” cinese. Di questi, almeno 15 sono morti per le ustioni riportate. L’ultima, l’11 febbraio, è stata Tenzin Choedon, una novizia del monastero femminile di Mamae, prefettura tibetana di Aba, in Sichuan. L’ ennesimo suicidio si è svolto con modalità analoghe a quelle di molti altri. Gli slogan gridati contro il governo di Pechino, a sostegno del Dalai Lama e della «libertà per il Tibet», quindi le fiamme e l’ intervento degli agenti.
Il timore: da episodi singoli, per quanto brutali e ad effetto – le auto immolazioni – i tibetani sono passati a una vera sollevazione popolare. Da gennaio almeno sette tibetani sono stati uccisi dalle forze di sicurezza cinesi nelle aree tibetane della provincia del Sichuan, dove sono avvenute la maggior parte delle “autoimmolazioni”. ”Il governo cinese, come sempre – ha detto nelle scorse settimane Hong Lei, portavoce del ministero degli Esteri – combatterà tutte le violazioni della legge e sarà risoluto nel mantenere l’ ordine sociale”. Pechino ha paura di un “possibile movimento sotterraneo” capace di organizzare segretamente un’ insurrezione in vista del Capodanno tibetano (22 febbraio). Di fatto ogni anno, intorno al 14 di marzo, anniversario della tragica rivolta del 2008 (22 morti ufficiali), il Tibet viene sigillato.
http://lepersoneeladignita.corriere.it/2012/02/19/in-india-a-lezione-dal-dalai-lama-la-cina-li-arresta-e-li-rieduca/