Tenzin Choedron
Ngaba, muore con il fuoco una monaca buddista di 18 anni
Tenzin Choedron proveniva dal monastero di Mamae Dechen Choekhorling: è la 23esima vittima di questa forma di protesta contro il dominio comunista. Il governo, invece di cercare il dialogo, continua a preferire il pugno di ferro contro la popolazione. Dharamsala (AsiaNews) – Tenzin Choedron, una monaca buddista tibetana che si è data fuoco per protestare contro il dominio cinese in Tibet, è morta durante la corsa verso l’ospedale di Ngaba, nel Sichuan. A riferirlo sono oggi i media cinesi, che puntano di nuovo il dito contro “la cricca del Dalai Lama, colpevole di fomentare questi atti”. Dal febbraio del 2009, sono oramai 23 i religiosi che si sono dati fuoco per chiedere libertà religiosa e il ritorno del loro leader spirituale in patria. Secondo quanto riferito ieri dal governo tibetano in esilio, la giovane 18enne – che proveniva dal monastero di Mamae Dechen Choekhorling – si è data fuoco ad un incrocio stradale pronunciando slogan contro il governo cinese. Le forze di sicurezza l’hanno immediatamente portata via e hanno chiuso il monastero: la monaca non è morta sul colpo, ma è stata portata via in luogo sconosciuto dagli agenti della polizia cinese. Ngaba si conferma l’epicentro di questa forma di protesta: qui si sono verificate 14 auto-immolazioni, delle quali cinque dall’inizio di febbraio. Il Dalai Lama e tutte le altre personalità spirituali del buddismo hanno più volte chiesto ai loro fedeli di non compiere questi atti e di pensare sul lungo periodo, ma hanno ammesso che le privazioni a cui sono costretti i tibetani in Tibet sono terribili e aumentano di anno in anno. La polizia, su ordine del governo centrale comunista, invece di cercare il dialogo e frenare le morti, continua a tenere sotto strettissimo controllo le regioni dove vivono i tibetani, bloccando le strade e impedendo i collegamenti anche telefonici. Il segretario regionale tibetano del Partito comunista cinese ha invitato i suoi funzionari alla “guerra contro i secessionisti del Dalai Lama”, minacciando i funzionari che non si adoperano di cacciarli.
Cina La religiosa ha gridato slogan per la libertà da Pechino: è la 12esima vittima.
Nuovo martirio per il Tibet Giovane monaca si dà fuoco.
La diciottenne in fin di vita trascinata via dalla polizia. Timori Pechino teme ulteriori disordini in coincidenza con il Capodanno tibetano, il 22 febbraio.
PECHINO – Diciotto anni. La vita di Tenzin Choedon si è fermata qui. Era una novizia del monastero femminile di Mamae, prefettura tibetana di Aba, in Sichuan. Sabato si è data fuoco. Secondo alcune testimonianze era ancora viva quando soldati e poliziotti l’ hanno portata via. Per gli attivisti di Free Tibet la donna sarebbe poi deceduta, dodicesima vittima di un’ ondata di gesti estremi che in un anno ha fatto registrare almeno 22 episodi. Del sacrificio di Tenzin Choedon ha parlato anche International Campaign for Tibet. Per Pechino, invece, un motivo di imbarazzo alla vigilia della visita del vicepresidente Xi Jinping a Washington e del vertice sino-europeo di Pechino. L’ ennesimo suicidio si è svolto con modalità analoghe a quelle di molti altri. Gli slogan gridati contro il governo di Pechino, a sostegno del Dalai Lama e della «libertà per il Tibet», quindi le fiamme e l’ intervento degli agenti. Subito dopo, uomini in divisa hanno stretto un cordone intorno al monastero di Mamae, che ha una tradizione di intransigente lealtà al Dalai Lama e dal quale proveniva anche una ventenne suicida in ottobre. Il timore che l’ approssimarsi del Capodanno tibetano, 22 febbraio, porti con sé un intensificarsi degli atti dimostrativi da parte di tibetani (non necessariamente religiosi) insofferenti alla presenza cinese prende ulteriore consistenza, e Aba si conferma l’area più esposta al fenomeno. Tenzin Choedon ha sigillato una settimana di tensioni e sangue. Manifestazioni, un’ altra immolazione e, giovedì, la morte di due fratelli tibetani – uno dei quali monaco – braccati e circondati dalla polizia. Stando a Radio Free Asia , erano in fuga dopo aver partecipato a una protesta nella contea di Luhuo il 23 gennaio. Quattro funzionari del Partito comunista, invece, sono stati rimossi per aver abbandonato i loro posti, ovvero essere andati in vacanza, durante la settimana del Capodanno cinese. Una direttiva politica dei giorni scorsi ordinava ai dirigenti in Tibet e nelle aree tibetane di fare tutto il possibile per prevenire incidenti. I media ufficiali hanno dato evidenza all’ incontro di venerdì scorso tra il premier Wen Jiabao e il Panchen Lama nominato da Pechino (la stragrande maggioranza dei tibetani riconosce invece un Panchen Lama riconosciuto dal Dalai Lama ma preso in custodia dai cinesi nel 1995 e da allora sparito). Il primo ministro ha raccomandato di «guidare i lama e i fedeli nell’ amore per la patria, ubbidendo alle leggi e agli insegnamenti buddhisti» e di «giocare una parte ancora più grande nel salvaguardare l’ unità nazionale e l’ unità di tutti i gruppi etnici».
Del Corona Marco (13 febbraio 2012) – Corriere della Sera