- Sua Santità il Dalai Lama: Quando sarò vicino ai novant’anni, consulterò i lama elevati della tradizione buddhista tibetana, il popolo tibetano e altre persone che si sentono partecipi di questo evento e seguono il buddhismo tibetano, per riconsiderare se l’istituzione del Dalai Lama debba continuare o no.
Dichiarazione di Sua Santità il Quattordicesimo Dalai Lama, Tenzin Gyatso, sull’argomento della propria reincarnazione
Introduzione
Miei cari tibetani, dentro e fuori dal Tibet, voi tutti che seguite la tradizione buddhista tibetana e chiunque abbia connessione con il Tibet e i tibetani: grazie alla visione dei nostri antichi re, dei ministri e dei seguaci‐studiosi, l’insegnamento completo del Buddha, inclusi gli insegnamenti scritturali ed esperienziali dei Tre Veicoli e le quattro classi del Tantra, con i rispettivi argomenti e le rispettive discipline, sono largamente fiorite nella Terra delle Nevi.
Per il mondo, il Tibet è stato una sorgente di tradizioni buddhiste e tradizioni culturali correlate. In particolare, ha contribuito in modo significativo alla felicità di innumerevoli esseri viventi in Asia, inclusi quelli in Cina, Tibet e Mongolia. Nel corso del mantenimento della tradizione buddhista in Tibet, abbiamo sviluppato la tradizione tibetana, unica, dell’identificazione delle reincarnazioni di seguaci studiosi che sono stati di immenso aiuto sia al Dharma sia agli esseri senzienti, in particolare alle comunità monastiche.
Fin da quando l’onnisciente Gedun Gyatso fu identificato e confermato come reincarnazione di Gedun Drub, nel 15° secolo, e fu creato il Gaden Phodrang Labrang (l’istituzione del Dalai Lama), sono state identificate le reincarnazioni successive. Il terzo nella successione, Sonam Gyatso, ricevette il titolo di Dalai Lama. Il Quinto Dalai Lama, Ngawang Lobsang Gyatso, fondò nel 1642 il Governo del Podrang di Gaden, diventando il capo spirituale e politico del Tibet. Per oltre 600 anni dal tempo di Gedun Drub, furono identificate una serie di indubbie reincarnazioni. Dal 1642, i Dalai Lama hanno svolto la funzione di capi spirituali e politici del Tibet per 369 anni.
Attualmente ho portato a suo termine questo sistema di mia spontanea volontà, orgoglioso e soddisfatto che possiamo aderire al tipo di sistema di governo democratico che fiorisce ovunque nel mondo. In effetti, fin dal 1969, ho spiegato chiaramente che le persone che ci tengono dovrebbero decidere se le reincarnazioni del Dalai Lama dovrebbero continuare nel futuro. Tuttavia, in assenza di chiare indicazioni, se la gente che ci tiene dovesse esprimere un forte desiderio che i Dalai Lama continuino, ci sarebbe un ovvio rischio che poteri politici forti abusino del sistema della reincarnazione per realizzare il loro programma politico.
Perciò, mentre sono ancora fisicamente e mentalmente in forma, mi sembra importante delineare chiare istruzioni per identificare il prossimo Dalai Lama, in modo che non vi sia adito al dubbio o all’inganno. Affinché queste istruzioni siano pienamente comprensibili, è indispensabile capire il sistema dell’identificazione dei tulku e i concetti di base che vi stanno dietro. Perciò ve li spiegherò brevemente qui di seguito.
Vite passate e future
Per accettare la reincarnazione o la realtà dei tulku, abbiamo bisogno di accettare le vite passate e future. Gli esseri senzienti arrivano in questa vita presente dalle loro vite passate, e rinascono ancora dopo la morte. Questo tipo di rinascite continue viene accettato da tutte le tradizioni spirituali e le scuole di filosofia antiche dell’India, eccetto gli Charvaka, che è stato un sistema materialistico. Certi pensatori moderni negano le vite passate e future per l’assunto che non possiamo vederle. Sulle stesse basi, altri non arrivano alle stesse nette conclusioni.
Nonostante molte tradizioni religiose accettino la rinascita, divergono nella loro concezione di cosa rinasca, come rinasca, cosa e come passi attraverso il periodo di transizione tra le due vite. Alcune tradizioni religiose accettano la prospettiva di una vita futura, ma rifiutano l’idea di vite passate. In genere i buddhisti credono che la nascita sia senza inizio e che una volta che abbiamo conseguito la liberazione dall’esistenza ciclica sconfiggendo il nostro karma e le emozioni distruttive, non rinasceremo sotto il potere di tali condizioni. Perciò i buddhisti credono che vi sia una fine alle rinascite che risultano dal karma e dalle emozioni distruttive, ma la maggior parte delle scuole filosofiche buddhiste non accettano che il continuum mentale abbia una fine. Rifiutare la rinascita passata e futura contraddirebbe il concetto buddhista di “base, sentiero e risultato”, che deve essere spiegato in rapporto alla mente disciplinata o non disciplinata. Se accettassimo quell’asserzione, logicamente, dovremmo accettare che il mondo e i suoi abitanti avvengono senza cause e condizioni. Perciò, purché siate buddhisti, è necessario che accettiate le rinascite passate e future. Per coloro che ricordano le loro vite passate, la rinascita è un’esperienza evidente. Tuttavia la maggior parte degli esseri ordinari dimentica le vite passate mentre affrontano il processo di morte, stato intermedio e rinascita. Poiché le rinascite passate e future sono per loro un po’ oscure, abbiamo bisogno di usare la logica basata sull’evidenza per dimostrare loro l’esistenza delle vite passate e future. Per provare l’esistenza delle vite passate e future esistono molte e varie argomentazioni logiche date dalle parole di Buddha e dai successivi commentari. In breve si riassumono in quattro punti: la logica che le cose sono precedute da cose di tipo simile, la logica che le cose sono precedute da una causa sostanziale, la logica che la mente ha acquisito nel passato familiarità con le cose e la logica che la mente ha acquisito nel passato esperienza delle cose. Infine, tutti questi ragionamenti sono basati sull’idea che la natura della mente, la sua chiarezza e consapevolezza, debba avere chiarezza e consapevolezza come sua causa sostanziale. Come causa sostanziale non può avere nessun’altra entità, ad esempio un oggetto inanimato. Ciò è lampante. Tramite l’analisi logica ne deduciamo che un nuovo continuum mentale di chiarezza e consapevolezza non può sorgere senza cause o senza cause correlate. Mentre osserviamo che la mente non può essere prodotta in laboratorio, deduciamo anche che niente può eliminare la continuità di sottile chiarezza e consapevolezza. Che io sappia, nessun psicologo, medico o neuroscienziato è stato in grado di osservare o prevedere la produzione della mente sia dalla materia o senza una causa.
Vi sono persone che possono ricordare le loro vite passate recenti o anche molte vite passate remote, così come sono in grado di riconoscere luoghi e parenti di quella vita. Questo fatto non è qualcosa che è accaduto solo nel passato. Anche oggi vi sono molte persone, in Oriente ed Occidente, che possono ricordare incidenti ed altre esperienze delle vite passate. Negare questo non è un modo onesto e imparziale di condurre la ricerca, perché va contro l’evidenza. Il sistema tibetano di identificazione delle reincarnazioni è un modo autentico di indagine basato sul ricordo che le persone hanno delle loro vite precedenti.
Come avviene la rinascita
Vi sono due modi nei quali qualcuno può rinascere dopo la morte: rinascita sotto l’influenza del karma e delle emozioni distruttive, e rinascita tramite il potere della compassione e delle preghiere. Riguardo alla prima, a causa dell’ignoranza si creano karma positivo e karma negativo e le loro impronte rimangono nella coscienza. Queste impronte vengono riattivate dalla brama e dall’afferrarsi, che ci spingono nella vita successiva. Noi, quindi, rinasciamo, senza aver scelto, nei reami superiori o inferiori. Questo è il modo in cui gli esseri ordinari girano incessantemente nell’esistenza come gira una ruota. Anche in tali circostanze, gli esseri ordinari possono impegnarsi diligentemente, con un’aspirazione positiva, in pratiche virtuose nella vita quotidiana delle loro esistenze. Essi si familiarizzano con la virtù che può essere riattivata al momento della morte, fornendo loro i mezzi per rinascere nei reami superiori dell’esistenza. Dall’altra parte, i bodhisattva superiori, coloro che hanno ottenuto il sentiero della visione, non sono rinati per la forza del loro karma e delle emozioni distruttive, ma per il potere della loro compassione per gli esseri senzienti e sulla base delle loro preghiere per beneficiare gli altri. Essi sono in grado di scegliere luogo e tempo della loro rinascita e anche i loro futuri genitori. Tale rinascita, che è unicamente per il beneficio degli altri, è una rinascita per la forza della compassione e delle preghiere.
Il significato di tulku
Il costume tibetano di applicare l’epiteto ‘tulku’ (Corpo di Emanazione del Buddha) a una reincarnazione riconosciuta sembra fosse iniziato quando i devoti lo usarono come titolo onorifico, ma da allora è diventata un’espressione comune. In generale il termine tulku si riferisce a un particolare aspetto del Buddha, uno dei tre o quattro descritti nel veicolo dei Sutra. Secondo questa spiegazione di tali aspetti del Buddha, una persona che sia totalmente legata dal karma e dalle emozioni distruttive ha il potenziale di realizzare il Corpo di Verità (Dharmakaya), costituito dal Corpo di Verità della Saggezza e dal Corpo di Verità di Natura. Il primo si riferisce alla mente illuminata di un Buddha, che vede ogni cosa direttamente e precisamente, com’è, in un istante. E’ stata ripulita, per un lungo periodo di tempo, da tutte le emozioni distruttive e anche dalle loro impronte, attraverso l’accumulazione del merito e della saggezza. Il secondo, il Corpo di Verità di Natura, si riferisce alla natura vuota della stessa mente illuminata che tutto conosce. Questi due, insieme, sono aspetti dei buddha per se stessi. Tuttavia, poiché non sono direttamente accessibili agli altri, ma solo ai buddha, è indispensabile che i Buddha si manifestino in una forma fisica che sia accessibile agli esseri senzienti, per poterli aiutare. Quindi, il supremo aspetto fisico di un Buddha è il Corpo di Completa Gioia (Sambhogakaya), che è accessibile ai bodhisattva superiori e ha cinque qualificazioni definite, come il dimorare nel Cielo di Akanista. Dal Corpo di Completa Gioia si manifestano le miriadi di Corpi di Emanazione o Tulku (Nirmanakaya) dei buddha, che appaiono come divinità o umani e sono accessibili anche agli esseri ordinari. Questi due aspetti fisici dei buddha sono definiti Corpi della Forma, e sono rivolti agli altri.
Il Corpo di Emanazione è triplice:
a) Il Corpo di Emanazione Suprema, come Buddha Shakyamuni, il Buddha storico, che manifestò le dodici azioni di un Buddha come umano nato nel luogo da lui scelto e così via;
b) il Corpo di Emanazione Artistica, che opera per gli altri apparendo come artigiani, artisti e così via;
c) il Corpo di Emanazione Incarnata, secondo cui i Buddha appaiono in varie forme per aiutare gli esseri senzienti: come esseri umani, divinità, fiumi, ponti, piante medicinali e alberi.
Di questi tre tipi di Corpi di Emanazione, le reincarnazioni dei maestri spirituali riconosciuti e noti in Tibet come ‘tulku’ fanno parte della terza categoria. Tra questi tulku ve ne possono essere molti che sono correttamente qualificati quali Corpi di Emanazione Incarnata dei Buddha, ma ciò non riguarda necessariamente tutti loro. Tra i tulku del Tibet vi possono essere quelli che sono reincarnazioni di bodhisattva superiori, bodhisattva sul sentiero dell’accumulazione e bodhisattva sul sentiero della preparazione, e anche maestri che sono già chiaramente entrati in tali sentieri del bodhisattva. Perciò il titolo di tulku viene conferito a lama reincarnati sia sulla base dei loro simili esseri illuminati, sia della loro connessione con certe qualità degli esseri illuminati. Come dice Jamyang Khyentse Wangpo: “La reincarnazione è ciò che accade quando qualcuno rinasce dopo la morte del predecessore; l’emanazione è quando la manifestazione avviene senza che la sorgente sia deceduta.”
Identificazione delle reincarnazioni
La pratica di riconoscere qualcuno tramite l’identificazione della sua vita precedente avveniva anche durante la vita dello stesso Shakyamuni. Sono stati trovati molti resoconti nelle quattro parti dell’Agama del Vinayapitaka, nelle Storie Jataka, nel Sutra del Saggio e del Folle, nel Sutra dei Cento Karma e così via, in cui il Tathagata svela l’operare del karma, narrando moltissime storie su come gli effetti di certi karma creati in una vita precedente vengano sperimentati da una persona nella sua vita presente. Inoltre, nei racconti delle vite dei maestri indiani che vissero dopo il Buddha, molti rivelano i loro precedenti luoghi di nascita. Esistono molti racconti di questo tipo, ma in India non esiste il sistema dell’identificazione e della numerazione delle reincarnazioni.
Il sistema di identificazione delle reincarnazioni in Tibet
Le vite passate e future sono state asserite dalla tradizione autoctona tibetana del Bon prima dell’arrivo del buddhismo. E, fin dalla diffusione del buddhismo in Tibet, praticamente tutti i tibetani hanno creduto nelle vite passate e future. In Tibet, l’indagine sulla reincarnazione di molti maestri spirituali che hanno sostenuto il Dharma e l’usanza di pregarli devotamente si è diffusa dappertutto. Molte scritture autentiche, libri tibetani autoctoni come il Mani Kabum e I Quintuplici Insegnamenti Kathang e altri, come I Libri dei Discepoli Kadam e La Ghirlanda di Gioielli: Risposte ai Quesiti ‐ che furono esposte dal glorioso e incomparabile maestro indiano Atisha Dipankara nell’11° secolo in Tibet ‐ narrano cronache delle reincarnazioni di Arya Avalokitesvara, il bodhisattva della compassione. Tuttavia la presente tradizione, che riconosce formalmente le reincarnazioni dei maestri, iniziò nei primi del 13° secolo, con l’identificazione di Karmapa Pagshi quale reincarnazione di Karmapa Dusum Khyenpa ad opera dei suoi discepoli e secondo le sue predizioni. Da allora, vi sono state diciassette incarnazioni Karmapa nell’arco di oltre novecento anni. In modo analogo, a partire dal’identificazione di Kunga Sangmo quale reincarnazioni di Khandro Choeki Dronme, nel 15° secolo, vi sono state oltre dieci reincarnazioni di Samding Dorje Phagmo. Così, tra i tulku identificati in Tibet vi sono praticanti monaci, laici, maschi e femmine. In Tibet, questo sistema di identificazione delle reincarnazioni si è diffuso gradualmente nelle altre tradizioni buddhiste e tra i Bon. Oggi vi sono tulku riconosciuti che operano per il Dharma in tutte le tradizioni buddhiste, Sakya, Geluk, Kagyu, Nyngma e anche Jonang e Bodong. E’ anche evidente che tra questi tulku alcuni sono un disonore. L’onnisciente Gedun Drub, che era discepolo diretto di Je Tzong Khapa, fondò il monastero di Tashi Lhunpo, nello Tsang, ed ebbe cura dei suoi studenti. Lasciò il corpo nel 1474, all’età di 84 anni. Nonostante inizialmente non fossero stati fatti sforzi per identificare la sua reincarnazione, la gente fu costretta a riconoscere un bambino chiamato Sangye Chopel, che era nato a Tanak, nello Tsang (1476), a causa di quanto aveva detto dei suoi sorprendenti e ineccepibili ricordi delle sue vite precedenti. Da quel momento si instaurò la tradizione di cercare e identificare le reincarnazioni successive dei Dalai Lama tramite il Gaden Phodrang Labrang e più tardi tramite il Governo del Gaden Phodrang.
I metodi per identificare le reincarnazioni
Quando iniziò il sistema di identificare i tulku, iniziarono a svilupparsi e crescere varie procedure per farlo. Tra queste, alcune molto importanti riguardano una lettera predittiva del predecessore e altre istruzioni e indicazioni che devono essere effettuate; il racconto plausibile della vita precedente e il parlarne; l’identificazione di oggetti appartenuti al predecessore e il riconoscimento di persone che gli sono state vicine. Oltre a questi, metodi supplementari includono la richiesta, a un maestro attendibile, della sua divinazione e anche richiedere le predizioni di oracoli mondani, che appaiono tramite medium in trance, e osservare le visioni che si manifestano nei laghi sacri dei protettori come Lhamo Latso, un lago sacro a sud di Lhasa. Quando accade che vi siano più di un potenziale candidato che possa essere riconosciuto come tulku e diventa difficile decidere, vi è la pratica di prendere la decisione finale tramite una divinazione che usa il metodo delle palline di pasta (zen tak) di fronte a un’immagine sacra, mentre si invoca il potere della verità.
L’emanazione prima che il predecessore lasci il corpo (ma‐dhey tulku)
Di solito una reincarnazione deve essere la rinascita di qualcuno come essere umano, dopo che ha lasciato il corpo. In genere gli esseri ordinari non possono manifestare un’emanazione prima della morte (ma‐dhey tulku), ma i bodhisattva superiori, che possono manifestarsi in centinaia o migliaia di corpi simultaneamente, possono manifestare un’emanazione prima della morte. Nel sistema tibetano di identificazione dei tulku vi sono emanazioni che appartengono allo stesso continuum mentale del predecessore, emanazioni che sono connesse agli altri grazie alla forza del karma e delle preghiere ed emanazioni che sono il risultato di benedizioni o nomina. Lo scopo principale dell’apparizione di una reincarnazione è continuare l’opera incompleta di servire il Dharma e gli esseri senzienti, lasciata dal predecessore. Nel caso di un lama che è un essere ordinario, invece di avere una reincarnazione che appartiene allo stesso continuum mentale, può venir riconosciuto qualcuno o qualcuna che abbia una connessione con quel lama tramite un karma puro e le preghiere. Altrimenti, è possibile che il lama nomini un successore che sia o il suo discepolo o qualche giovane che vada identificato come sua emanazione. Dal momento che queste opzioni sono possibili nel caso di un essere ordinario, un’emanazione prima della morte che non sia dello stesso continuum mentale è plausibile. In alcuni casi, un lama elevato può avere simultaneamente alcune reincarnazioni, come le reincarnazioni di corpo, parola e mente e così via. In tempi recenti vi sono state ben note emanazioni prima della morte, come Dujom Jigdral Yeshe Dorje e Chogye Trichen Ngawang Khyenrab.
L’uso dell’urna d’oro
Poiché l’era di degenerazione peggiora e perché sono state identificate più reincarnazioni di lama elevati, alcune per motivi politici, molte di loro, in numero crescente, sono stati riconosciute con mezzi inappropriati e discutibili, con il risultato che è stato fatto al Dharma un danno immenso.
Durante il conflitto tra il Tibet e i Gurka (1791‐93), il Governo Tibetano dovette richiedere il sostegno militare dei Manciù. Di conseguenza la milizia Gurka fu espulsa dal Tibet, ma dopo questo fatto gli ufficiali Manciù stesero un progetto in 29 punti, con il pretesto di rendere più efficiente l’amministrazione del Governo Tibetano. Tale progetto includeva il suggerimento – per decidere l’identificazione delle reincarnazioni dei Dalai Lama, del Panchen Lam e degli
Hutuktu (un titolo mongolo conferito a Lama elevati) ‐ di estrarre a sorte da un’urna d’oro. Tale procedura, perciò, venne usata nei casi di identificazione di alcune reincarnazioni di Dalai Lama, Panchen Lama e altri lama elevati. Il rituale da seguire fu scritto dall’Ottavo Dalai Lama Jampel Gyatso. Nonostante il sistema fosse stato introdotto, la procedura fu trascurata nel caso del Nono, del Tredicesimo e di me stesso, il Quattordicesimo Dalai Lama. Anche nel caso del Decimo Dalai Lama, l’autentica reincarnazione era già stata ritrovata e in realtà non si seguì questa procedura, ma per dare soddisfazione ai Manciù fu soltanto annunciato che questa procedura era stata eseguita. Il sistema dell’urna d’oro fu usato effettivamente solo nel caso dell’Undicesimo e del Dodicesimo Dalai Lama. Tuttavia il Dodicesimo Dalai Lama era già stato identificato prima che venisse usata la procedura. Perciò, c’è stata solo un’occasione in cui un Dalai Lama è stato identificato attraverso questo metodo. In modo analogo, tra le reincarnazioni del Panchen Lama, a parte l’Ottavo e il Nono, non c’è stata occasione di usare questo metodo. Questo sistema era stato imposto dai Manciù, ma i tibetani non nutrivano alcuna fiducia in esso perché mancava di ogni qualità spirituale; sembra comunque che, nel caso fosse usato onestamente, potrebbe essere considerato alla stregua del modo di divinazione che utilizza il metodo delle palline di pasta (zen tak). Nel 1880, durante l’identificazione del Tredicesimo Dalai Lama come reincarnazione del Dodicesimo, vi erano sempre tracce della relazione sacerdote‐protettore tra il Tibet e i Manciù. Egli fu identificato come reincarnazione indubbia dall’Ottavo Panchen Lama dalle predizioni degli oracoli di Nechung e di Samye e osservando le visioni che apparvero sul Lhamo Latso, per cui la procedura dell’urna non fu eseguita. Ciò si capisce chiaramente dal testamento finale del Tredicesimo Dalai Lama, nell’anno della Scimmia‐Acqua (1933) nel quale afferma: “Come tutti voi sapete, non sono stato eletto secondo l’usanza di estrarre a sorte dall’urna d’oro, ma la mia selezione è stata predetta e presagita. In accordo con queste profezie e presagi fui riconosciuto quale reincarnazione del Dalai Lama e insediato”. Quando fui riconosciuto come la Quattordicesima incarnazione del Dalai Lama, nel 1939, la relazione sacerdote‐protettore tra Tibet e Cina era già terminata. perciò non vi fu nessuna necessità di confermare la reincarnazione usando l’urna d’oro. È ben noto che il reggente del Tibet e l’Assemblea Nazionale Tibetana seguirono le procedure per identificare la reincarnazione del Dalai Lama tenendo in considerazione le predizioni di lama elevati, oracoli e visioni osservate nel Lhamo Latso; i Cinesi non furono per niente coinvolti in tutto questo. Tuttavia, alcuni ufficiali interessati del Kuomintang, più tardi, diffusero scaltramente delle falsità sui giornali, dichiarando che si erano accordati per rinunciare all’uso dell’urna d’oro, che Wu Chung‐tsin aveva presieduto il mio insediamento e così via. Queste menzogne furono denunciate da Ngabo Ngawang Jigme ‐ il vicepresidente della Commissione Permanente del Congresso Nazionale del Popolo, che la Repubblica Popolare Cinese considerava la più progressiva delle persone ‐ alla seconda sessione del Quinto Congresso del Popolo della Regione Autonoma del Tibet (31 luglio 1989). E’ chiaro che, alla fine del suo intervento, in cui dette una spiegazione dettagliata di quegli eventi e presentò una prova documentata, reclamò: “Che necessità c’è, per il Partito Comunista di fare la stessa cosa e continuare le menzogne del Kuomintang?”
Strategie ingannevoli e false speranze
Nel passato recente vi sono stati casi di amministratori irresponsabili di ricchi patrimoni di lama che hanno assecondato metodi impropri per riconoscere le reincarnazioni, fatti che hanno compromesso il Dharma, la comunità monastica e la nostra società. In più, fin dall’epoca Manciù, le autorità politiche cinesi si sono ripetutamente impegnate in vari mezzi disonesti nell’uso del buddhismo, dei maestri buddhisti e dei tulku come strumenti per soddisfare i loro scopi politici, in quanto coinvolti nelle vicende tibetane e mongole. Oggi, i dirigenti autoritari della Repubblica Popolare Cinese, che essendo comunisti rifiutano la religione ma si intromettono ancora nelle questioni religiose, hanno imposto una cosiddetta ‘campagna rieducativa’ e hanno proclamato il cosiddetto ‘Ordine Numero Cinque’, entrato in vigore il 1° settembre 2007, che riguarda il controllo e il riconoscimento delle reincarnazioni. Ciò è oltraggioso e biasimevole. L’imposizione di vari metodi inappropriati per identificare le reincarnazioni, per sradicare le nostre tradizioni straordinarie, sta apportando un danno che sarà difficile riparare. Inoltre, essi stanno dicendo che aspettano la mia morte e che identificheranno il Quindicesimo Dalai Lama a loro scelta. Dalle loro recenti regole, dai regolamenti e dalle susseguenti dichiarazioni, è chiaro che hanno una strategia accurata per ingannare i tibetani, i seguaci della tradizione buddhista tibetana e la comunità mondiale. Per questi motivi, poiché ho la responsabilità di proteggere il Dharma e gli esseri senzienti, e contrastare tali progetti rovinosi, faccio la dichiarazione che segue.
La prossima reincarnazione del Dalai Lama
Come ho ricordato in precedenza, la reincarnazione è un fenomeno che dovrebbe avvenire o tramite la scelta volontaria della persona implicata, o almeno per la forza dei suoi meriti, del suo karma e delle sue preghiere. Per questo motivo, soltanto la persona che si reincarna ha la legittima autorità su come e dove rinascere, e sul modo in cui questa reincarnazione deve essere riconosciuta. E’ particolarmente inappropriato che i [dirigenti, n.d.t] comunisti cinesi, che rifiutano esplicitamente perfino l’idea di vite passate e future, figuriamoci il concetto di tulku reincarnati, si immischino nel sistema della reincarnazione e specialmente di quelle dei Dalai Lama e dei Panchen Lama. Questa sfacciata intromissione contraddice la loro stessa ideologia politica e rivela le loro duplici pretese. Se questa situazione dovesse continuare nel futuro, sarà impossibile per i Tibetani e per coloro che seguono la tradizione buddhista tibetana ammetterla o accettarla. Quando sarò vicino ai novant’anni, consulterò i lama elevati della tradizione buddhista tibetana, il popolo tibetano e altre persone che si sentono partecipi di questo evento e seguono il buddhismo tibetano, per riconsiderare se l’istituzione del Dalai Lama debba continuare o no. Su tale base, prenderemo una decisione. Se sarà indubbio che la reincarnazione del Dalai Lama debba continuare e che è necessario che il Quindicesimo Dalai Lama sia identificato, la responsabilità per fare questo dovrà per prima cosa competere ai dirigenti implicati nella Fondazione del Gaden Phodrang del Dalai Lama. Essi dovranno consultare i vari capi delle tradizioni buddhiste tibetane e affidabili Protettori del Dharma legati da giuramento, che siano inseparabilmente concatenati al lignaggio del Dalai Lama. Essi dovranno chiedere consiglio a questi esseri coinvolti e farsi carico delle procedure per la ricerca e l’identificazione in accordo alla tradizione del passato. A questo proposito lascerò chiare istruzioni scritte.
Tenendo presente questo, a parte la reincarnazione identificata con tali metodi legittimi, nessuna identificazione o accettazione dovrà essere accordata a candidati scelti per scopi politici da chiunque, inclusi quelli nella Repubblica Popolare Cinese.
Il Dalai Lama
Dharamsala
24 Settembre 2011
(Tradotto dal tibetano in inglese. Tradotto dall’inglese in italiano, FPMT Italia, ottobre 2011)
Statement of His Holiness the Fourteenth Dalai Lama, Tenzin Gyatso, on the Issue of His Reincarnation
September 24th 2011 (Translated from the Tibetan)
Introduction
My fellow Tibetans, both in and outside Tibet, all those who follow the Tibetan Buddhist tradition, and everyone who has a connection to Tibet and Tibetans: due to the foresight of our ancient kings, ministers and scholar-adepts, the complete teaching of the Buddha, comprising the scriptural and experiential teachings of the Three Vehicles and the Four Sets of Tantra and their related subjects and disciplines flourished widely in the Land of Snow. Tibet has served as a source of Buddhist and related cultural traditions for the world. In particular, it has contributed significantly to the happiness of countless beings in Asia, including those in China, Tibet and Mongolia.
In the course of upholding the Buddhist tradition in Tibet, we evolved a unique Tibetan tradition of recognizing the reincarnations of scholar-adepts that has been of immense help to both the Dharma and sentient beings, particularly to the monastic community.
Since the omniscient Gedun Gyatso was recognized and confirmed as the reincarnation of Gedun Drub in the fifteenth century and the Gaden Phodrang Labrang (the Dalai Lama’s institution) was established, successive reincarnations have been recognized. The third in the line, Sonam Gyatso, was given the title of the Dalai Lama. The Fifth Dalai Lama, Ngawang Lobsang Gyatso, established the Gaden Phodrang Government in 1642, becoming the spiritual and political head of Tibet. For more than 600 years since Gedun Drub, a series of unmistaken reincarnations has been recognised in the lineage of the Dalai Lama.
The Dalai Lamas have functioned as both the political and spiritual leaders of Tibet for 369 years since 1642. I have now voluntarily brought this to an end, proud and satisfied that we can pursue the kind of democratic system of government flourishing elsewhere in the world. In fact, as far back as 1969, I made clear that concerned people should decide whether the Dalai Lama’s reincarnations should continue in the future. However, in the absence of clear guidelines, should the concerned public express a strong wish for the Dalai Lamas to continue, there is an obvious risk of vested political interests misusing the reincarnation system to fulfil their own political agenda. Therefore, while I remain physically and mentally fit, it seems important to me that we draw up clear guidelines to recognise the next Dalai Lama, so that there is no room for doubt or deception. For these guidelines to be fully comprehensible, it is essential to understand the system of Tulku recognition and the basic concepts behind it. Therefore, I shall briefly explain them below.
Past and future lives
In order to accept reincarnation or the reality of Tulkus, we need to accept the existence of past and future lives. Sentient beings come to this present life from their previous lives and take rebirth again after death. This kind of continuous rebirth is accepted by all the ancient Indian spiritual traditions and schools of philosophy, except the Charvakas, who were a materialist movement. Some modern thinkers deny past and future lives on the premise that we cannot see them. Others do not draw such clear cut conclusions on this basis.
Although many religious traditions accept rebirth, they differ in their views of what it is that is reborn, how it is reborn, and how it passes through the transitional period between two lives. Some religious traditions accept the prospect of future life, but reject the idea of past lives.
Generally, Buddhists believe that there is no beginning to birth and that once we achieve liberation from the cycle of existence by overcoming our karma and destructive emotions, we will not be reborn under the sway of these conditions. Therefore, Buddhists believe that there is an end to being reborn as a result of karma and destructive emotions, but most Buddhist philosophical schools do not accept that the mind-stream comes to an end. To reject past and future rebirth would contradict the Buddhist concept of the ground, path and result, which must be explained on the basis of the disciplined or undisciplined mind. If we accept this argument, logically, we would also have to accept that the world and its inhabitants come about without causes and conditions. Therefore, as long as you are a Buddhist, it is necessary to accept past and future rebirth.
For those who remember their past lives, rebirth is a clear experience. However, most ordinary beings forget their past lives as they go through the process of death, intermediate state and rebirth. As past and future rebirths are slightly obscure to them, we need to use evidence-based logic to prove past and future rebirths to them.
There are many different logical arguments given in the words of the Buddha and subsequent commentaries to prove the existence of past and future lives. In brief, they come down to four points: the logic that things are preceded by things of a similar type, the logic that things are preceded by a substantial cause, the logic that the mind has gained familiarity with things in the past, and the logic of having gained experience of things in the past.
Ultimately all these arguments are based on the idea that the nature of the mind, its clarity and awareness, must have clarity and awareness as its substantial cause. It cannot have any other entity such as an inanimate object as its substantial cause. This is self-evident. Through logical analysis we infer that a new stream of clarity and awareness cannot come about without causes or from unrelated causes. While we observe that mind cannot be produced in a laboratory, we also infer that nothing can eliminate the continuity of subtle clarity and awareness.
As far as I know, no modern psychologist, physicist, or neuroscientist has been able to observe or predict the production of mind either from matter or without cause.
There are people who can remember their immediate past life or even many past lives, as well as being able to recognise places and relatives from those lives. This is not just something that happened in the past. Even today there are many people in the East and West, who can recall incidents and experiences from their past lives. Denying this is not an honest and impartial way of doing research, because it runs counter to this evidence. The Tibetan system of recognising reincarnations is an authentic mode of investigation based on people’s recollection of their past lives.
How rebirth takes place
There are two ways in which someone can take rebirth after death: rebirth under the sway of karma and destructive emotions and rebirth through the power of compassion and prayer. Regarding the first, due to ignorance negative and positive karma are created and their imprints remain on the consciousness. These are reactivated through craving and grasping, propelling us into the next life. We then take rebirth involuntarily in higher or lower realms. This is the way ordinary beings circle incessantly through existence like the turning of a wheel. Even under such circumstances ordinary beings can engage diligently with a positive aspiration in virtuous practices in their day-to-day lives. They familiarise themselves with virtue that at the time of death can be reactivated providing the means for them to take rebirth in a higher realm of existence. On the other hand, superior Bodhisattvas, who have attained the path of seeing, are not reborn through the force of their karma and destructive emotions, but due to the power of their compassion for sentient beings and based on their prayers to benefit others. They are able to choose their place and time of birth as well as their future parents. Such a rebirth, which is solely for the benefit of others, is rebirth through the force of compassion and prayer.
The meaning of Tulku
It seems the Tibetan custom of applying the epithet ‘Tulku’ (Buddha’s Emanation Body) to recognized reincarnations began when devotees used it as an honorary title, but it has since become a common expression. In general, the term Tulku refers to a particular aspect of the Buddha, one of the three or four described in the Sutra Vehicle. According to this explanation of these aspects of the Buddha, a person who is totally bound by destructive emotions and karma has the potential to achieve the Truth Body (Dharmakaya), comprising the Wisdom Truth Body and Nature Truth Body. The former refers to the enlightened mind of a Buddha, which sees everything directly and precisely, as it is, in an instant. It has been cleared of all destructive emotions, as well as their imprints, through the accumulation of merit and wisdom over a long period of time. The latter, the Nature Truth Body, refers to the empty nature of that all-knowing enlightened mind. These two together are aspects of the Buddhas for themselves. However, as they are not directly accessible to others, but only amongst the Buddhas themselves, it is imperative that the Buddhas manifest in physical forms that are accessible to sentient beings in order to help them. Hence, the ultimate physical aspect of a Buddha is the Body of Complete Enjoyment (Sambhogakaya), which is accessible to superior Bodhisattvas, and has five definite qualifications such as residing in the Akanishta Heaven. And from the Body of Complete Enjoyment are manifested the myriad Emanation Bodies or Tulkus (Nirmanakaya), of the Buddhas, which appear as gods or humans and are accessible even to ordinary beings. These two physical aspects of the Buddha are termed Form Bodies, which are meant for others.
The Emanation Body is three-fold: a) the Supreme Emanation Body like Shakyamuni Buddha, the historical Buddha, who manifested the twelve deeds of a Buddha such as being born in the place he chose and so forth; b) the Artistic Emanation Body which serves others by appearing as craftsmen, artists and so on; and c) the Incarnate Emanation Body, according to which Buddhas appear in various forms such as human beings, deities, rivers, bridges, medicinal plants, and trees to help sentient beings. Of these three types of Emanation Body, the reincarnations of spiritual masters recognized and known as ‘Tulkus’ in Tibet come under the third category. Among these Tulkus there may be many who are truly qualified Incarnate Emanation Bodies of the Buddhas, but this does not necessarily apply to all of them. Amongst the Tulkus of Tibet there may be those who are reincarnations of superior Bodhisattvas, Bodhisattvas on the paths of accumulation and preparation, as well as masters who are evidently yet to enter these Bodhisattva paths. Therefore, the title of Tulku is given to reincarnate Lamas either on the grounds of their resembling enlightened beings or through their connection to certain qualities of enlightened beings.
As Jamyang Khyentse Wangpo said:
“Reincarnation is what happens when someone takes rebirth after the predecessor’s passing away; emanation is when manifestations take place without the source’s passing away.”
Recognition of Reincarnations
The practice of recognizing who is who by identifying someone’s previous life occurred even when Shakyamuni Buddha himself was alive. Many accounts are found in the four Agama Sections of the Vinaya Pitaka, the Jataka Stories, the Sutra of the Wise and Foolish, the Sutra of One Hundred Karmas and so on, in which the Tathagata revealed the workings of karma, recounting innumerable stories about how the effects of certain karmas created in a past life are experienced by a person in his or her present life. Also, in the life stories of Indian masters, who lived after the Buddha, many reveal their previous places of birth. There are many such stories, but the system of recognizing and numbering their reincarnations did not occur in India.
The system of recognizing reincarnations in Tibet
Past and future lives were asserted in the indigenous Tibetan Bon tradition before the arrival of Buddhism. And since the spread of Buddhism in Tibet, virtually all Tibetans have believed in past and future lives. Investigating the reincarnations of many spiritual masters who upheld the Dharma, as well as the custom of praying devotedly to them, flourished everywhere in Tibet. Many authentic scriptures, indigenous Tibetan books such as the Mani Kabum and the Fivefold Kathang Teachings and others like the The Books of Kadam Disciples and the Jewel Garland: Responses to Queries, which were recounted by the glorious, incomparable Indian master Dipankara Atisha in the 11th century in Tibet, tell stories of the reincarnations of Arya Avalokiteshvara, the Bodhisattva of compassion. However, the present tradition of formally recognizing the reincarnations of masters first began in the early 13th century with the recognition of Karmapa Pagshi as the reincarnation of Karmapa Dusum Khyenpa by his disciples in accordance with his prediction. Since then, there have been seventeen Karmapa incarnations over more than nine hundred years. Similarly, since the recognition of Kunga Sangmo as the reincarnation of Khandro Choekyi Dronme in the 15th century there have been more than ten incarnations of Samding Dorje Phagmo. So, among the Tulkus recognized in Tibet there are monastics and lay tantric practitioners, male and female. This system of recognizing the reincarnations gradually spread to other Tibetan Buddhist traditions, and Bon, in Tibet. Today, there are recognized Tulkus in all the Tibetan Buddhist traditions, the Sakya, Geluk, Kagyu and Nyingma, as well as Jonang and Bodong, who serve the Dharma. It is also evident that amongst these Tulkus some are a disgrace.
The omniscient Gedun Drub, who was a direct disciple of Je Tsongkhapa, founded Tashi Lhunpo Monastery in Tsang and took care of his students. He passed away in 1474 at the age of 84. Although initially no efforts were made to identify his reincarnation, people were obliged to recognize a child named Sangye Chophel, who had been born in Tanak, Tsang (1476), because of what he had to say about his amazing and flawless recollections of his past life. Since then, a tradition began of searching for and recognizing the successive reincarnations of the Dalai Lamas by the Gaden Phodrang Labrang and later the Gaden Phodrang Government.
The ways of recognizing reincarnations
After the system of recognizing Tulkus came into being, various procedures for going about it began to develop and grow. Among these some of the most important involve the predecessor’s predictive letter and other instructions and indications that might occur; the reincarnation’s reliably recounting his previous life and speaking about it; identifying possessions belonging to the predecessor and recognizing people who had been close to him. Apart from these, additional methods include asking reliable spiritual masters for their divination as well as seeking the predictions of mundane oracles, who appear through mediums in trance, and observing the visions that manifest in sacred lakes of protectors like Lhamoi Latso, a sacred lake south of Lhasa.
When there happens to be more than one prospective candidate for recognition as a Tulku, and it becomes difficult to decide, there is a practice of making the final decision by divination employing the dough-ball method (zen tak) before a sacred image while calling upon the power of truth.
Emanation before the passing away of the predecessor (ma-dhey tulku)
Usually a reincarnation has to be someone’s taking rebirth as a human being after previously passing away. Ordinary sentient beings generally cannot manifest an emanation before death (ma-dhey tulku), but superior Bodhisattvas, who can manifest themselves in hundreds or thousands of bodies simultaneously, can manifest an emanation before death. Within the Tibetan system of recognizing Tulkus there are emanations who belong to the same mind-stream as the predecessor, emanations who are connected to others through the power of karma and prayers, and emanations who come as a result of blessings and appointment.
The main purpose of the appearance of a reincarnation is to continue the predecessor’s unfinished work to serve Dharma and beings. In the case of a Lama who is an ordinary being, instead of having a reincarnation belonging to the same mind-stream, someone else with connections to that Lama through pure karma and prayers may be recognized as his or her emanation. Alternatively it is possible for the Lama to appoint a successor who is either his disciple or someone young who is to be recognized as his emanation. Since these options are possible in the case of an ordinary being, an emanation before death that is not of the same mind-stream is feasible. In some cases one high Lama may have several reincarnations simultaneously, such as incarnations of body, speech and mind and so on. In recent times, there have been well-known emanations before death such as Dudjom Jigdral Yeshe Dorje and Chogye Trichen Ngawang Khyenrab.
Using the Golden Urn
As the degenerate age gets worse, and as more reincarnations of high Lamas are being recognized, some of them for political motives, increasing numbers have been recognized through inappropriate and questionable means, as a result of which huge damage has been done to the Dharma.
During the conflict between Tibet and the Gurkhas (1791-93) the Tibetan Government had to call on Manchu military support. Consequently the Gurkha military was expelled from Tibet, but afterwards Manchu officials made a 29-point proposal on the pretext of making the Tibetan Government’s administration more efficient. This proposal included the suggestion of picking lots from a Golden Urn to decide on the recognition of the reincarnations of the Dalai Lamas, Panchen Lamas and Hutuktus, a Mongolian title given to high Lamas. Therefore, this procedure was followed in the case of recognizing some reincarnations of the Dalai Lama, Panchen Lama and other high Lamas. The ritual to be followed was written by the Eighth Dalai Lama Jampel Gyatso. Even after such a system had been introduced, this procedure was dispensed with for the Ninth, Thirteenth and myself, the Fourteenth Dalai Lama.
Even in the case of the Tenth Dalai Lama, the authentic reincarnation had already been found and in reality this procedure was not followed, but in order to humour the Manchus it was merely announced that this procedure had been observed.
The Golden Urn system was actually used only in the cases of the Eleventh and Twelfth Dalai Lamas. However, the Twelfth Dalai Lama had already been recognized before the procedure was employed. Therefore, there has only been one occasion when a Dalai Lama was recognized by using this method. Likewise, among the reincarnations of the Panchen Lama, apart from the Eighth and the Ninth, there have been no instances of this method being employed. This system was imposed by the Manchus, but Tibetans had no faith in it because it lacked any spiritual quality. However, if it were to be used honestly, it seems that we could consider it as similar to the manner of divination employing the dough-ball method (zen tak).
In 1880, during the recognition of the Thirteenth Dalai Lama as the reincarnation of the Twelfth, traces of the Priest-Patron relationship between Tibet and the Manchus still existed. He was recognized as the unmistaken reincarnation by the Eighth Panchen Lama, the predictions of the Nechung and Samye oracles and by observing visions that appeared in Lhamoi Latso, therefore the Golden Urn procedure was not followed. This can be clearly understood from the Thirteenth Dalai Lama’s final testament of the Water-Monkey Year (1933) in which he states:
“As you all know, I was selected not in the customary way of picking lots from the golden urn, but my selection was foretold and divined. In accordance with these divinations and prophecies I was recognized as the reincarnation of the Dalai Lama and enthroned.”
When I was recognized as the Fourteenth incarnation of the Dalai Lama in 1939, the Priest-Patron relationship between Tibet and China had already come to an end. Therefore, there was no question of any need to confirm the reincarnation by employing the Golden Urn. It is well-known that the then Regent of Tibet and the Tibetan National Assembly had followed the procedure for recognizing the Dalai Lama’s reincarnation taking account of the predictions of high Lamas, oracles and the visions seen in Lhamoi Latso; the Chinese had no involvement in it whatever. Nevertheless, some concerned officials of the Guomintang later cunningly spread lies in the newspapers claiming that they had agreed to forego the use of the Golden Urn and that Wu Chung-tsin presided over my enthronement, and so on. This lie was exposed by Ngabo Ngawang Jigme, the Vice-Chairman of the Standing Committee of the National People’s Congress, who the People’s Republic of China considered to be a most progressive person, at the Second Session of the Fifth People’s Congress of the Tibet Autonomous Region (31st July 1989). This is clear, when, at the end of his speech, in which he gave a detailed explanation of events and presented documentary evidence, he demanded:
“What need is there for the Communist Party to follow suit and continue the lies of the Guomintang?”
Deceptive strategy and false hopes
In the recent past, there have been cases of irresponsible managers of wealthy Lama-estates who indulged in improper methods to recognize reincarnations, which have undermined the Dharma, the monastic community and our society. Moreover, since the Manchu era Chinese political authorities repeatedly engaged in various deceitful means using Buddhism, Buddhist masters and Tulkus as tools to fulfil their political ends as they involved themselves in Tibetan and Mongolian affairs. Today, the authoritarian rulers of the People’s Republic of China, who as communists reject religion, but still involve themselves in religious affairs, have imposed a so-called re-education campaign and declared the so-called Order No. Five, concerning the control and recognition of reincarnations, which came into force on 1st September 2007. This is outrageous and disgraceful. The enforcement of various inappropriate methods for recognizing reincarnations to eradicate our unique Tibetan cultural traditions is doing damage that will be difficult to repair.
Moreover, they say they are waiting for my death and will recognize a Fifteenth Dalai Lama of their choice. It is clear from their recent rules and regulations and subsequent declarations that they have a detailed strategy to deceive Tibetans, followers of the Tibetan Buddhist tradition and the world community. Therefore, as I have a responsibility to protect the Dharma and sentient beings and counter such detrimental schemes, I make the following declaration.
The next incarnation of the Dalai Lama
As I mentioned earlier, reincarnation is a phenomenon which should take place either through the voluntary choice of the concerned person or at least on the strength of his or her karma, merit and prayers. Therefore, the person who reincarnates has sole legitimate authority over where and how he or she takes rebirth and how that reincarnation is to be recognized. It is a reality that no one else can force the person concerned, or manipulate him or her. It is particularly inappropriate for Chinese communists, who explicitly reject even the idea of past and future lives, let alone the concept of reincarnate Tulkus, to meddle in the system of reincarnation and especially the reincarnations of the Dalai Lamas and Panchen Lamas. Such brazen meddling contradicts their own political ideology and reveals their double standards. Should this situation continue in the future, it will be impossible for Tibetans and those who follow the Tibetan Buddhist tradition to acknowledge or accept it.
When I am about ninety I will consult the high Lamas of the Tibetan Buddhist traditions, the Tibetan public, and other concerned people who follow Tibetan Buddhism, and re-evaluate whether the institution of the Dalai Lama should continue or not. On that basis we will take a decision. If it is decided that the reincarnation of the Dalai Lama should continue and there is a need for the Fifteenth Dalai Lama to be recognized, responsibility for doing so will primarily rest on the concerned officers of the Dalai Lama’s Gaden Phodrang Trust. They should consult the various heads of the Tibetan Buddhist traditions and the reliable oath-bound Dharma Protectors who are linked inseparably to the lineage of the Dalai Lamas. They should seek advice and direction from these concerned beings and carry out the procedures of search and recognition in accordance with past tradition. I shall leave clear written instructions about this. Bear in mind that, apart from the reincarnation recognized through such legitimate methods, no recognition or acceptance should be given to a candidate chosen for political ends by anyone, including those in the People’s Republic of China.
The Dalai Lama
Dharamsala September 24, 2011 http://www.dalailama.com/news/post/746-statement-of-his-holiness-the-fourteenth-dalai-lama-tenzin-gyatso-on-the-issue-of-his-reincarnation