Il Dalai Lama, nella sua dichiarazione ai capi delle quattro scuole ufficiali del buddismo tibetano, ha detto di voler decidere la sua successione solo al compimento dei 90 anni.
Pechino furiosa dopo le parole dell’autorità spirituale in esilio, che ha dichiarato di aver pronte le “linee guida” per l’individuazione della sua prossima reincarnazione: “Saremo noi a nominarlo”. Due monaci si danno fuoco per protesta. di Raimondo Bultrini
BANGKOK – “Nessuno, nemmeno la Cina ha diritto di decidere chi sarà e dove nascerà la mia prossima reincarnazione”. Il recente annuncio dell’attuale XIV Dalai Lama di avere pronte le “linee guida” per la scelta del XV leader spirituale tibetano, ha scatenato una reazione furiosa delle autorità cinesi. Per bocca del portavoce degli Esteri Hong Lei, Pechino ha detto con chiarezza inedita in una conferenza stampa che “il titolo di Dalai Lama conferito dal governo centrale cinese e si considera illegale ogni eccezione”. Secondo Hong Lei “non è mai esistita la pratica di un Dalai Lama che identifica il suo proprio successore”.
Il provocatorio paradosso storico ha subito scatenato una reazione emotiva violenta in Amdo, nel cuore del Tibet dove nacque Tenzin Gyatso, l’attuale Dalai oggi in esilio. Appena si è diffusa la notizia della volontà cinese di nominare d’ufficio il loro prossimo leader spirituale, due giovani monaci del monastero di Kirti, da mesi in rivolta, si sono dati fuoco gridando “lunga vita al Dalai Lama”. I due monaci appartenevano al monastero di Kirti, in un’area a popolazione tibetana della provincia cinese del Sichuan, dove già a marzo un altro monaco di nome Phuntsog, che secondo i gruppi tibetani in esilio era il fratello maggiore di uno dei due, si era suicidato per protesta contro la “repressione” della Cina. In agosto la stessa forma di protesta era stata scelta da Tsewang Norbu, di 29 anni, di un altro monastero tibetano del Sichuan, quello di Tawu, a 150 chilometri da Kirti. I due giovani sono stati identificati dagli esuli come Kalsang e Kunchok.
Il Dalai Lama, nella sua dichiarazione ai capi delle quattro scuole ufficiali del buddismo tibetano, aveva detto di voler decidere la sua successione solo al compimento dei 90 anni, ciò tra 14 anni. “A quel tempo – ha spiegato con risoluto ottimismo – convocherò i massimi leader spirituali delle scuole, studiosi e saggi per decidere sullo stile di un conclave Vaticano se dovrà riprendere forma terrena un Dalai Lama, se dovrà sparire, o se ne dovrà essere eletto democraticamente uno già adulto. Non dovrà esserci dubbio alcuno – ha detto in sintesi – che l’eventuale sostituto messo sul trono dai cinesi sarà un falso”.
Nello stesso lungo discorso, il Dalai Lama ha spiegato con inedita precisione la differenza tra reincarnazione (che prevede la rinascita in un bambino) ed “emanazione”, ovvero la possibilità di trasferire mentre ancora sano e cosciente i suoi poteri a qualcun altro. Grazie a questi speciali poteri, la “emanazione” del Dalai Lama – un altro monaco, o un laico, perfino “una donna” – potrà trattare con il nemico di tante vite quando lui non ci sarà più. http://www.repubblica.it/esteri/2011/09/26/news/la_cina_avverte_il_dalai_lama_decidiamo_noi_il_successore-22273646/