Un dissidente tibetano fuggito in India in stretto contatto con la popolazione in Tibet sottolinea che il controllo del governo è asfissiante e “vivere a Lhasa equivale ad essere in prigione”. Chi trasgredisce alle regole viene arrestato o scompare.
Tutte le monache costrette a fare ritorno ai propri distretti di origine. La polizia voleva fermare la continua crescita della comunità. Sconosciuta la sorte di 85 monaci arrestati in maggio.
Dharamsala (AsiaNews) – Ancora arresti e sfratti per monaci e monache tibetani. Lo scorso 14 agosto la polizia ha fatto sgombrare il monastero femminile di Drepung nella periferia di Lhasa. Secondo fonti locali la comunità aveva continue vocazioni e ciò ha spaventato le autorità che hanno chiuso il monastero e costretto tutte le monache a ritornare nei propri distretti.
Un dissidente tibetano fuggito in India in stretto contatto con la popolazione in Tibet sottolinea che il controllo del governo è asfissiante e “vivere a Lhasa equivale ad essere in prigione”. Chi trasgredisce alle regole viene arrestato o scompare.
A tutt’oggi resta sconosciuta la sorte di 85 monaci monaci dell’ex monastero di Tashi Lhunpu, arrestati in maggio. Dopo la chiusura della loro comunità nel 1995 essi erano riusciti a mantenere una loro dimensione “comunitaria”, aiutandosi l’un l’altro a trovare lavoro come camerieri, commercianti, autisti e sostenendo i più anziani. Nonostante gli appelli delle famiglie, le autorità non vogliono rivelare il luogo e le ragioni della loro detenzione.