- Samdhong Rinpoche: “La campagna di repressione del Tibet continua senza sosta. Sono 60 anni che massacrano la regione, ma noi speriamo che un giorno il nostro spirito possa tornare libero”.
Parla l’ex primo ministro del governo tibetano in esilio, Samdhong Rinpoche: “Le offese continue e ripetitive della Cina nei confronti del Dalai Lama e del nostro sistema politico dimostrano il terrore che Pechino prova nei confronti della democrazia”. Dharmasala (di Nirmala Carvalho, AsiaNews) – La democrazia e la libertà religiosa “sono le minacce maggiori per la sopravvivenza stessa del Partito comunista cinese. Ecco perché i leader cinesi continuano ad offendere il Tibet, il suo nuovo primo ministro e il Dalai Lama: hanno paura”. Lo dice ad AsiaNews l’ex primo ministro del governo tibetano in esilio, Samdhong Rinpoche, che aggiunge: “Parlano del ‘successore’ del Dalai Lama come se potessero sceglierlo. Ma non lo faranno”. L’ex leader dell’esecutivo tibetano è stato rimpiazzato alcune settimane fa da Lobsang Sangay, eletto in maniera democratica dalla diaspora tibetana dopo che il Dalai Lama ha ufficializzato il suo ritiro dalla vita politica e lanciato il processo di democratizzazione del governo, con sede a Dharamsala sin dalla cacciata dal Tibet avvenuta nel 1959. Rinpoche risponde alle accuse mosse da Padma Choling, presidente della Regione autonoma tibetana (l’organismo politico controllato da Pechino che “guida” le politiche del Tibet), secondo cui “il nostro è il solo organo politico per i tibetani. Nessuno al mondo riconosce il governo in esilio”. Il politico, burattino del governo cinese, ha aggiunto: “I colloqui con il Dalai Lama possono ripartire subito, ma deve smetterla di brigare per l’indipendenza. Dice di aver scelto un successore, ma a cosa succede? E da chi prende il potere?”. Per Rinpoche, “queste sono frasi che ripetono da anni e che non meritano neanche una risposta. Non mi sorprende nulla, anche perché Choling deve leggere i testi che gli passa Pechino e semplicemente obbedire ai suoi ordini. Tuttavia, queste frasi dimostrano come la campagna di repressione del Tibet ordinata dai comunisti continua senza sosta. Sono 60 anni che massacrano la regione, ma noi speriamo che un giorno il nostro spirito possa tornare libero”.
Per quanto riguarda la successione al Dalai Lama, l’ex premier dice: “Tutti i tibetani pregano affinché il nostro leader religioso abbia una lunghissima vita, in buona salute. Tuttavia, quando fra molti anni il suo viaggio terreno sarà completato, noi avremo un XV Dalai Lama: e soltanto lui potrà succedere all’attuale”.