Dharamsala, il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha reso noto che almeno ventiquattro tibetani sono stati arrestati in seguito alle manifestazioni di protesta avvenute a Lithang, nella Prefettura Autonoma Tibetana di Kardze.
La prima protesta ha avuto luogo domenica 15 febbraio quando, nella piazza del mercato di Lithang, un monaco del monastero di Nekhor, Lobsang Lhundup, 37 anni, ha iniziato a gridare “Lunga vita al Dalai Lama”, “Indipendenza per il Tibet”, “No alla celebrazione del Losar”. Nel volgere di una quindicina di minuti Lobsang è stato circondato dagli agenti di polizia, fatto salire su una camionetta e trasferito al locale centro di detenzione.
Il gruppo Free Tibet Campaign riferisce che un folto numero di tibetani (tra i 150 e i 200, secondo alcune fonti) si sono immediatamente uniti a Lobsang sostenendo la sua protesta. La spontanea manifestazione si è protratta per almeno un’ora, fino a quando le forze di polizia, hanno disperso la folla colpendo i dimostranti con bastoni e con le canne dei fucili.
Il giorno seguente, 16 febbraio, Sonam Tempa, fratello di Lobsang, assieme ad altri 14 tibetani ha dato vita ad una seconda manifestazione di protesta. Al grido di “Liberate Lobsang Lhundup”, “Lunga vita al Dalai Lama”, e “Non celebrate il Losar”, il gruppo ha percorso la strada che porta alla piazza del mercato. Sembra che Sonam portasse un grande ritratto del Dalai Lama. Come avvenuto il giorno precedente, numerosi tibetani (300 o 400, secondo fonti locali) si sono uniti alla protesta. Nuovamente caricati dalla polizia con bastoni e i calci dei fucili, sono stati selvaggiamente picchiati: molti presentavano ferite al volto, alla testa e alle braccia e perdevano sangue dal naso. Ventitré manifestanti sono stati arrestati e trasferiti al centro di detenzione di Tsaka, a sei chilometri da Lithang.
Il 17 febbraio le autorità governative hanno ordinato la chiusura di tutti i negozi e ristoranti di Lithang. Il traffico automobilistico tra Lithang e la vicina Bathang è stato bloccato. Forze di polizia hanno presidiato le strade del vicino villaggio di Kyemo dal quale si ritenevano provenire molti dei dimostranti. Fonti locali riferiscono che la polizia ha arrestato alcuni tibetani sospettati di aver partecipato alle manifestazioni perché i loro abiti erano macchiati di sangue. (Phayul/Free Tibet Campaign)
Urgen Tenzin, direttore del Centro tibetano per i diritti umani e la democrazia (Tchrd), racconta ad AsiaNews che, secondo testimoni oculari, “tutti i dimostranti sono stati malmenati con brutalità e caricati a forza sopra camion della polizia. Molti erano feriti alle braccia e al capo e perdevano sangue dal naso… Non abbiamo notizie su dove siano e come stiano. Dopo le proteste, intorno a Lithang sono arrivati molti poliziotti”.
“I cinesi – spiega Tenzin – provocano i tibetani per farli reagire, forzandoli perché parlino male del Dalai Lama e attraverso la campagna di rieducazione patriottica… Invece, se davvero Pechino volesse risolvere la questione tibetana, dovrebbe cercare il dialogo e un accordo col Dalai Lama”.
In segno di protesta, molti gruppi che lottano per i diritti dei tibetani hanno detto che non festeggeranno l’imminente capodanno tibetano. Ritengono che ci sia “poco da fare festa” con la perdurante repressione cinese.
Il Tchrd denuncia che Lobsang e gli altri hanno soltanto “esercitato in modo pacifico la libertà di espressione e di pensiero” e teme che possano essere torturati.