Il 21 aprile, due anziani tibetani, un uomo di 60 anni, Dongko e una donna di 65 anni, Sherkyi, sono morti a causa delle percosse ricevute dalla polizia cinese mentre cercavano di impedire che trecento monaci del monastero di Kirti fossero forzatamente fatti salire su automezzi con destinazione ignota. Testimoni oculari hanno raccontato che i laici accorsi in difesa dei religiosi presentavano fratture multiple alle gambe e alle braccia e che “a un’anziana donna con una gamba rotta in tre punti era stata infilata in bocca della stoffa per impedirle di urlare”. Dopo violenti scontri tra le forze di sicurezza e i residenti, la mattina del 22 aprile la polizia ha fatto irruzione nel monastero. Trecento monaci sono stati evacuati e portati via a bordo di camion e pullman. Decine gli arrestati tra la popolazione locale, solo i più anziani sono stati rilasciati il giorno successivo.Le prime drammatiche immagini da Ngaba nel video di Voice of America Tibetan Service al sito: http://www.tibetsociety.com/content/view/171Cento monaci tibetani appartenenti al monastero di Kirti Jeypa di Dharamsala e a quello di Sukhe Kirti di Darjeeling hanno iniziato oggi una marcia di solidarietà con i confratelli del monastero tibetano di Ngaba Kirti, da settimane assediato dalle forze di sicurezza cinesi (nella foto il momento della partenza).
Sfidando l’ormai intensa calura dell’estate indiana, i monaci intendono percorrere in una settimana i 500 chilometri che separano Dharamsala da New Delhi per richiamare l’attenzione della comunità internazionale sulla violenta repressione in atto nel monastero tibetano. “Chiediamo a quanti credono nella pace e nella giustizia, ai governi, ai parlamentari, alle organizzazioni non governative e ai nostri fratelli e sorelle in tutto il mondo di manifestare ed esercitare pressioni sul governo cinese affinché ponga immediatamente fine alle brutali azioni di forza compiute dalla polizia a Ngaba”. Questo l’appello espresso dai monaci dei due monasteri di Kirti nell’esilio indiano assieme alla richiesta del rilascio di tutti i prigionieri politici in Tibet, incluso il Panchen Lama, con particolare riferimento ai due monaci tibetani recentemente arrestati a Kirti, Lobsang Tsundrue e Lobsang Dargay.
I religiosi chiedono inoltre che il governo cinese rispetti i diritti umani, la libertà di espressione e della pratica della religione di tutti i tibetani all’interno del Tibet e che ai monaci sia consentito di portare avanti liberamente i loro studi e di occuparsi della gestione dei monasteri in modo autonomo e senza ingerenze esterne.
Prima della partenza i monaci hanno preso parte, nel principale tempio di Dharamsala, lo TsuglagKhang, a una cerimonia collettiva di preghiera officiata dallo stesso Dalai Lama. Circa 1.500 tra monaci e monache hanno affollato l’interno del tempio mentre, all’esterno, i militanti del Tibetan Youth Congress si alternavano in uno sciopero della fame in solidarietà con i tre membri del gruppo che dal 25 aprile stanno attuando, a New Delhi, uno sciopero della fame a tempo indeterminato. Al momento della partenza, avvenuta attorno alle 11.00 del mattino, i marciatori sono stati omaggiati delle rituali sciarpe bianche da esponenti di tutte le maggiori organizzazioni tibetane, inclusi lo stesso TYC, il movimento Gu Chu Sum e l’Associazione delle Donne Tibetane, che nella giornata di domenica 24 aprile, assieme a monaci e laici, avevano organizzato una manifestazione di protesta, a Dharamsala, in segno di condanna della repressione in atto in Tibet. Fonti: The Tibet Post – Phayul, Italai-Tibet