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I monaci tibetani devono difendere lo Stato cinese
Febbraio 19th, 2009 by admin

Il governo ordina ai monaci tibetani di difendere lo Stato cinese         

L’Associazione buddista della Cina, strumento del Partito, approva norme che ordinano ai buddisti tibetani di obbedire anzitutto allo Stato. Ma cresce il boicottaggio del Capodanno. Il poeta Tenzin Tsundue spiega la nonviolenza tibetana.          

Dharamsala (AsiaNews) – Pechino aumenta il controllo sui monaci tibetani e chiede loro di difendere gli interessi dello Stato cinese. Ma lo scrittore e poeta tibetano Tenzin Tsundue spiega ad AsiaNews che l’imminente Capodanno tibetano (Losar) sarà occasione d’una protesta pacifica contro la repressione in atto.

L’Associazione buddista della Cina, organo dello Stato che governa le questioni buddiste, ha emanato nuove regole per i monaci tibetani. Ora, secondo quanto riferisce l’agenzia statale Xinhua, debbono anzitutto “mantenere la stabilità sociale, proteggere la legge e l’ordine socialisti, salvaguardare i fondamentali interessi della popolazione”. Inoltre non debbono “partecipare ad attività separatiste contro la madrepatria o partecipare a proteste illegali che causino disordine pubblico”.

Esperti osservano che, con le nuove regole, sarà più facile trovare accuse per incarcerare e punire i monaci, anche per una semplice protesta non violenta.

Le nuove regole invitano inoltre monaci e suore a “comprendere” che “il Dalai Lama è il capo del gruppo politico separatista per ‘l’indipendenza del Tibet’, leale strumento delle forze occidentali anticinesi e vera causa delle proteste sociali in Tibet, maggiore ostacolo perché il buddismo tibetano possa crescere in modo ordinato”.

A marzo ricorrono i 50 anni dalla fuga in esilio del Dalai Lama ed anche l’anniversario delle proteste di piazza represse nel sangue esplose il 14 marzo 2008. Intanto sono molto aumentate le forze di sicurezza in Tibet e nelle vicine province di Gansu, Qinghai e Sichuan dove ci sono forti enclavi tibetani. Molti monaci sono ancora detenuti o trasferiti e sottoposti a “educazione patriottica”, parecchi famosi monasteri sono quasi vuoti.

Il 25 febbraio inizia il Losar e tramite email e sms i tibetani raccomandano di non fare festa, perché sotto l’attuale repressione non hanno nulla da celebrare. A Lithang, dopo che circa 20 persone sono state arrestate per avere manifestato dicendo di boicottare il Losar, il 17 febbraio il governo ha ordinato di chiudere negozi e hotel per 3 giorni. Ieri era ancora una città fantasma, la gente chiusa in casa.

Tenzin Tsundue spiega ad AsiaNews che “il boicottaggio del Losar vuole essere la maggiore resistenza non violenta della storia. Questa nostra resistenza non violenta sta guadagnando l’attenzione del mondo”.

Nel commentare gli arresti contro chi invita a boicottare il Losar, dice che “il governo cinese è sempre più paranoide per questa silenziosa e diffusa protesta e reagisce nel solo modo con cui sa affrontare una protesta: con arresti e torture”.

“Pechino è preoccupata perché la nostra convinzione emerge dalla nostra stessa cultura e questo la angustia. Per anni il governo cinese ha praticato un genocidio culturale per distruggere le tradizioni e la religione tibetane. Questa nostra resistenza non violenta ha l’effetto di unire i tibetani e chi li sostiene in tutto il mondo… La Cina reagisce con violenza a ogni singolo azione perché vede che la lotta per la libertà in Tibet diffonde il suo messaggio attraverso il Paese. E’ una fonte d’ispirazione per chi lotta per i diritti del lavoro, le riforme terriere, la libertà di stampa, la libertà religiosa… Le proteste di piazza del 2008 hanno mostrato che il Tibet vuole la libertà”. http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=14523&size=A


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