Arrestati perché non festeggiano il Capodanno tibetano e mostrano foto del Dalai Lama di Nirmala Carvalho
Monaci e cittadini protestano in modo pacifico, gridando “Tibet libero” e “No alle feste per il capodanno tibetano” quale segno di contestazione anticinese. La polizia li pesta e li porta via. Non si hanno loro notizie.
Dharamsala (AsiaNews) – Mostrano una foto del Dalai Lama e finiscono in carcere. Il 15 febbraio è stato arrestato il monaco tibetano Lobsang Lhundup (nella foto), del monastero Nekhor nella contea Lithang (Kardze), perché ha inscenato una protesta solitaria, mostrando una fotografia del Dalai Lama e gridando slogan come: “Tibet libero” e “No alla festa per il capodanno tibetano”.
Il giorno dopo sono stati arrestati il monaco Sonam Tenpa, sempre di Nekhor, e almeno altri 14 tibetani della contea Lithang che hanno fatto una protesta analoga, portando una fotografia del Dalai Lama e cantando slogan come “Lunga vita al Dalai Lama”, “Tibet indipendente”, “No alle feste per il Losar [capodanno tibetano] quest’anno”.
Urgen Tenzin, direttore del Centro tibetano per i diritti umani e la democrazia (Tchrd), racconta ad AsiaNews che, secondo testimoni oculari, “tutti i dimostranti sono stati malmenati con brutalità e caricati a forza sopra camion della polizia. Molti erano feriti alle braccia e al capo e perdevano sangue dal naso… Non abbiamo notizie su dove siano e come stiano. Dopo le proteste, intorno a Lithang sono arrivati molti poliziotti”.
“I cinesi – spiega Tenzin – provocano i tibetani per farli reagire, forzandoli perché parlino male del Dalai Lama e attraverso la campagna di rieducazione patriottica… Invece, se davvero Pechino volesse risolvere la questione tibetana, dovrebbe cercare il dialogo e un accordo col Dalai Lama”.
In segno di protesta, molti gruppi che lottano per i diritti dei tibetani hanno detto che non festeggeranno l’imminente capodanno tibetano. Ritengono che ci sia “poco da fare festa” con la perdurante repressione cinese.
Il Tchrd denuncia che Lobsang e gli altri hanno soltanto “esercitato in modo pacifico la libertà di espressione e di pensiero” e teme che possano essere torturati.