Spari a Lhasa. La polizia isola i monasteri tibetani
Cordoni di polizia intorno ad almeno 3 monasteri a Lhasa, nessuno può entrare o uscire. Si registrano spari contro monaci in rivolta che avrebbero bruciato un’auto della polizia. Il governo tibetano in esilio ripete che non ha partecipato alla marcia di protesta partita da Dharamsala. Intanto crescono le proteste per gli arresti di pacifici dimostranti in Cina, ma anche in India e Nepal
Le truppe cinesi hanno circondato e isolato i monasteri Drepung, Sera e Ganden a Lhasa, dopo le proteste dei giorni scorsi contro il dominio di Pechino sul Tibet. Testimonianze di stranieri nella capitale tibetana affermano che centinaia di persone sono scese in strada nonostante la massiccia presenza dalla polizia. Vi sono stati spari contro i manifestanti, mentre monaci avrebbero incendiato un’auto della polizia. Sono incendiati anche diversi negozi, mentre testimonianze telefoniche dicono che la polizia sta controllando molte abitazioni alla ricerca di monaci che si siano nascosti. Sono stati arrestati più di 10 monaci e le auto della polizia pattugliano la piazza intorno al palazzo Potala, ex residenza del Dalai Lama.
Secondo fonti locai, Intorno a Drepung ci sono ben tre linee di polizia. Il gruppo Campagna per il Tibet dice che nessuno può passare, nemmeno i turisti, e che a Lhasa crescono la paura e la tensione.
Campagna per il Tibet riferisce che anche dal monastero Labrang, nel Gansu, centinaia di monaci guidano una marcia di protesta nella città di Xiahe.
L’11 marzo, 49mo anniversario dell’occupazione cinese, almeno 600 monaci di Drepung e Sera hanno fatto pacifiche marce di protesta. La polizia li ha dispersi con il gas lacrimogeno. Sembra ne abbia arrestati parecchi e a Sera i monaci hanno iniziato uno sciopero della fame per il loro rilascio.
Oggi Kalon Tripa Samdhong Rinpoche del Governo tibetano in esilio ha ripetuto che la marcia di protesta partita il 10 marzo da Dharamsala in India e diretta in Tibet via Nepal è un’iniziativa indipendente di 5 gruppi pro-Tibet, cui il Governo non ha partecipato. Il Dalai Lama – ha aggiunto – è contrario a qualsiasi ipotesi di boicottaggio delle Olimpiadi, che pensa possano portare cambiamenti positivi. Samdhong Rinpoche ha espresso “profonda preoccupazione” per i tibetani arrestati nei giorni scorsi in Cina. Ha anche invitato gli organizzatori della marcia a valutare se dichiararla finita, nel rispetto delle leggi indiane. La autorità indiane hanno bloccato la marcia e disposto la detenzione degli aderenti per 14 giorni. In risposta i circa 100 fermati, presso la stazione di polizia Kwala Mukhi, vicino Kangra, hanno proclamato uno sciopero della fame.
Intanto cresce la protesta internazionale contro la Cina ma anche contro India e Nepal, che hanno arrestato attivisti pro tibet e monaci che hanno protestato contro la Cina. “Le pacifiche manifestazioni – ricorda Human Rights Watch – sono permesse dalla legge internazionale e da quella interna e debbono essere consentite, non fermate con la violenza”. (di Nirmala Carvalho, AsiaNews)