Per fermare Pechino, il Dalai Lama sceglierà la sua reincarnazione
Il leader spirituale e politico del Tibet ha dichiarato che il suo successore sarà riconosciuto da lui o eletto dal governo tibetano in esilio. Un lama spiega ad AsiaNews che la prima “è la migliore scelta possibile, una mossa eccezionale decisa in un momento di bisogno”. Roma (AsiaNews) – La scelta del Dalai Lama di nominare lui stesso la propria reincarnazione, per evitare un’ulteriore influenza cinese sul Tibet, “è, al momento attuale, la migliore delle ipotesi possibili. Il popolo tibetano è d’accordo con il suo leader, che prende una decisione importante quando ce n’è veramente bisogno”. Lo dice ad AsiaNews il lama Geshe Gedun Tharchin, fondatore e Direttore spirituale dell’Istituto Lamrim di cultura tibetana oltre che docente all’Istituto di Studi Orientali e Africani di Roma.
La decisione è stata resa nota ieri, quando il Dalai Lama, in visita in Giapone, ha detto: “Se il popolo tibetano vuole mantenere il sistema attuale, una delle possibilità che sto considerando è quella di riconoscere la mia reincarnazione mentre sono ancora vivo”. Un’altra possibilità “è quella di far eleggere il mio successore in maniera democratica dal governo tibetano in esilio”.
Il lama Geshe spiega che le due ipotesi “hanno una base diversa. La prima, che prevede il riconoscimento dell’anima del nostro leader, non è mai stata effettuata ma si basa su un insegnamento buddista che la prevede. In questo modo, il prossimo Dalai Lama sarebbe capo politico e spirituale del nostro popolo in maniera religiosamente ortodossa”.
La seconda “rappresenterebbe invece un cambiamento radicale nella politica e nella religione del Tibet. In pratica, si tratta di trasformare l’attuale sistema [una sorta di teocrazia, con il Dalai Lama capo spirituale e politico ndr] in una democrazia di tipo moderno”.
Tuttavia, “questa seconda ipotesi porta con sé alcune problematiche legate alla presenza cinese in Tibet. Infatti, se si chiamasse al voto del prossimo Dalai Lama, si creerebbero attriti e sospetti reciproci fra le varie realtà del popolo tibetano, diviso da anni per colpa dell’invasione delle truppe maoiste”.
Al momento, l’influenza cinese sulla regione tibetana è totale. Per cercare di indebolire la resistenza del popolo al sistema comunista, il governo ha già rapito nel 1995 Gedhun Choekyi Nyima, il giovane Panchen Lama riconosciuto dall’attuale Dalai Lama. In un secondo momento, Pechino ne ha nominato un altro, fedele al governo. L’intenzione del regime comunista, secondo alcuni analisti,è quella di fare la stessa operazione una volta morto l’attuale supremo leader buddista.