SIDEBAR
»
S
I
D
E
B
A
R
«
Negata ai tibetani in Nepal la libertà di culto
Marzo 12th, 2011 by admin

La polizia nepalese bastona un monaco tibetano.

La polizia nepalese bastona un monaco tibetano.

La polizia nepalese aggredisce e bastona i tibetani in preghiera. Kathmandu: attivista tibetana stuprata da un soldato.

In occasione del 10 marzo, anniversario della rivolta contro la Cina, i profughi tibetani in Nepal si sono riuniti in un luogo consacrato a Kathmandu per pregare. Ma la polizia li ha caricati, malmenati, arrestati. Monaco buddista: in Nepal non abbiamo neanche la libertà di pregare.

La polizia nepalese ha caricato e bastonato decine di esuli tibetani che avevano organizzato stamane una preghiera nel tempio buddista di Bauddha, a Kathmandu. Il gruppo, il Tibetan Refugee Welfare,  aveva organizzato anche ieri una riunione, sempre a Bauddha, per ricordare i 52 anni delle rivolta tibetana del 10marzo 1959 contro la dominazione cinese. Ma la polizia è intervenuta contro la folla per prevenire dimostrazioni per la libertà del Tibet, caricando e colpendo i presenti, con un bilancio di oltre 15 feriti e alcune decine di arresti.

La veglia di preghiera iniziata ieri doveva concludersi stamane e per questo i tibetani si sono di nuovo radunati nel tempio. Ma la polizia è di nuovo intervenuta con i bastoni, ferendo e arrestando decine di persone.

Il portavoce della polizia Bigyan Raj Sharma nega che le forze dell’ordine sia intervenuta a un incontro di preghiera, perché “la polizia nepalese non attacca per una preghiera e la rispetta. Ma ho avuto notizia che essa ha disperso un assembramento dopo avere avuto notizia che stavano preparando una dimostrazione su luoghi sensibili”. “Rilasceremo gli arrestati dopo l’esito delle indagini”.

Analisti osservano che queste parole confermano che comunque vi è stato un attacco della polizia di tipo preventivo e contro una pacifica riunione.

Il monaco buddista Ringmoche Lama denuncia che “la polizia ci ha aggredito durante una pacifica preghiera presso un nostro santuario. Nei Paesi laici ogni religione è libera di riunirsi e pregare nei proprio luoghi consacrati. Ma in Nepal veniamo attaccati e feriti”. “L’attacco contro la nostra preghiera pacifica evidenzia che in questo Paese non abbiamo libertà religiosa e diritti, perché non stavamo nella strada, né stavamo programmando alcuna dimostrazione di protesta”.

In Nepal ci sono oltre 20mila rifugiati ufficiali registrati presso le Nazioni Unite, ma con probabilità il numero è assai maggiore. Dal 2008 le autorità hanno accolto le pressioni della Cina di non permettere proteste anticinesi, specie davanti all’ambasciata cinese o altri luoghi simili.

Tasi Lama mostra i lividi per le bastonate sulla schiena e spiega: “stavo offrendo la mia preghiera, con gli occhi chiusi e le mani congiunte nella stanza per la preghiera, e d’improvviso la polizia mi ha aggredito”.

Oggi la polizia nepalese presidia ancora in forze le possibili zone di protesta a Kathmandu, come Bauddha, l’ambasciata cinese e gli uffici delle Nazioni Unite.

La violenza è frutto della campagna di repressione contro i tebetani lanciata dal governo in accordo con Pechino, in vista del 60mo anniversario dell’invasione cinese di Lhasa. Mobilitati oltre 1500 tra soldati e poliziotti per fermare eventuali manifestazioni . Continuano le violenze di esercito e polizia nepalese contro i profughi tibetani, che oggi ricordano il 60mi anniversario dell’invasione cinese del Tibet. In questi giorni una giovane attivista tibetana è stata stuprata da un soldato vicino al tempio buddista di Swoyambhunath (Kathmandu) mentre acquistava una bandiera del Tibet. La notizia è stata confermata oggi dalle autorità, che hanno arrestato il militare, dopo le proteste contro la polizia organizzate dalla comunità tibetana.

La ragazza, originaria del distretto di Ramechap (al confine con il Tibet), ha dichiarato che l’uomo la seguiva da giorni e ha abusato di lei solo perché attiva sostenitrice della causa tibetana. A tutt’oggi il militare ha confessato lo stupro, ma non il movente.

Tsering Lama, attivista tibetano, sottolinea che per non venir meno agli accordi con Pechino “il governo ha dato ordine al personale di sicurezza di sopprimere le manifestazioni anticinesi in tutti i modi, anche con la violenza mirata contro gli attivisti”.

Oggi, Milan Tuladhar, consulente del Primo ministro ha ammesso che “governo riceve direttive precise dalla Cina contro le proteste degli esuli, ma non ha mai violato i diritti umani”.

Intanto, in vista di manifestazioni anticinesi, le autorità hanno dispiegato oltre 1500 tra militari e poliziotti davanti all’ambasciata di Pechino e nei quartieri a maggioranza tibetana.

Dopo l’invasione di Lhasa del 1951 e l’esilio del Dalai Lama in India (1959), il Nepal ha ospitato migliaia di rifugiati in fuga dal Tibet, consentendo ad essi il sostegno del governo in esilio. A tutt’oggi gli esuli sono oltre 20mila.

Con la caduta della monarchia nepalese nel 2006 e la salita al potere dei partiti maoista (Unified Communist Party of Nepal)  e leninista-marxista (Unified Marxist–Leninist) il Paese ha iniziato a stringere accordi economici con Pechino, vietando agli esuli ogni tipo di manifestazione anti-cinese. Il 13 febbraio scorso la polizia ha fermato le elezioni interne alla comunità tibetana, facendo irruzione nei seggi e sequestrando schede e materiale elettorale.  (di Kalpit Parajuli AsiaNews)


Comments are closed

»  Substance:WordPress   »  Style:Ahren Ahimsa