- Tenzin Tsundue (Scrittore e attivista tibetano).
Mentre in India le autorità stanno ancora indagando sui presunti casi di acquisto illegale di terreni da parte di alcuni tibetani ed è ancora aperta la questione della destinazione d’uso della valuta straniera trovata negli uffici amministrativi del Karmapa, pubblichiamo l’articolo apparso sull’Hindustan Times del 22 febbraio 2011 a firma di Tenzin Tsundue (nella foto), l’appassionato scrittore e attivista tibetano, noto per le sue posizioni a favore dell’indipendenza del Tibet. Attraverso le sue vibranti parole possiamo capire il punto di vista e i sentimenti di un tibetano sulla vicenda.
IN UN REGNO CONFUSO
Il 28 giugno 1992 tre lama di alto rango, responsabili per il riconoscimento della reincarnazione del XVI Karmapa, s’incontrarono con il Dalai Lama. Seguendo le istruzioni contenute in una lettera lasciata in forma di poesia dal XVI Karmapa, Tai Situ Rinpoche e Goshir Gyaltsab Rinpoche chiesero l’approvazione del riconoscimento di un bambino nato in una famiglia di nomadi nel Tibet orientale. Lo Shamarpa, il terzo lama, abbandonò gli altri due in segno di disaccordo. Il giorno seguente il Dalai Lama dichiarò il bambino di sette anni Ogyen Trinley Dorje essere il XVII Gyalwang Karmapa.
Due mesi più tardi, lo Shamarpa nominò un suo candidato, un altro bambino nato in Tibet: Trinley Thaye Dorje. Iniziò così un nuovo scontro per il potere.
Il Karmapa che ha regnato su metà del Tibet e che guida l’ordine Karma Kagyu con più di 600 centri buddhisti in tutto il mondo, si trova oggi impigliato nelle questioni politiche riguardanti la Cina, il Tibet e l’India, aggravate da tre secoli di rivalità, all’interno dell’ordine, per il controllo del potere.
Vive in un appartamento preso in affitto vicino a Dharamsala fin dal 2000, l’anno della sua fuga dal Tibet, ed è adesso impegnato nei suoi studi del buddhismo. Fuggì, infatti, in India per ricevere gli insegnamenti dai maestri dell’ordine Karma Kagyu e dallo stesso Dalai Lama.
Finora ho sempre creduto negli interessi indiani di lungo termine e cioè che l’India sostenesse la nostra lotta per fare nuovamente del Tibet uno Stato cuscinetto tra l’India e la Cina. L’India è la nostra seconda patria e, per molti di noi, la sola nostra patria. Di conseguenza, chiamare il Karmapa “una spia cinese” non solo ci ferisce ma anche ci destabilizza.
Quando, nel 1959, noi tibetani chiedemmo inizialmente asilo all’India, non capivamo nulla del mondo moderno. Mia madre lavorò nella costruzione dell’importante strada che unisce Kullu-Manali al Ladakh dove sono nato sotto una tenda.
In seguito, accolti nello Stato del Karnataka, l’allora capo del governo dello Stato, S. Nijalingappa, ci offrì in affitto per 100 anni una grande estensione di terre. Oggi, più di 40.000 tibetani vivono in Karnataka senza essere accusati di nessuna irregolarità riguardante l’occupazione di quelle terre. In Himachal Pradesh vivono circa 27.000 tibetani. Il numero è in costante crescita in quanto molti di loro continuano a fuggire dal regime autoritario cinese. Malgrado tutto questo, la popolazione dell’Himachal Pradesh ha diviso con noi la propria terra. I terreni acquistati per la costruzione di infrastrutture stanno adesso per essere affittati dallo Stato dell’Himachal Pradesh ai tibetani. E mentre è in corso questa regolarizzazione, con le relative incertezze del caso, l’ufficio del Karmapa è stato accusato di ammassare valuta straniera e acquistare terreni illegalmente (“benam“, mediante ricorso a prestanome, N.d.T.). Dal punto di vista legale noi tibetani siamo degli alieni: non possiamo votare, non ci è consentito possedere immobili e dobbiamo segnalare ogni nostro spostamento all’interno del paese. I 40.000 tibetani che ne avrebbero diritto, forse dovrebbero seguire l’esempio di Namgyal Dolkar, la prima tibetana ad aver ottenuto la cittadinanza indiana. Questo ci semplificherebbe molto le cose.
Nel 2010 l’India non permise al Karmapa di compiere un viaggio in Europa per impartire i suoi insegnamenti. Fatta eccezione per il Sikkim e l’Arunachal Pradesh, il Karmapa, in India, è libero di recarsi dove vuole. E proprio mentre pensavamo che gli venissero tolte queste restrizioni sui suoi spostamenti all’estero, è sorta invece la controversia riguardante il fatto che potesse essere “una spia cinese”. Citando fonti anonime, i media hanno ripetutamente chiamato il Karmapa una “spia”, un “agente segreto” e lo hanno accusato di avere “legami con la Cina”. Arnab Goswami, il direttore di Times Now, ha rincarato le accuse definendo il Karmapa è “parte di un gran disegno strategico della Cina”.
Conducendo un dibattito televisivo, Goswami ha detto che il Karmapa ha incontrato nel 2009 i leader cinesi a Hong Kong. Il solo viaggio fuori dall’India effettuato negli ultimi dieci anni da Ogyen Trinley Dorje è stato fatto negli Stati Uniti. È stato Trinley Thaye Dorje, il candidato dello Shamarpa, a recarsi a Hong Kong nel febbraio del 2009 e la cosa si è ripetuta la scorsa settimana.
Molti tibetani pensano che quanto è avvenuto sia stato un caso di semplice cattiva amministrazione. Un “partito” rivale, guidato da Shamar Rinpoche, alimenta invece le accuse più gravi per indebolire lo status legale del Karmapa in India e per cercare di ottenere il monastero di Rumtek, in Sikkim, per il suo candidato. Per i tibetani Ogyen Trinley Dorje è il solo Karmapa. È triste constatare come l’oggetto della fede e della speranza dei tibetani sia diventato il soggetto su cui gravano i sospetti degli indiani.
E proprio mentre la Cina sta rafforzando la sua presenza lungo tutto l’arco himalayano, la prima linea di difesa dell’India dovrebbe essere quella di assicurarsi la lealtà delle popolazioni che abitano in quelle zone. Gli abitanti del Ladakh, Lahul, Spiti, Kinnaur, Sikkim e Tawang hanno protestato contro le esternazioni dei media che non hanno dato allo scagionamento del Karmapa da parte del Governo centrale lo stesso clamoroso risalto con cui lo hanno invece accusato di avere “legami con la Cina”.
Per i tibetani, il Dalai Lama, il Panchen Lama e il Karmapa sono il sole, la luna e le stelle. Il Panchen Lama è sotto custodia cinese. Così, dopo il Dalai Lama, il XVII Gyalwang Karmapa sarà il nostro leader. Sarà anche il guru spirituale dei buddhisti di tutto il mondo. Domani, quando i 400 milioni di buddhisti cinesi saranno liberi di praticare la propria fede, immaginatevi che ruolo di Dharmaraja (“Sovrano del Dharma”, N.d.T.) il Karmapa potrà assumere.
Adesso sta all’India decidere se dare ospitalità come rifugiato a un simile avatar o se consegnarne invece lo scettro a una Cina trionfante.
Tenzin Tsundue (Scrittore e attivista tibetano).
Traduzione dall’inglese di Carlo Buldrini
fonte: http://www.italiatibet.org/index.php?option=com_content&view=article&id=576:direttore-tchrd-londa-popolare-arrivera-anche-in-cina&catid=33:notizie&Itemid=50 che si ringrazia.