Loyak, il giovane tibetano di soli 25 anni fucilato il 20 ottobre 2009.
Aderiamo alla campagna di raccolta firme promossa dall’Associazione Italia-Tibet
Il 10 marzo 2008 la frustrazione della popolazione di Lhasa esplose in una serie di manifestazioni che, partite dai tre grandi monasteri di Drepung, Sera e Ganden, infiammarono ben presto tutta la città. L’ondata delle proteste si estese rapidamente in tutto il Tibet e, tra i mesi di marzo e aprile 2008, l’intero altipiano insorse contro lo strapotere e l’arroganza dell’occupante cinese. L’insurrezione popolare dilagò fino alle province orientali del Tibet. Religiosi e laici, uomini e donne, giovani e anziani chiesero di essere liberi e di vedere rispettate le loro fondamentali libertà.
La reazione cinese fu durissima. A Lhasa fu imposto il coprifuoco. Polizia ed esercito posero la città in stato d’assedio, il paese fu chiuso alla stampa e agli osservatori stranieri. Iniziarono le uccisioni, le deportazioni e gli arresti di massa, con perquisizioni e irruzioni casa per casa. Si contarono oltre duecento morti, centinaia di feriti, migliaia di persone tratte in arresto o scomparse. …
Nell’aprile 2009 iniziarono i processi. Due giovani tibetani, Lobsang Gyaltsen (27 anni) e Loyak (25 anni), furono condannati a morte con esecuzione immediata della sentenza. Furono fucilati il 20 ottobre dello stesso anno. Altri cinque giovani tibetani furono condannati a morte ma l’esecuzione della sente
Tenzin Phuntsok
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27 anni
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Condannato nell’aprile 2009
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Kangtsuk
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22 anni
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Condannato nell’aprile 2009
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Penkyi
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21 anni
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Condannata nell’aprile 2009 (donna tibetana di Sakya)
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Pema Yeshi
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28 anni
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Condannato nel novembre 2009, nomade (Nyarong County (Kardze)
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Sonam Tsering
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23 anni
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Condannato nel maggio 2010, (Derge Palyul County, Kham)
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Queste sentenze sono di natura politica e vi sono buoni motivi per ritenere che non siano stati celebrati in conformità alle disposizioni internazionali di legge. La Cina ricorre ad ogni possibile metodo per intimorire i tibetani e cercare di normalizzare il Tibet soffocando ogni tentativo di opposizione alla forzata occupazione del paese.
Per non lasciare soli Tenzin, Kangtsuk, Penkyi, Pema e Sonam e tutti i loro fratelli che stanno scontando lunghe pene detentive, aderiamo alla campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e delle istituzioni sui crimini e le gravi violazioni della giustizia quotidianamente commesse in Tibet promossa dall’Associazione Italia-Tibet.
Aderiamo alla raccolta firme per chiedere alle autorità della Repubblica popolare:
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La cessazione immediata dell’esecuzione di tutte le sentenze capitali
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La commutazione delle condanne a morte già pronunciate
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Processi pubblici e secondo giustizia
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La sospensione dei processi connessi con i fatti dei mesi di marzo e aprile 2008 fino a quando non sarà consentito a organismi indipendenti di condurre un’inchiesta sui fatti realmente accaduti
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La cessazione delle torture inflitte ai prigionieri e la possibilità che sia loro concesso di ricevere le visite dei famigliari e degli avvocati nonché di ricevere le necessarie cure mediche
La campagna si concluderà il prossimo 10 marzo 2011, 52° anniversario dell’insurrezione di Lhasa e 3° anniversario delle proteste del 2008.http://www.italiatibet.org/images/stories/azioni/raccolta_firme_stop_killing.pdf