Il Prof. Valentino Giacomin
Valentino Giacomin ha lasciato la scuola italiana e ne ha fondato un’altra in India basata sul principio che ciascuno deve partire dalle sue radici culturali. E oggi, il progetto Alice, è una reltà vera e forte. Di Raimondo Bultrini
Professor Giacomin, che cosa faceva, e che cosa stava cercando quando ha avviato il suo Progetto Alice per i bambini poveri di Varanasi?
“La scuola in India è la conclusione di un percorso di ricerca personale, spirituale e pedagogica, iniziata trent’anni fa, quando il mio editore, Gianni de Michelis (ex ministro degli esteri durante i governi Craxi, ndr) chiuse il settimanale “Nordest”, di cui ero direttore. Alternavo il lavoro di giornalista a quello di insegnante, ma per dirigere il giornale mi ero licenziato dalla scuola dove avevo insegnato per dieci anni e da un giorno all’altro mi trovai senza lavoro. Fu un periodo di crisi e ripensamenti che mi portò alla scoperta della psicologia transpersonale, della psicosintesi, di Jung, delle filosofie orientali. Tornai allora a insegnare e trovai gli studenti cambiati. In peggio. Tutti i colleghi si lamentavano per l’indisciplina, la disattenzione, il calo del profitto. Tutti cercavano le cause di questo malessere progressivo. Chi sosteneva che era un problema di didattica, di metodo di insegnamento, chi, come me e pochi altri colleghi, sosteneva, invece, che il metodo non c’entrava affatto, ma era un problema di contenuti”. … Che contenuti?
“Offrire gli strumenti per conoscersi meglio, per affrontare il disagio psicologico, lo stress della vita. Far riflettere gli studenti sui loro pensieri, sulle loro emozioni. Dove sono i sentimenti? Dov’è la rabbia? Di che cosa è fatta? Da dove viene in realta’? Dove vanno i pensieri e cos’è la mente umana? Ero e sono convinto che se troviamo una risposta a questi interrogativi l’impatto positivo di questa scoperta in età scolastica durerà per tutta l’esistenza”.
ll Progetto Alice nacque negli anni Ottanta in Italia, precisamente nella sua Villorba di Treviso, con una sperimentazione didattica delle sue teorie nella scuola elementare. Come è arrivato in India?
Nel 1983 chiesi alla scuola un congedo non pagato per seguire dei corsi di filosofia e psicologia in India. Ebbi subito una sensazione davvero strana di sentirmi a casa. Scrissi un libro sulla sperimentazone educativa: “Il Maestro di Alice” e andai in pensione dalla scuola assieme alla mia partner Luigina de Biasi e mi dedicai a tempo pieno al giornalismo. Finché un giorno, durante un altro viaggio di studio in India, incontrai il Dalai Lama, a Dharamsala. “Education: excellent, excellent, excellent!”, mi disse, aggiungendo che avrei potuto venire in India a insegnare meditazione. Mi licenziai dalla tv dove lavoravo e andai a Sarnath, deciso a fondare lì la prima scuola del Progetto Alice”.
Voleva insegnare qualcosa agli indiani, o cercava a sua volta qualcosa?.
“Come avrà capito non c’era nessun intento missionario nella mia mente, ma solo la volontà di continuare a lavorare in un ambiente amico, nel senso che tutta la base filosofica del Progetto appartiene all’India. Era mia intenzione riportare all’India quello che le apparteneva da secoli: la Saggezza che aveva ispirato la ricerca nella scuola in Italia e che si era conclusa in modo assolutamente positivo, oltre ogni aspettativa. Non solo era radicalmente migliorato il comportamento degli studenti, ma anche il loro profitto scolastico.
E l’India come l’ha accolta?
“All’inizio pensai che non avrei avuto problemi o ostacoli, visto che non stavo proponendo una cultura aliena, ma restituendo, diciamo così, principi dei Veda, del Vedanta. Credevo di trovare, come dire?, un terreno già pronto, fertile. Invece, trovai un pericoloso inquinamento culturale lasciato dalla pesante dominazione inglese. In nome del secolarismo, le scuole hanno bandito Shiva, Krishna, Ram, dai loro curriculum. … Allora capii perché il Dalai Lama mi consigliò di venire, e l’idea è sempre quella di confermare gli studenti nella loro identità, siano essi buddisti, induisti, cristiani, musulmani. Un popolo senza radici è destinato al caos”.
Ha incontrato molte difficoltà?
“La vera difficoltà fu di tipo culturale. Da millenni in India il fuoco, i fiumi, le montagne sono sacri perché divinità. Eppure la gente rideva delle mie insistenze sul rispetto dei principi vedici. “E’ il wideshi. L’occidentale!” Come dire: poverino!” Questo è stato l’ostacolo piì grosso, perché imprevisto, a parte poi la mancanza di fondi, l’ignoranza della complicatissima burocrazia Indiana, la impenetrabile psicologia della gente dei villaggi, la iniziale opposizione delle autorità che culminò nel 1996 nella demolizione di una nostra scuola appena ultimata. Ma l’India ha risorse che noi occidentali non possiamo immaginare. Qui riescono a fare miracoli. Nel nostro caso, dopo la demolizione, un ex ministro, a noi sconosciuto, ci è venuto in aiuto, mettendo il peso del proprio partito a disposizione della scuola, salvando il Progetto Alice quando avevo già il biglietto aereo per tornare in Italia. Ora la nostra scuola viene presa come modello per una educazione alternativa capace di aiutare le nuove generazioni non solo dell’India ad affrontare l’incognita del global warming, della crisi economica internazionale, della disoccupazione, dell’inquinamento, dei conflitti sociali e del terrorismo”.
Che riscontri ha avuto dai bambini, dalle famiglie e dai donatori?.
“A parte il successo scolastico dei nostri studenti ed ex studenti, c’è stato l’invito da parte del Governo del Bhutan come consulent delle autorità locali per un nuovo programma educativo. I nostri donatori sono soprattutto italiani: amici e amiche di Luigina, la cofondatrice delle scuole; bambini delle scuole, insegnanti, privati, cooperative di operai, tante persone anonime dal grande cuore.
Ci sono Ngo di supporto ad Alice?.
“In Italia ci sono due NGO, una a Treviso e una in Friuli, che ci aiutano nel fund raising e svolgono attività educative e formative usando libri, metodologie e principi del Progetto Alice. Recentemente, grazie alla scrittrice Gloria Germani, abbiamo realizzato una sinergia con la Fondazione Terzani (www. tizianoterzani. com) che ha, come dire?, adottato le scuole indiane”. Fonte: http://www.repubblica.it/solidarieta/cooperazione/2010/10/06/news/uno_strano_prof_dal_veneto_a_varanasi_a_insegnare_agli_indiani_la_loro_cultura-7798789/