Mentre continua la protesta degli studenti tibetani (dalla provincia del Qinghai si è estesa fino a quella del Gansu dove in migliaia sono scesi in piazza a Tsayi, nella contea di Sangchu), la notizia delle manifestazioni in atto è arrivata fino agli Uiguri dello Xinjiang nonostante le autorità cinesi abbiano tentato di bloccarne la diffusione. “Il governo locale controlla i siti dell’Università e censura le informazioni” – ha dichiarato uno studente uiguro – “ma siamo venuti a conoscenza delle proteste degli studenti tibetani nel Qinghai e a Pechino”. …Ha aggiunto che gli studenti uiguri dell’Università delle Minoranze di Pechino e persino gli studenti Kazaki sono solidali con i tibetani ma non possono unirsi alle dimostrazioni degli studenti tibetani a causa delle severe misure di controllo esercitate dalle autorità sui corsi frequentati dagli alunni provenienti dallo Xinjiang.
Ilham Tohti, un professore dell’Università delle Minoranze di Pechino, nel corso di un’intervista telefonica ha fatto sapere che molti studenti uiguri avrebbero voluto protestare con i tibetani ma di averli dissuasi per timore delle ritorsioni cinesi. Ha affermato che, da quando le proteste hanno avuto inizio, il personale di sicurezza della scuola lo tiene sotto costante controllo. “L’altro giorno mi hanno chiesto cosa pensassi delle manifestazioni dei tibetani: ho loro risposto di andarci piano con la politica del bilinguismo, in vigore già da tempo nello Xinjiang e con pessimi risultati”. “Vi posso assicurare” – “ha concluso – “che se il governo non porrà fine a questa politica anche gli uiguri scenderanno in piazza e ci potrebbe essere un altro 5 luglio”.
Il sito Uigurbiz.net ha diffuso la notizia che gli studenti uiguri, e anche i loro genitori, sono stati avvicinati dagli agenti incaricati della sicurezza nelle scuole e diffidati dall’unirsi alle proteste degli studenti tibetani. Una insegnante uigura, che ha chiesto di mantenere l’anonimato, ha dichiarato che in tutto lo Xinjiang gli studenti condividono le ragioni delle manifestazioni dei tibetani. “Sosteniamo il Tibet perché qui abbiamo gli stessi problemi” – ha affermato – “Anche noi vogliamo usare la nostra lingua e crescere nella nostra cultura così da poter conservare la nostra identità”.
L’insegnante ha inoltre aggiunto che il governo locale, obbedendo alle direttive di Pechino, ha introdotto il bilinguismo nello Xinjiang senza interpellare la popolazione.
“Non ci è stato chiesto nulla e non siamo d’accordo con questa politica – ha dichiarato – “Il governo non avrebbe dovuto rendere obbligatorio il bilinguismo fin dalla scuola materna”. “In seguito all’introduzione dell’insegnamento della lingua mandarina molti professori hanno perso il lavoro e gli studenti mostrano disaffezione nei confronti della scuola”. Fonte: Phayul