Sonam Tsering condannato a morte con l'accusa d'essere uno dei leader della rivolta tibetana della primavera 2008.
Lhasa, un tibetano condannato a morte per gli scontri del 2008. Il “Tribunale del Popolo” di Lhasa ha condannato a morte Sonam Tsering, di anni 23, per aver “incitato alla rivolta”contro l’occupante. Salgono così a sei le pene capitali inflitte ai giovani tibetani che hanno osato sfidare gli autocrati di Pechino. La Corte intermedia della capitale tibetana ha condannato Sonam Tsering per la sua partecipazione alle manifestazioni anti-cinesi. Altri cinque tibetani, che lo avrebbero aiutato nella latitanza, condannati a pene detentive dai tre ai cinque anni. La Corte intermedia del popolo di Lhasa ha condannato a morte un tibetano per la sua partecipazioni alle proteste anti-cinesi dell’aprile del 2008. Gli stessi giudici hanno emesso sentenze di incarcerazione per altri cinque tibetani, che vanno dai 3 ai 7 anni. L’esecuzione di Sonam Tsering, tuttavia, è bloccata per i prossimi due anni. La Corte ha ritenuto Sonam colpevole di aver incitato la popolazione alla rivolta e di aver guidato diversi attacchi contro macchine della polizia e negozi. Gli altri cinque sono invece accusati di averlo coperto dopo la fine degli scontri, e di avergli dato assistenza materiale durante la latitanza. Sonam, 23 anni, è nato in una famiglia semi-nomade di Rachap, una cittadina della prefettura autonoma tibetana di Kardze. Arrestato nell’ottobre del 2009, diciassette mesi dopo le proteste di Lhasa, è considerato uno dei leader della rivolta. Al momento, la giustizia cinese ha condannato circa 450 persone, tutte di etnia tibetana, per le violenze avvenute nella regione durante le manifestazioni contro la Repubblica popolare cinese a pochi mesi dalle Olimpiadi. Pechino accusa “criminali comuni” e “elementi sovversivi” di aver usato la rivolta, nata per protestare contro la predominanza dell’etnia han e le discriminazioni anti-tibetane, per creare danni alle cose e alla popolazione. La propaganda e l’amministrazione cinese hanno sottolineato i danni ai negozi e alle autovetture, provocati durante alcune marce nell’aprile 2008, per presentare alla comunità internazionale una versione personalizzata nell’accaduto. Il Dalai Lama e le altre personalità tibetane hanno più volte ricordato, invece, il carattere non violento dell’accaduto. (AsiaNews).