Yushu completamente distrutta dal terremoto
Migliaia di persone sotto le macerie, tra cui moltissimi studenti. Il Dalai Lama prega per i defunti.
L’Orfanotrofio ROKPA a Yushu non esiste più: appello di sostegno ai soccorsi. Difficoltà per le squadre di soccorso e i mezzi pesanti di raggiungere la zona colpita. Hu Jintao promette “sforzi con ogni mezzo”. Il ministero della propaganda blocca i giornalisti. Iniziano le polemiche sulle scuole crollate, come nel Sichuan. Da Dharamsala in India, sede del suo governo tibetano in esilio, Sua Santità il Dalai Lama ha subito offerto le sue condoglianze alle vittime del terremoto a Kyigudo (in cinese: Yushu). “Sono profondamente addolorato per la perdita di vite umane e beni, a seguito del terremoto che ha colpito Kyigudo. Preghiamo per coloro che hanno perso la vita in questa tragedia e per le loro famiglie e le altre persone che sono state colpite. Per loro si terrà una preghiera speciale al tempio principale Tsuglagkhang qui a Dharamsala. È mia speranza che ogni possibile assistenza e soccorso raggiunga la popolazione. Io stesso sto studiano come posso contribuire a questi sforzi”. Migliaia di sopravvissuti al terremoto di Yushu (Qinghai) hanno passato la notte in ripari di fortuna o all’aperto, con temperature sotto lo zero, mentre nella zona arrivano squadre specializzate di soccorso. E SOSTIENI I SOCCORSI … Intanto la popolazione e le squadre locali cercano di salvare dalle macerie i sopravvissuti al sisma che ha azzerato gli edifici di intere città, in maggioranza fatte di legno, mattoni e fango. Intanto è salito a 617 morti ed oltre 10.000 feriti il bilancio del sisma che ha colpito la parte nordoccidentale della Cina all’alba del 14 aprile 2010: la Prefettura Autonoma Tibetana di Yushu nella tradizionale regione tibetana del Kham. Tuttavia, fonti non confermate tra cui degli esiliati tibetani appartenenti alla zona colpita del sisma, hanno affermato di aver parlato con persone che dicono che il bilancio delle vittime è molto maggiore. Un tibetano ha detto d’aver parlato con qualcuno nel suo villaggio e stima il numero di morti intorno a 3000. Molte persone sarebbero però ancora sotto le macerie. Tra le vittime ci sarebbero anche molti bambini delle scuole elementari che quando la terra ha tremato erano da poco entrati nelle aule per cominciare le lezioni. Il sisma di magnitudo 6,9 (United States Geological Survey) ed invece 7.1 (China Earthquake Networks Center) della scala Richter si è verificato alle 7.49 locali (1.49 in Italia) del 14 aprile 2010 ed è stato seguito da altre scosse. In diverse città, soprattutto nella zona di Yushu, le costruzioni basse di mattoni sono state distrutte; forze dell’ordine e residenti lavorano per estrarre i feriti da sotto gli edifici crollati. La lontananza dell’area dai maggiori centri abitati rende difficile le operazioni di soccorso.
L’epicentro del sisma è avvenuto a 240 km nord-nord-ovest da Qamdo, in Tibet e a 375 km sud-sudest dalla città mineraria di Golmud nel Qinghai, a una profondità di 10 km.
L’altopiano tibetano è scosso con regolarità da terremoti, ma le vittime di solito sono poche perché non vi sono alte concentrazioni di popolazione.
Continuano le operazioni di soccorso per trarre in salvo le oltre 300 persone che si ritiene siano ancora sepolte sotto le macerie mentre cominciano a raggiungere la regione colpita gli aiuti, generi alimentari, acqua ed equipaggiamento medico, stando a quanto riferito da un portavoce delle autorità provinciali di Qinghai. La forte scossa e una serie di scosse di assestamento, la più grande di magnitudo 6.3, hanno rovesciato le case, templi, stazioni di servizio e pali elettrici, innescato smottamenti, danneggiato strade, tagliato le forniture di energia e le telecomunicazioni. Il terremoto ha interrotto le comunicazioni telefoniche della zona. E si stima che l’85% delle abitazioni a Jiegu, a circa 30 chilometri dall’epicentro, sono state distrutte (la maggior parte hanno una struttura in legno). Crollata anche una scuola elementare di Jiegu. “Stiamo scavando nelle macerie con le mani perché non abbiamo i macchinari adeguati”, ha dichiarato un poliziotto che sta partecipando alle operazioni di soccorso. “Le strade di Jiegu sono piene di persone nel panico, ferite, sanguinanti” riporta l’agenzia Xinhua citando Zhuohuaxia, giornalista locale della cittadina di circa 23mila abitanti, in maggioranza tibetani. “Molti studenti sono sepolti sotto le macerie di un istituto tecnico crollato”, continua la testimonianza. “La nostra priorità è salvare gli scolari e gli studenti sepolti sotto le macerie“, ha detto Kang Zifu, ufficiale dell’esercito cinese che guida i 700 militari di stanza a Yushu che stanno conducendo le operazioni di soccorso in attesa dell’arrivo degli oltre 5mila uomini inviati nella regione. e in ritardo per via delle strade interrotte dai crolli. Si teme per la vita degli studeni di un istituto tecnico venuto giù. “Non so quanti studenti siano morti – ha detto un testimone alla Xinhua – gli studenti stavano entrando in classe quando c’è stato il terremoto, io stesso ho estratto alcuni corpi dalle macerie ed avevano ancora indosso il cappotto”. Un insegnante della scuola elementare con convitto di Yushu, che ha mille studenti, ha raccontato che “le lezioni del mattino non erano ancora iniziate al momento del sisma, quelli che non sono riusciti a scappare sono stati sepolti”. Al momento sono stati estratti i corpi di cinque bambini.
Un’altra testimonianza. “La nostra comunità è stata praticamente rasa al suolo, stiamo portando avanti da soli le operazioni di soccorso con l’obiettivo primario di liberare chi è ancora sepolto sotto le macerie”, ha detto Zha Xi, un funzionario della prefettura di Yushu.
La strada che porta al più vicino aeroporto è bloccata dalle distruzioni provocate dal terremoto: “stiamo cercando di aprire la strada che collega la città con l’aeroporto, che è l’unica via per ricevere aiuti” ha detto ancora Zha Xi spiegando che nella zona sono riusciti ad arrivare finora solo “un numero insufficiente” di soccorritori.
Militari e squadre di emergenza dovrebbero arrivare oggi, dopo che l’aeroporto di Yushu è stato riparato. Ma le strade che dall’aeroporto portavano nella zona del disastro sono impraticabili. Anche camion con cibo, tende, medicine e personale devono superare grandi difficoltà per le frane seguite al terremoto. Un’altra difficoltà è l’altitudine dell’area (4 mila metri sul livello del mare): l’ossigeno rarefatto rende difficile la respirazione e provoca mal di tesa nelle squadre di soccorso. Nella zona non vi è elettricità, né comunicazione. Un diga costruita nelle vicinanze presenta delle crepe e operai stanno cercando di ripararla.
Il presidente Hu Jintao ha promesso “sforzi con ogni mezzo” per salvare i sopravvissuti e sta inviando 5 mila persone fra soccorritori, pompieri, poliziotti, soldati. Il ministero delle Finanze ha stanziato 200 milioni di yuan [circa 21,5 milioni di euro] per l’emergenza e la ricostruzione. Intanto, con avvisi ai diversi giornali cinesi, il ministero della Propaganda ha “consigliato” di non inviare giornalisti sulla zona, a causa della “precaria sicurezza”.
Secondo alcuni giornalisti il “consiglio” ha invece come scopo il cercare di mantenere il controllo sulle informazioni. Sulla stampa e nei blog già serpeggiano confronti con il terremoto del Sichuan, nel maggio 2008, dove sono morti quasi 90 mila persone. Il paragone è ancora più cocente con la distruzione allora avvenuta nelle scuole, che ha causato la morte di circa 10 mila bambini e studenti. Molti parenti avevano accusato i governi locali per gli edifici scolastici, crollati come “budini di tofu” perché costruiti senza criteri anti-sismici e perfino con poco cemento. Alcuni che volevano citare in tribunale il governo sono stati arrestati e condannati.
La prefettura di Yushu ha 192 scuole e la maggior parte di esse provvede anche all’ospitalità degli studenti, essendo le loro case lontane dalla città. La Croce Rossa ha dichiarato che il 70% delle scuole di Yushu sono crollate e molti studenti sono ancora sotto le macerie. La scuola primaria n.3 è tutta crollata e finora sono stati estratti 16 corpi: 15 bambini e un insegnante. Secondo dati di una ong locale, il bilancio dei morti potrebbe essere alto perché la scuola ospitava dai 2 mila ai 3 mila bambini, nella quasi totalità tibetani.
Il Qinghai ha una popolazione di 5,57 milioni di abitanti. La prefettura di Yushu ha circa 100 mila abitanti, al 97% di etnia tibetana. Molti monaci stanno lavorando per recuperare i sopravvissuti, ma le autorità temono rivolte e manifestazioni. Per questo i monasteri tibetani di Yushu sono stati messi sotto controllo. Negli anni scorsi i monaci hanno manifestato per il ritorno del Dalai Lama. (AsiaNews/Agenzie)
UE. Il presidente della Commissione Europea Josè Manuel Durao Barroso ha offerto alla Cina “l’assistenza” dell’esecutivo Ue. “Sono profondamente sconvolto e rattristato per le notizie sul sisma – ha detto Barroso in una nota – Vorrei esprimere la solidarietà della Commissione europea alle autorità e al popolo cinesi ed offrire la nostra assistenza”.
IL PAPA. Al termine dell’udienza generale di oggi Benedetto XVI ha espresso la propria vicinanza e solidarietà ‘alla Cina e alle popolazioni colpite dal terremoto. “Prego per le vittime e sono spiritualmente vicino alle persone provate da così grave calamità; per esse imploro da Dio sollievo nella sofferenza e coraggio in queste avversità. Auspico che non verrà a mancare la comune solidarietà”.
LA PROVINCIA DI QINGHAI. E’ confinante con la provincia di Sichuan, dove un sisma di magnitudo 7,9 uccise 70mila persone nel maggio del 2008. Il terremoto fu avvertito fino a Pechino e Shangai, ma anche in Pakistan, Thailandia e Vietnam. Si è trattato del terremoto più forte e con il più alto numero di vittime avvenuto in Cina dal 1976, anno in cui il Terremoto di Tangshan uccise circa 250.000 persone.
L’Orfanotrofio ROKPA a Yushu non esiste più…
Centinaia i morti, migliaia i feriti e i dispersi, la città distrutta per il 90%. Questo il primo bilancio del terremoto che ha colpito Yushu, nella regione nord-est della Cina, abitata da tibetani. Stamane la notizia mi è arrivata direttamente dal cortile dell’Orfanotrofio ROKPA distrutto, attraverso la voce di Monia, una giovane donna coraggiosa, che dall’Italia ha caparbiamente voluto andare a insegnare inglese agli orfani tibetani. La sua presenza e il suo coraggio ne hanno davvero salvati molti. L’Orfanotrofio di Yushu è uno dei più importanti tra i 120 progetti di ROKPA in TIBET, ospita più di 200 orfani, che lì avevano trovato una casa, cibo, cure mediche, la possibilità di studiare. Stamane alle 8.30 il violento terremoto che ha colpito la cittadina nel nord-est della Cina ha distrutto completamente gli edifici (dormitori, refettorio, aule per studio e laboratori). Fortunatamente i bambini e i loro insegnanti sono riusciti a scappare dalle classi, alcuni di loro sembrano feriti ma non in pericolo di vita. Ma ora, come le migliaia di persone sopravvissute, hanno bisogno di tutto. Si scava con le mani per cercare i superstiti tra le macerie. E lì di notte la temperatura scende ancora sotto zero. E’ davvero doloroso per tutti noi che in questi anni abbiamo vissuto lì giorni preziosi, accolti dal sorriso dei bambini che ci danno l’energia per lavorare come volontari per ROKPA. I medici italiani che, guidati da Renato Giaretta, dal 2006 visitano gratuitamente nomadi e orfani nell’Orfanotrofio, si sono già resi disponibili ad andare a dare il loro aiuto. Siamo in attesa di notizie. Ora, più che mai, abbiamo bisogno del vostro aiuto, attraverso le donazioni, ma anche diffondendo questa mail con allegato a tutte le persone che conoscete. Vi ringrazio di cuore fin d’ora a nome dei nostri bambini e dei nostri amici a Yushu.
Anna Gallo
A nome del Direttivo ROKPA Italia onlus
Altre informazioni sull’attività svolta a Yushu, foto e testimonianze le trovate sul nostro sito www.rokpaitalia.it, in home page “Medici italiani a Yushu”. Per qualsiasi ulteriore informazione 333/975.30.88. ROKPA Italia onlus info@rokpaitalia.it www.rokpaitalia.it – www.rokpa.org tel. 333/9753088.Per il 5xmille sulla dichiarazione dei redditi
c.f. 95076580240. ROKPA YUSHU Earthquake BLOG: http://rokpa-yushu-relief.org/wordpress/
Per donazioni: c/c intestato ROKPA Italia onlus – causale “Vittime Terremoto YUSHU” coord. IBAN IT 45 H 02008 12120 000034281564 UniCredit Banca – Fil. Padova, Piazza Cavour
Così ricordo il Qinghai devastato dal terremoto di Lucia Pozzi
(Il Messaggero.it, 14 aprile 2010)
Ora bisogna pensare ai soccorsi. Mandare aiuti. Il numero delle vittime sale, e continuerà a saliere nelle prossime ore. Dopo il Sichuan, sconvolto dal terremoto alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino, stanotte (7,49 ora locale) è toccato alla provincia del Qinghai essere violentata dalla brutalità di un sisma pari a 7.1 gradi della scala Mercalli, a due settimane dall’apertura dell’expo di Shanghai.
Jiegu l’epicentro, a 800 chilometri dalla capitale Xining. E’ una zona di montagna, abitata per lo più da tibetani. Una realtà difficile, povera, lontana anni luce dagli effetti speciali della seducente Shanghai e dallo sviluppo roboante dell’iperproduttiva Pechino. No, qui siamo nella pancia più interna della Cina, tra lo Xinjiang e il Tibet, tutt’altra cosa rispetto alle coste, qui vivono soprattutto contadini e pastori.
Il treno dello sviluppo cinese ha agganciato anche questa terra dimenticata da Dio con la ferrovia superveloce che da Xining porta in circa 25 ore di treno a Lahasa. Un percorso di speranza, per molti. Un percorso di avvio di nuove attività, risorse, forze ficiche e materiali in Tibet per il governo centrale. Un percorso, comunque, pieno di incognite pensando a come potranno essere il volto e l’anima del Tibet tra qualche anno.
L’ho fatto quel percorso, con un gruppo di giornalisti italiani invitati in Tibet dopo le rivolte (e i morti) del marzo 2008. Abbiamo passato alcune ore a Xining, vi abbiamo cenato con l’ottima carne di yak, poi abbiamo preso il treno, tra i saluti cerimoniosi dei dirigenti locali di partito. Prima avevamo attraversato la provincia in bus, avevamo visitato il famoso monastero di Kumbum. Certamente interessante, ma che delusione per chi volesse trovarvi un coinvolgimento spirituale, il trasporto del luogo sacro verso la preghiera: i monaci avevano paura a dire qualunque cosa, temendo di essere poi perseguitati; e i visitatori-turisti arrivavano dappertutto come cavallette, tra queste mura già depredate della loro più intima identità.
La sensazione è stata comune: un’intima tristezza. Quel che ci aspettavamo non c’era. In compenso, l’omologazione allo standard cinese era evidente, dal palazzo appena ricostruito all’orgoglio nazionale palpabile nei nostri accompagnatori che ci salutavano alla partenza del treno per Lahasa.
Ora quella terra è devastata, distrutta. Già si trovano in internet le immagini della distruzione, del dolore. E il ricordo lascia spazio alla compassione.
Lucia Pozzi